Firenze – Particelle di 10 / 20 milionesimi di millimetro, tanto piccole da consentire all’organismo di assimilarle facilmente. Il nanosilicio è l’ultima frontiera della prevenzione in materia di osteoporosi, un format chimico super microscopico prodotto in laboratorio capace di sopperire all’handicap ormai accertato delle nostre diete alimentari, fornendoci le quantità di silicio necessarie a garantire il ciclo vitale del tessuto osseo. E’ la risposta alle più recenti acquisizioni circa il ruolo essenziale del silicio nel metabolismo delle ossa e, in quanto tale, il nanosilicio è stato presentato oggi a Firenze al 7° congresso Siommms (Società di osteoporosi, malattie del metabolismo minerale e dello scheletro) dalla presidente Maria Luisa Brandi, endocrinologa dell’ateneo fiorentino, e da Luigi Moro, docente di biochimica all’Università di Trieste.
Brevettata e prodotta dalla Swiss Co Development, la sostanza era per la verità già nota in dermatologia per trattare varie forme di psoriasi e di altre malattie della pelle. L’italiana X-pharma sta ora iniziando la commercializzazione di un nuovo mix con marchio Nanosilix, che lega nanosilicio (il nome chimico esatto è biossido di silicio ultracolloidale) e alcuni componenti con attività sinergica (isoflavoni di soia, vitamina D3 e calcio). Si tratta di un integratore alimentare che svolge una specifica azione sul trofismo e sulla mineralizzazione delle ossa e che rappresenta una novità per la prevenzione e la terapia dell’osteoporosi.
La confezione è di 30 compresse, costa 26 euro e si acquista in farmacia senza bisogno di ricetta medica. La dose suggerita è una compressa al giorno, dunque il prezzo di un caffé. Studi clinici in corso sono chiamati a confermare gli ottimi risultati ottenuti dalla ricerca. Come noto, dopo l’ossigeno il silicio è l’elemento più diffuso in natura. Nell’organismo umano è presente per lo più nell’osso e nella cartilagine ed è ormai chiaro che nel metabolismo del tessuto connettivo e nei suoi processi di formazione svolge un ruolo fondamentale.
Si trova soprattutto nelle acque minerali, birra e vegetali a foglia verde, ma l’agricoltura moderna (pesticidi) e i metodi di lavorazione dell’industria agroalimentare (conservanti) ne abbattono drasticamente la concentrazione di. Recenti studi clinici condotti in Inghilterra hanno inoltre dimostrato che, con l’avanzare dell’età, l’organismo diminuisce la capacità di assorbimento. Ma al di là di queste circostanze il problema all’origine è che il silicio è in sé difficilmente assimilabile a livello gastrointestinale.
Perché? “Perché in natura”, spiega il professor Moro, “si presenta in molecole di grandi dimensioni e, una volta ingerito, ha dunque bisogno di tempi molto lunghi per essere assorbito e per raggiungere il tessuto connettivo. Di norma, con una dieta variata assorbiamo circa 9-14 milligrammi al giorno di silicio, ma la maggior parte se ne va con le urine”. Le implicazioni di questo processo sono evidenti. Un’alimentazione povera di silicio conduce a uno sviluppo osseo deficitario e a conseguenze intuibili sulla malattia osteoporotica.
“Di fatto”, dice la professoressa Brandi, “abbiamo sempre più spesso a che fare con pazienti caratterizzati da carenza di silicio, deficit che appunto altera il metabolismo del tessuto osseo fino a provocare un’accelerazione della degradazione delle ossa e delle cartilagini”. Al St. Thomas Hospital di Londra uno studio dell’equipe del professor Jugdaohsingh Ravin ha ora messo in evidenza che una dieta povera di silicio riduce, nell’uomo e nella donna in pre-menopausa, la densità dell’osso.
Un studio del Centre Hospitalier di Tolone condotto dal professor Jerome Eisinger su donne con osteoporosi ha invece dimostrato che un apporto di silicio ha aumentato significativamente la densità ossea del femore.