Questo sembra abbiano affermato nei giorni scorsi da Palazzo Vecchio al telefono con la Questura. Ed è ormai chiaro che non lo dicessero perché intendevano intitolare una strada all'uomo, che arrampicato per una settimana su un bagolaro, ha impedito l'abbattimento degli alberi di viale Morgagni.
Peccato. Comunque la si pensi sulla questione urbanistica non c'è dubbio che l'amministrazione fiorentina abbia quantomeno una difficoltà di comunicazione con parte della città, per meglio dire un grave problema di relazione politica anche con parte del proprio elettorato, forse la quasi incapacità di gestire conflitti sociali.
Che reazioni si attendessero in Giunta, mettendo mano ad uno dei maggiori interventi urbanistici subiti da Firenze, non è facile dire.
Certo non ricordavano la delicatezza del tema urbanistico in una città in cui da mille anni la posizione degli edifici e le loro funzioni significano denaro e potere. La partecipazione democratica, ma su invito, che da qualche tempo il Centro-sinistra toscano propone, non sembra adeguata alla sfida politica del momento. La strategia della mediazione impone preparazione e tolleranza e non consente di ricusare gli interlocutori. In fondo se la maggioranza di Palazzo Vecchio si trova contro soltanto una fetta di cittadini, rappresentata dai comitati, dovrebbe solo felicitarsene.
Invece sembra sempre sulla difensiva e ha bisogno dell'aiuto della forza pubblica e dell'autocensura dell'informazione locale. Quando l'altra sera ad un Consiglio di Quartiere aperto ai cittadini, sul tema dei cantieri della ferrovia ad alta velocità, un'attivista dei comitati ha chiesto agli amministratori presenti la capacità di esprimere argomenti validi a convicerci è stato proprio allora che i suoi interlocutori sono rimasti senza parole.
Per "condividere" il governo del territorio non bastano occasionali convegni sulla partecipazione organizzati in sedi improbabili, quasi si intendesse seminare gli ormai pochi cittadini intenzionati a pedirare assessori slalomisti.
Serve un senso del collettivo, una visione prospettica, l'ottimismo delle proprie convinzioni di cui la nostra classe dirigente difetta.
La globalizzazione non si è fermata in periferia: è entrata in città e richiederebbe amministratori provvisti di solidi studi, informatizzati, esterofili perché poliglotti. Invece disponiamo di un Centro-sinistra insicuro di sè, che si è rifondato tre volte in appena 15 anni.
Come sarebbe bello se il Partito Democratico, dopo la Quercia, simbolo del PDS, e l'Ulivo del primo governo Prodi, avesse deciso di autorappresentarsi con un Bagolaro.
Montecristo