Pisa – Sono oltre 100 le malattie rare che minacciano il nostro scheletro. A volte innocue, altre gravi, molte incurabili. “C’è un problema di investimenti e uno di formazione professionale”, ha detto il presidente della società scientifica, l’endocrinologa Maria Luisa Brandi, Presidente della Fondazione FIRMO per le malattie delle ossa e che a Firenze dirige il Centro di diagnosi delle malattie genetiche dell'osso di cui è noto il gene responsabile, “Se i privati non spendono per la ricerca in un settore senza ritorno economico, come appunto le malattie rare, può farlo solo la sanità pubblica, perché è impensabile lasciare senza cure questi pazienti.
Quanto alla scuola, in materia di ossa i nostri medici escono dall'università del tutto impreparati e occorre anche qui fare qualcosa”. Il congresso ha peraltro dedicato vari interventi a queste patologie. Oltre che rare, si presentano infatti in forme diverse per connotazione e gravità. Alcune causano semplici nomalie, altre, che comportano alterazioni nell’accrescimento e nel modellamento dello scheletro, causano invece Osteosclerosi e Iperostosi (ispessimenti delle ossa), oppure osteoporosi.
E se certe malattie si associano ad alterazioni dell’Omeostasi Minerale, altre hanno trasmissione ereditaria e offrono quindi indicazioni sui fattori e i meccanismi che regolano metabolismo scheletrico e omeostasi minerale. Al reumatologo Maurizio Rossini (Università di Verona) e alla radiologa Donatella Trippi (Università di Pisa) il merito di averne classificato tipologie e comportamenti. Le Osteopatie Sclerosanti, per esempio, hanno origine in rare e spesso ereditarie malformazioni, o in una varietà di condizioni alimentari, metaboliche, endocrine, ematologiche, infettive o neoplastiche.
Un aumento generalizzato della massa ossea è peraltro la principale caratteristica radiografica dell’Osteopetrosi (ossa “di marmo”). La malattia di Albers-Schonberg, forma adulta di Osteopetrosi, si manifesta dall’infanzia con una progressiva osteosclerosi e un selettivo ispessimento della base del cranio associato a una tipica accentuazione dei piatti vertebrali. La Fibrodisplasia è invece un’alterazione nella formazione di osso, nella quale il midollo è sostituito da tessuto fibroso: malattia congenita, non ereditaria, frequente nei due sessi. L’Osteogenesis Imperfecta è una patologia ereditaria del tessuto connettivo caratterizzata da diverse mutazioni del gene codificante e da grande fragilità ossea.
Su base genetica e clinica se ne distinguono sette forme, spesso sovrapposte. In quella più lieve le fratture tendono a manifestarsi in prevalenza prima della pubertà e dopo la menopausa. Quella più grave conduce invece a morte perinatale. Delle varie terapie (floruri, calcitonina, ormone della crescita, trapianto di midollo osseo) i bisfosfonati sembrano oggi la più promettente, perché determina un significativo aumento della densità minerale ossea, tendendo a riportare i valori alla norma.
Queste variazioni della BMD sono associate a un miglioramento dell’attività fisica e a una riduzione del rischio di frattura. Catteristica delle Osteocondrodisplasie è l’alterazione nell’accrescimento della cartilagine e/o dell’osso. Le Displasie Metafisarie possono essere confuse, come aspetti radiografici, con forme di rachitismo, ma i parametri bioumorali del metabolismo osseo e minerale sono tipicamente normali e lo scheletro è generalmente ben mineralizzato. Quanto alle Mucopolisaccaridosi sono un gruppo di difetti congeniti del metabolismo.
L’accumulo di questi carboidrati complessi nelle cellule del midollo porta ad un’alterazione scheletrica generalmente definita come Disostosi Multipla. Vitamina D a tutti gli anziani in centri come Pisa o Verona Circa 20 mila euro. Distribuire agli anziani di una media città italiana la preziosa Vitamina D, che rinforza la muscolatura e abbassa quindi i rischi di cadere e di rompersi le ossa, costa esattamente quanto curare un solo caso di frattura al femore. Quanti sono questi casi in Italia? Quasi 100 mila all’anno.
Costo per il servizio sanitario: 1,8 miliardi di euro. Il trend? In crescita costante parallelamente all’invecchiamento della popolazione. Le motivazioni economiche della campagna di prevenzione a base di Vitamina D varata in queste settimane dalle regioni Toscana e Veneto trovano fondamento in queste semplici cifre e nel fatto che un’esperienza pilota realizzata un anno fa, sempre nelle due regioni, per quanto assai più circoscritta ha clamorosamente abbassato di mille unità i ricoveri ospedalieri per fratture al femore.
Il tema è stato dunque trattato con grande interesse e a più voci al congresso nazionale Siommms (Società italiana dell’Osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro) in corso a Pisa fino a sabato. E oggi è stata appunto presentata una nuova ricerca su incidenza e costi delle fratture al femore condotta in collaborazione dalle Università di Pisa, Napoli, Torino e Verona (professori Piscitelli, Iolascon, Gimigliano, Guida, Angeli, Rossini, Adami, Distante), che al Ministero della Salute hanno analizzato le schede di dimissione ospedaliera degli ultimi cinque anni (1999 – 2003) per cui i dati sono disponibili. Risultato: tra gli uomini le fratture sono passate da 17.795 a 23.081, tra le donne da 61.039 a 74.125, con un massimo nella fascia degli ultra settantacinquenni (da 11.702 a 15.613 per gli uomini e da 47.552 a 59173 per le donne).
Aumenti sensibilissimi a fronte di una degenza ospedaliera media che si è invece abbassata di pochissimo, dai 15,9 giorni del 1999 ai 15,4 del 2003. I costi ospedalieri sono dunque esplosi da 417 milioni di euro a 572, ai quali vanno poi aggiunte le spese per i farmaci e la riabilitazione spesso molto lunga e difficile. Per i soli ultrassessantacinquenni la ricerca parla di costi per 489 milioni. Un dato che fa riflettere considerato che questa fascia di età si ingrossa ogni anno. Fra 20 anni, si stima, le fratture al femore aumenteranno del 70%.
Da qui, sottolinea la ricerca, il valore strategico della prevenzione, tanto più che la metà dei soggetti fratturati non recupera il precedente stato di validità motoria, e solo il 30% riesce a farlo completamente, con costi che per le famiglie diventano sempre più onerosi. Ed è noto che una prima frattura aumenta di quattro volte il rischio di andare incontro ad un'altra, soprattutto nel primo anno dopo l'evento. “La distribuzione di Vitamina D in corso in Toscana e in Veneto”, spiega la professoressa Ombretta Di Munno, presidente del congresso Siommms, “non può che essere il primo passo di una campagna generalizzata rivolta a tutta la popolazione anziana d’Italia.
A costi contenuti corrispondono risparmi ingenti di danaro e di sofferenze. Oltretutto si tratta di un’operazione semplice da realizzare perché viene fatta coincidere con il ciclo autunnale di vaccinazioni”.