IRPET: le prime indicazioni sul 2006 dell'agricoltura toscana che continua a soffrire di una crisi strutturale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 aprile 2007 17:46
IRPET: le prime indicazioni sul 2006 dell'agricoltura toscana che continua a soffrire di una crisi strutturale

Firenze, 17 aprile 2007- Un 2006 che fa registrare una contrazione del fatturato in Toscana del 3% rispetto al 2005; un dato non positivo, e comunque in linea con il calo di produzione nazionale (-3,5%), in parte ancora dovuto all’effetto rimbalzo della forte crescita del 2004.
In Toscana, infatti, si è avuta, da un lato, una contrazione dei volumi prodotti del 1,7% (cereali e seminativi: -4,3%; orticoltura: -2,2%; zootecnico: -1%; ovicaprini: -3,9%) e, dall’altro, una riduzione dei prezzi di vendita (-1,5%), che ha interessato tutti i settori produttivi, e un incremento generalizzato (+8%) dei costi di produzione, in tutte le tipologie di aziende.

Questi risultati, derivanti dall’indagine campionaria condotta dall’IRPET tra 500 aziende agricole toscane estratte su un universo di oltre 27 mila, sono motivati principalmente dalla specificità del comparto agricolo e dall’aleatorietà dell’andamento stagionale, ma anche dagli effetti indotti sul territorio dalla riforma della PAC e dalla crescente globalizzazione dei mercati che spinge l’industria di trasformazione ad approvvigionarsi sui mercati maggiormente concorrenziali. L’analisi si è rivelata di particolare interesse perché, oltre a tracciare un quadro di massima sull’andamento dell’economia rurale, in vista del più completo rapporto del prossimo giugno, ha evidenziato alcuni aspetti di interesse sul sistema e sul comportamento degli operatori: le produzioni di qualità interessano ben il 35% delle aziende toscane, soprattutto nei settori della viticoltura, dell’olivicoltura e della frutticoltura; l’incidenza sul fatturato del mercato locale-regionale è prevalente (oltre il 60% del totale), mentre solo il 2% del fatturato deriva da vendite all’estero.

Tutto questo è dovuto a uno scarso attivismo sul piano promozionale; meno del 10% delle aziende, infatti, fa ricorso a iniziative promozionali, e solo il 30% conosce i contributi pubblici orientati a tali attività.
Una realtà attiva e vivace, comunque, quella toscana, visto che, nonostante le molte incertezze originate dai fattori istituzionali e di mercato, le aziende agricole più strutturate hanno continuato a investire e non solamente in fabbricati: il 39% ha investito in macchinari, il 15,3% nell’acquisto o ammodernamento di magazzini, il 10% in terreni e di fatto soltanto il 17,3% delle aziende ha realizzato investimenti in fabbricati residenziali.

La propensione a investire è evidente anche nel fatto che solo il 22% delle aziende ha effettuato un investimento grazie a finanziamenti pubblici.
Quali, dunque, le prospettive dell’agricoltura toscana per gli addetti ai lavori? Potremmo parlare di “cauto ottimismo”. Infatti, se da un lato oltre il 55% degli operatori delle maggiori aziende esprime ottimismo sul futuro della propria attività, il 33% degli stessi intende incrementare la propria quota di produzione, e ben il 25% delle aziende dichiara di orientarsi verso un incremento della vendita diretta; dall’altro si registrano forti preoccupazioni ed incertezze, soprattutto nei comparti direttamente interessati da mutamenti di contesto come quello ovicaprino e dei seminativi, in cui il 53% ed il 59% delle aziende intervistate esprime una valutazione non positiva, quindi poca fiducia nel futuro dell’attività aziendale.

“I dati dell’indagine Irpet sul 2006 mostrano come l’agricoltura toscana stia vivendo una fase di riorganizzazione che comporta due effetti: uno congiunturale (un lieve calo dei volumi prodotti) e l’altro strutturale (una forte spinta agli investimenti).

E’ dunque una agricoltura che sta gradualmente uscendo da una fase di stagnazione e che sta costruendo concretamente il suo rilancio attraverso un crescente impulso verso l’innovazione e la qualità”. Così l’assessore regionale all’agricoltura Susanna Cenni commenta i dati dell’indagine campionaria condotta dall’Istituto di programmazione economica su 500 agricole toscane. Per l’assessore la contrazione del fatturato nel 2006 (-3%) rispecchia in gran parte le difficoltà e le incertezze causate dall’entrata in vigore della recente riforma della Pac (la riprova è che il settore più in sofferenza è proprio quello dei seminativi) ed è comunque contenuta e inferiore al dato nazionale (-3,5%).

“I produttori toscani, come quelli delle altre regioni – evidenzia l’assessore - scontano una fase direi quasi inevitabile di incertezza seguita a una riforma che impone un radicale cambiamento di mentalità. E’ un contraccolpo, ne sono certa, che si riassorbirà nei prossimi anni, anche perché complessivamente il comparto vive una fase di graduale ma costante rilancio: basti vedere i dati che riguardano i settori trainanti della nostra agricoltura di qualità, viticoltura e olivicoltura, i quali registrano andamenti ampiamente positivi”.

Ed è proprio questa spinta alla qualità e all’innovazione che, per l’assessore, rappresenta il dato più eloquente: “L’indagine ci mostra che una fetta molto consistente delle aziende agricole continua a investire per qualificare la propria azienda (il 33% intende aumentare la sua produzione di qualità), per aggiornarla dal punto di vista tecnologico (ben il 40% delle aziende hanno investito in macchinari), e che gran parte (il 55%) delle aziende di dimensioni più cospicue ha una percezione positiva del proprio futuro.

Questo dinamismo ci dimostra che ci sono le condizioni per garantire già nel breve periodo uno scatto in avanti a tutto il comparto”. L’assessore evidenzia anche che, accanto agli investimenti, occorre però anche una nuova capacità di intervento sui mercati: “I dati evidenziano il bisogno di un potenziamento della nostra offerta. Sono due a mio avviso le condizioni per realizzarla: la prima è l’allargamento delle iniziative di filiera corta che possono aprire nuovi spazi, specie sul territorio, la seconda è la creazione di rapporti più strutturati all’interno della filiera produttiva: le aziende devono fare sistema, costruire collaborazioni e sinergie perché è solo superando la frammentarietà di un comparto basato su aziende spesso molto piccole che è possibile portare la qualità delle nostre produzioni sia sulle catene della grande distribuzione, sia sui mercati internazionali”.



«La crisi strutturale del settore agricolo della Toscana continua a necessitare di risposte forti da parte di tutto il sistema politico-economico della Regione; occorre un maggiore impegno che parta da tutti i fronti per risollevare l’agricoltura toscana e quella italiana, risorsa non solo economica, ma anche ambientale e per questo patrimonio di tutti». E’ questo il parere deciso di Giordano Pascucci, Presidente della Cia Toscana, circa il documento di analisi dell’Irpet sull’andamento dell’agricoltura toscana nel 2006.
«In vista dell’attuazione del Psr 2007/2013 (Piano di sviluppo rurale) – afferma il presidente della Cia Toscana - occorre che le forze politiche siano tutte d’accordo nell’intervenire in maniera diretta individuando strategie mirate al rilancio del settore».

«Il 2006 – continua Pascucci – è stato il secondo anno di disaccoppiamento dei premi come previsto dalla nuova Pac e in questo anno i produttori hanno acuito il già forte scoraggiamento maturato con l’avvio della riforma che anche in Toscana ha determinato in molti casi l’abbandono di certe colture mettendo a rischio l’equilibrio economico del settore con conseguenze anche al patrimonio ambientale».
La Cia Toscana sollecita inoltre interventi urgenti da parte del Governo Nazionale per cercare di recuperare competitività del settore, soprattutto nei confronti degli altri paesi dell’Europa.

«Non sarà sufficiente la sola capacità individuale delle singole imprese a rilanciare il settore – specifica Giordano Pascucci – ma serviranno strategie condivise e una maggiore concertazione tra il governo nazionale, quello regionale e le forze sociali oltre all’attuazione di un piano economico regionale che coinvolga l’impresa agricola, che nella regione rappresenta un ruolo importante e decisivo per altri settori, basti pensare al turismo attratto dalla paesaggistica di certi posti data proprio dalla cultura rurale.

La Regione prima di tutto, però, dovrà svolgere in questo senso un ruolo più marcatamente a favore del settore. Durante la Conferenza Regionale dell’Agricoltura si è parlato di strategie: le condividiamo, ma che vengano messe in atto quanto prima per non rischiare di lasciare i nostri agricoltori un passo indietro rispetto allo sviluppo economico della regione e del Paese».
Alla luce di questi primi dati poco promettenti e in attesa del rapporto Irpet – Arsia, la Cia Toscana si aspetta un lavoro sulle filiere, elemento fondamentale per il rilancio di un’economia in scala; uno sviluppo locale integrato; un rapporto diretto tra l’agricoltura e gli altri settori economici; più credito ai produttori per reinvestire nelle colture tradizionali e nell’innovazione del sistema secondo la multifunzionalità dell’azienda.

«Non dimentichiamo inoltre – conclude Pascucci - il ruolo che il Prs (Piano Regionale di Sviluppo) potrà e dovrà avere anche nei confronti dell’agricoltura, settore che dovrà fare parte dell’intero progetto economico della regione per il rilancio della competitività di tutta l’economia, agricoltura e aree rurali comprese».

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