4 novembre 2008- Il passato ultracentenario posto come un sigillo a garanzia dell’esperienza d’impresa, della cultura aziendale, di una qualità produttiva che risponde alle precise istanze ‘etiche’ del mercato, ma anche di quell’eccellenza del ‘saper fare’ che diventa insegnamento prezioso per le nuove generazioni. E’ il passato che viene condiviso dalle 21 imprese ultracentenarie che fanno parte della UIST (l’Unione Imprese Storiche Toscane), l’associazione chiamata a certificare e tramandare i valori più profondi della tradizione imprenditoriale, coniugandoli con una propensione produttiva aperta al futuro, quindi anche allo spirito (e ai sacrifici) dell’innovazione, sia essa strutturale o tecnologica.
Una storia antica e millenaria, per la precisione 2891 anni di addizionata sapienza, è quella che vede protagoniste le cinque imprese toscane divenute celebri agli occhi del Mondo, generazione dopo generazione, nella produzione di quella che è l’icona forse più conosciuta, apprezzata ed amata della nostra regione: il vino.
Da Barone Ricasoli (anno di fondazione 1141) a Marchese de’ Frescobaldi (1300), da Antinori (1385) a Marchesi Mazzei (1435), per finire con Biondi Santi (1888). Vini pregiati, dal gusto intramontabile e dal consenso universale – basti citare, tra gli altri, Chianti Classico, Nobile di Montepulciano, Brunello di Montalcino e Morellino di Scansano – e che legano il proprio successo ad un preciso territorio d’appartenenza. "La nostra regione vanta una storia unica, straordinaria per quanto riguarda la continuità delle sue attività produttive e di quella vitivinicola in particolare - afferma Piero Antinori, presidente dell’omonimo marchio – Una storia nata nel Rinascimento quando queste attività proiettavano la luce della Toscana nel Mondo.
Generazione dopo generazione nel settore vitivinicolo ci sono state famiglie che hanno investito sulla propria filosofia qualitativa, ed oggi la storia è proprio il core business della loro produzione, unita alle straordinarie potenzialità del territorio. Penso che mai come in questo momento la Toscana abbia raggiunto un più grande prestigio per la qualità dei suoi prodotti. Ora si raccolgono i frutti di un lavoro secolare".
Un passato illustre e un presente dalle delicate responsabilità accompagnano i cinque marchi ultracentenari del settore vitivinicolo toscano, che al pari delle altre imprese associate alla UIST si confrontano con sfide del futuro, con la quotidiana capacità di adattamento alle esigenze del mercato mondiale.
"Non è un caso che tutte le aziende vitivinicole della UIST si siano rinnovate moltissimo – l’analisi di Francesco Ricasoli, discendente del casato fondato a Brolio nel 1141 – e che siano oggigiorno tra le aziende più dinamiche del mercato. Il passato è una grande forza, ma perché la Toscana continui a primeggiare nei mercati del Mondo è necessario innovarsi per guadagnare sempre maggiori posizioni. L’innovazione riguarda la qualità del prodotto, la distribuzione, e la sua comunicazione.
Per i vini, i tempi sono più lunghi rispetto ad altri settori, ed è opportuno lavorare con infinita pazienza, ma è altrettanto importante stare al passo con il cliente e comprenderne i gusti." In un mercato internazionale sempre più dinamico ed elastico, uno dei temi scottanti degli ultimi mesi è quello che riguarda i disciplinari di produzione, oggetto di infinite polemiche. Lapo Mazzei, presidente della Marchesi Mazzei Spa e della Fondazione per la Tutela del Territorio del Chianti Classico Onlus, si sofferma sulla querelle.
"I disciplinari devono esistere, non possiamo farne a meno – spiega - ma devono essere appropriati all’evoluzione del mercato. Spetta ai produttori e non ai politici la loro regolamentazione. Solo con una partecipazione attiva degli stessi produzioni, e non con la pigrizia statale, potranno esistere disciplinari validi, adattati con elasticità al territorio, agli obiettivi, alle richieste sempre più specifiche del mercato".
Il radicamento nel territorio di appartenenza è da sempre un requisito fondamentale di ogni impresa storica.
Lapo Mazzei condivide l’idea che proprio l’identità aziendale con il terroir sia la chiave del successo futuro dei vini toscani. "Il rispetto del territorio è un punto fondamentale per la salvaguardia della nostra storia, si tratta di una questione essenziale, che dovrà sempre rimanere cara a noi produttori. Non dobbiamo lasciarci suggestionare da quanto accade all’estero. Quando si beve un vino è necessario che si riesca a comprendere subito da dove viene e dove è stato prodotto." Un punto di vista condiviso da Franco Biondi Santi, il ‘gentleman’ del Brunello più famoso del Mondo.
"Sarebbe un errore madornale per noi produttori imitare ad esempio quello che accade in Australia con una viticoltura improntata su vitigni per lo più di origine francese. Dovremo salvaguardare il legame con il territorio, e solo così potremo evitare di appiattirci in una concorrenza di basso profilo commerciale, come quella basata sui vitigni francesi. In Toscana abbiamo un territorio dalla grandissima vocazione viticola. Nonostante questo nel nostro Paese siamo arrivati tardi - con oltre un secolo di ritardo rispetto alle zone del Bordeaux e della Borgogna - a valorizzare il vino, che prima della DOC del 1967 era considerato un alimento povero.
Il grande vantaggio italiano è la differenziazione d’eccellenza delle colture vitivinicole, e per questo motivo l’autoctonia resta un pilastro decisivo per il futuro. È fondamentale non fare richieste di modifica del disciplinare specialmente in questo momento, soprattutto per quanto riguarda la mescolanza con altri vitigni che dobbiamo osteggiare in maniera determinante. Sarà necessario invece che il MAF, per quanto riguarda il 100% per i vini monovitigno, modifichi la legge 164, consentendo delle minime variazioni, 1 – 2 massimo 3%, di presenza al vitigno principale - per il Brunello: monovitigno Sangiovese, per il Barolo: monovitigno Nebbiolo, ecc." Ferdinando Frescobaldi, il presidente di un’impresa che da oltre 700 anni è radicata con una forte identità in alcuni dei più prestigiosi territori toscani, guarda a un futuro aperto e dinamico in tema di disciplinari e di mercato.
"I disciplinari di produzione dei vari vini a denominazione di origine devono esistere – afferma Frescobaldi – perché sono a tutela sia del territorio che del consumatore finale. Ogni agricoltore rappresenta l’interprete e il custode del suo territorio, e deve saperlo rispettare e valorizzare. Però i disciplinari di produzione nati negli ultimi 50 anni non devono essere una camicia di forza, né inamovibili né intoccabili. Devono essere aperti all’innovazione tecnologica pur rispettosi del territorio e delle tradizioni.
Teniamo conto che i vini toscani prodotti da secoli erano ben diversi da quelli che produciamo ora .La qualità attuale è molto superiore. La Toscana è la regione più conosciuta del Mondo perché ha saputo coniugare i valori della tradizione con l’innovazione. E i suoi vini sono gli ambasciatori nel Mondo di questo messaggio. Alcune specifiche produzioni sono ai vertici dell’enologia mondiale."
(Marco Massetani)