Firenze – Non è ancora la pillola anticancro per il seno che tutti aspettano, ma è certo qualcosa che gli somiglia da vicino e rappresenta, quanto meno, un sensibile progresso della ricerca, che promette di far dormire sogni più tranquilli alle donne a maggior a rischio di tumore al seno. Ne ha dato notizia Andrea Decensi, direttore dell’di Oncologia Medica agli Ospedali Galliera di Genova, intervenendo oggi a Firenze al congresso Attualità in Senologia che ha per protagonisti 1500 specialisti italiani e non.
Si tratta del Raloxifene, farmaco già ampiamente usato nel trattamento dell’osteoporosi, ma adesso dimostratosi efficace anche nella prevenzione del cancro al seno, al punto di abbassare di oltre il 50% la soglia di rischio delle donne più a rischio. Negli Stati Uniti, dove è stato a lungo testato, la Food and Drug Administration (FDA) lo ha appena registrato per questa specifica indicazione. Accadrà mai in l’Italia? Riceverà mai la necessaria autorizzazione ministeriale? “Ci vorranno mesi, forse anni”, ha spiegato Decensi, “Il Raloxifene rappresenta comunque uno step importante nella ricerca oncologica: il fatto che la FDA lo abbia registrato per la prevenzione significa che si passa dalla fase sperimentale alla medicina pratica.
Per le donne con rischio elevato di sviluppare un tumore al seno ecco un secondo farmaco, forse ancora più interessante del precursore Tamoxifene”. Il Raloxifene ha meno effetti collaterali: sviluppa meno tumori all’endometrio (la parte interna dell’utero) e meno trombosi venose. Come il Tamoixifene, il Raloxifene sul seno si comporta come un anti-estrogeno, sull’endometrio e sul sistema venoso come un estrogeno. Inoltre, manifesta effetti protettivi anche sulle ossa, prevenendo rischi di fratture da osteoporosi.
Questo nuovo farmaco, ha spiegato Decensi, è stato inizialmente studiato per la terapia del cancro al seno in alternativa al Tamoxifene, con risultati inferiori. In seguito, negli studi clinici ha dato ottimi risultati contro l’ osteoporosi, tanto da esser registrato per questo specifico utilizzo. Negli stessi test clinici per la terapia dell’osteoporosi è stata messa in evidenza anche la capacità di ridurre l’insorgenza di tumore al seno, capacità di prevenzione confermata senza equivoci da un’ulteriore ricerca che ha messo Raloxifene e Tamoxifene a confronto diretto su un campione di 19.000 donne.
Nello studio di confronto tra i due farmaci il Raloxifene si è dimostrato ugualmente efficace per le forme invasive, benché leggermente minore per quelle non invasive. Il farmaco va usato su donne a rischio elevato secondo il modello di Gail (dal nome del biostatistico del National Cancer Institute di Bethesda che ha messo a punto il calcolo del rischio) utilizzato in tutto il mondo e verificato anche in donne italiane per calcolare statisticamente il rischio individuale di una donna sana di sviluppare un tumore al seno nel corso della sua vita, tenendo conto dei seguenti fattori: età, storia familiare per tumori alla mammella, età del primo figlio e della prima mestruazione, presenza di precedenti biopsie al seno per patologie non maligne, presenza di iperplasia atipica nella biopsia.
Decensi ha inoltre annunciato il lancio di due nuovi studi che confermano l’Italia tra i paesi all’avanguardia nella ricerca nei farmaci preventivi. Il primo, multicentrico, è coordinato dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) guidato da Umberto Veronesi e Bernardo Bonanni. Scopo: confermare la capacità della Fenretinide, derivato della vitamina A (acido retinoico), di prevenire il cancro al seno nelle giovani donne con predisposizione genetica. Come campione 700/800 donne sotto i 45 anni.
Il secondo studio, coordinato dallo stesso Decensi al Galliera insieme allo IEO, ha come obiettivo di valutare l’efficacia del Tamoxifene a basso dosaggio nella donne con condizioni pretumorali alla mammella (displasie o precancerosi). E’ già accertato che, benché a basso dosaggio, il farmaco resta attivo riducendo però la tossicità. “Adesso”, ha spiegato Decensi, “faremo la verifica definitiva su un campione adeguato di circa 1400 donne”.
Grazie alla mammografia digitale è talmente più facile accertare tumori al seno in fase precocissima, che tra le partecipanti ai programmi di screening vengono diagnosticati fino al 20% di casi in più.
Due differenti studi presentati oggi a Firenze al congresso Attualità in Senologia certificano i benefici di questa nuova tecnologia, che consente di visualizzare con chiarezza su un monitor l’immagine mammografica elaborata dal computer. Il primo studio, firmato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Oslo, è stato effettuato su un campione di 14.000 donne. L’altro, condotto da un’equipe guidata da Marco Rosselli Del Turco, direttore scientifico del Centro Studi e Prevenzione Oncologica della Regione Toscana, ha analizzato il programma di screening di Firenze su oltre 28.000 donne, dimostrando, in particolare, che la mammografia digitale è decisiva per diagnosticare tumori non ancora invasivi, riconoscibili per la presenza di microcalcificazioni.
Secondo Del Turco è possibile adesso immaginare anche nuove applicazioni di questa tecnologia: “Per esempio”, spiega, “potremo realizzare sistemi di diagnosi aiutata (CAD, Computer Aided Detection) in cui il computer stesso segnala al radiologo sul monitor le aree di maggior interesse, riducendo così i margini di errore. Con la Tomosintesi si potrà invece esaminare la mammella a strati, evitando l’effetto di mascheramento di aree più dense su eventuali lesioni”. Oltre al referto immediato visualizzato sul monitor, la mammografia digitale consente di trasmettere immagini a distanza per eventuali consulti e di conservarle in archivi digitali.
Non sarà dunque più necessario stampare le costose pellicole radiologiche di oggi, con evidenti vantaggi gestionali ed ecologici. Queste nuove conoscenze sono state prese in esame dalla stessa Commissione Oncologica Nazionale, presieduta da Umberto Veronesi, che sta approvando un documento per l’innovazione tecnologica. La Commissione proporrà, tra l’altro, di stanziare fondi finalizzati all’acquisto di nuovi mammografi digitali. In tema di prevenzione, Del Turco giudica importantissimi gli ultimi dati americani sul drastico calo dei nuovi casi (-10%) dovuto alla riduzione delle terapie ormonali sostitutive per i disturbi da menopausa e, forse, anche a una migliore attenzione agli stili di vita.
“E’ la conferma”, spiega, “che con una diagnosi precoce il tumore al seno non solo si può curare meglio, al punto che in molte aree del nord e centro d’Italia sopravvivono oltre 90 donne su 100, ma che si può anche prevenire con alcuni accorgimenti. Attenzione a sottoporre le bambine a inutili esami diagnostici con radiazioni ionizzanti. E attenzione alle prolungate cure ormonali per i disturbi della menopausa. Meglio adottare una dieta a basso tasso glicemico e di grassi animali, fare esercizio fisico (almeno mezz’ora al giorno) ed evitare il sovrappeso, in particolare dopo la menopausa”.
Del Turco ha inoltre annunciato l’inizio di importanti ricerche, coordinate dalla Regione Toscana e finanziate al Ministero della Salute, per verificare a quante donne sia possibile scongiurare il tumore. Come? Da un lato con una attività di farmacoprevenzione (assumendo sostanze protettive come il Tamoxifene a basse dosi o la Fenretinide) per le donne a rischio geneticamente elevato; dall’altro semplicemente insegnando appunto buoni stili di vita e alimentari. Su questo secondo aspetto è in corso uno Studio Europeo su Alimentazione e Cancro (EPIC), che con il contributo di oltre 47.000 volontari italiani consentirà di valutare le qualità antitumorali delle nostre diete (pasta, olio di oliva extravergine, verdure, frutta etc.).
Particolare interesse ha poi suscitato tra i congressisti una ricerca coordinata da Franco Berrino dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, secondo cui una dieta salutare, l’esercizio fisico e il controllo del sovrappeso può abbattere i nuovi casi di tumore al seno del 20-30% nelle donne a rischio moderatamente elevato.