Firenze, venerdì 28 giugno 2013 – Quasi 90 milioni di fatturato e oltre tremila lavoratori. Sono i numeri di Cooplat, la cooperativa di servizi nata a Firenze nel 1946 e oggi tra le maggiori in Italia nei settori del Facility management e dell’ecologia, che stamani alla Biblioteca degli Uffizi ha presentato il Bilancio economico 2012. La cooperativa, con sede nel capoluogo toscano e attiva in otto regioni d’Italia con le sue molteplici attività che vanno dalla sanificazione alla manutenzione delle aree verdi e alla raccolta dei rifiuti, chiude l’anno con il segno ‘’più’’.
Il fatturato ammonta a 87,3 milioni di euro, mentre il bilancio consolidato del gruppo (in cui confluiscono Ecolat, Sviluppo, Insvi) attesta un giro d’affari complessivo superiore ai 93 milioni di euro. Numeri in linea con il 2011, quando il valore della produzione di Cooplat fu pari a 87,4 milioni di euro. “Un risultato importante – afferma il presidente di Cooplat Fabrizio Frizzi – che premia il lavoro di industrializzazione delle nostre attività, l’innovazione delle modalità operative e la semplificazione dei processi aziendali che da tempo ci vede impegnati.
La dimostrazione che la qualità del lavoro e del servizio offerto riescono a battere la crisi”. Dal Bilancio economico 2012 emerge inoltre che l’utile di Cooplat è stato pari a 433 mila euro, mentre ammontano a 700 mila euro gli accantonamenti ai fondi rischi su crediti commerciali e contrattuali e al netto delle imposte (pari a 1,6 milioni). Aumenta inoltre il patrimonio netto, che passa dai 12,5 milioni del 2011 ai 13,4 milioni del 2012. Risultati positivi anche sul fronte dell’occupazione.
3 mila i lavoratori di Cooplat, di cui 1.634 soci della cooperativa. Anche in questo caso, i numeri sono pressoché identici a quelli del 2011, ulteriore dimostrazione della tenuta della cooperativa nonostante il periodo di recessione. Ma le buone notizie non finiscono qui. “Per il triennio 2013/2015 – aggiunge Frizzi – Cooplat dispone in portafoglio di un fatturato annuo di 85 milioni di euro. Un piano industriale solido con cui guardare al futuro con fiducia a dispetto della crisi che non risparmia il comparto dei servizi e di un mercato che calpesta i diritti a scapito della qualità del lavoro, tra gare al massimo, ritardi nei pagamenti e l’insostenibile peso del cuneo fiscale.
Quest’ultimo punto, insieme a forti provvedimenti sul piano della legalità e della lotta all’evasione auspichiamo sia al centro di interventi puntuali da parte di questo esecutivo”. All’incontro hanno partecipato anche il sottosegretario ai Trasporti e alle Infrastrutture Erasmo D’Angelis e il presidente di Legacoop Giuliano Poletti. "Il lavoro e l'apertura di nuovi cantieri per piccole medie e grandi opere utili – afferma il sottosegretario D’Angelis - sono le priorità del governo e i decreti sulle emergenze ambientali e del Fare sbloccano 4.2 miliardi complessivi per infrastrutture e sicurezza territori e gli ecobonus al 65% per ristrutturazioni e risparmio energetico e sicurezza antisismica rilanciano anche l'edilizia in crisi e creano buona occupazione .
Provvedimenti concreti nel minor tempo possibile. Quando ci sono aziende che reggono l'urto della crisi come Cooplat, che superano le difficoltà non possiamo che dire loro grazie e spingerle a fare di più. È nelle crisi più dure che si risveglia il meglio del nostro Paese, quando l'Italia fa l'Italia produce esperienze concrete e competitive nel mondo". “La crisi – afferma il presidente Poletti - colpisce tutti, e le cooperative hanno retto meglio perché è la loro logica di funzionamento quella di intervenire su tutti i fattori prima di toccare il lavoro.
Ma adesso siamo alla fine della resistenza, in particolare in alcuni settori come le costruzioni. C’è un problema acutissimo del credito e di prospettive future, serve tornare ad investire in segmenti dell’economia ad alta intensità di lavoro. Il governo si sta muovendo nella direzione giusta ma gli strumenti che mette in campo sono modesti perché non ci sono risorse. Serve intervenire sulla spesa pubblica. O si mette mano su di essa o non si può ragionare di riduzione delle tasse perché oggi la spesa pubblica vale il 50% della ricchezza prodotta”.