"Life During Wartime", presentato lo scorso anno alla Mostra del Cinema di Venezia, segna il ritorno di un cineasta tanto scomodo quanto intrigante. In venti anni di carriera Todd Solondz infatti ha realizzato solo sei film, opere profonde e disturbanti ambientate nella provincia americana dove le case e i giardini ben curati nascondono terribili orrori familiari. Nonostante i consensi che ottiene ai festival, non si può dire che abbia avuto la strada spianata: ogni film gli è costato decisamente molta fatica nel convincere i finanziatori, nelle riprese e nella distribuzione (in un’intervista rivela di avere già un copione pronto ma non sa se riuscirà a trovare i soldi). Questo sostanzialmente perché è un narratore di storie che pochi vogliono sentirsi raccontare.
Così accade anche in questo film, ambientato in Florida ma girato a Puerto Rico e a Toronto in Canada per contenere i costi, coraggiosamente distribuito in Italia da Archibald. “Perdona e dimentica” ha ottenuto il premio Osella per la sceneggiatura (firmata dallo stesso regista) e riprende in mano il destino della famiglia Jordan, già protagonista dieci anni fa, del suo film più conosciuto: “Happiness”. Ma Solondz ci tiene subito a precisare: “Questo film è più politico, non è un sequel di “Happiness”, è un quasi-sequel, ma è anche un parente stretto di “Fuga dalla scuola media”, il mio film di esordio”.
Cambia completamente il cast e l’ambientazione passa dal freddo New Jersey al sole della Florida: “Non sono legato letteralmente ai dettagli. Qui alcuni personaggi sono più vecchi di venti anni, prima erano bianchi e adesso sono afro americani”. E quel che ne viene fuori è un’opera che gode di vita propria, comprensibile anche senza aver visto gli altri due. Ritroviamo quindi le tre sorelle Jordan alle prese con le loro esistenze che vanno a rotoli: Joy che ha spinto al suicidio l'ex fidanzato e il marito pervertito, Trish che prova a ricostruirsi una vita con un uomo normale e banale dopo l'arresto per pedofilia del marito e Helen, depressa e nevrotica, incapace di trovare serenità nel successo raggiunto a Hollywood.
Cinico, corrosivo, non convenzionale, controverso; con questo intelligente film Solondz aggiunge un nuovo capitolo del suo mondo crudele, nero, appassionante e brutalmente sincero. Moni Ovadia, che ne ha adattato i dialoghi in italiano, dice del film: “Racconta il cortocircuito di senso che caratterizza i nostri tempi, disegnato con un’urgenza desolante. Una deriva culturale che si riverbera nel tessuto intimo delle relazioni tra personaggi”. Le vite devastate dei suoi protagonisti disegnano una psicopatologia della vita quotidiana raccontata con un humour da commedia nera, sadico e devastante.
Solondz, un Woody Allen molto più pessimista e sarcastico, affronta i loro drammi riflettendo il lato comico e assurdo delle loro esistenze in uno specchio in cui non vorremmo mai guardarci. E’ una vita in tempo di guerra, come recita il titolo del film in originale, fatta di caduti sul campo e di traumi incancellabili. Ma “il tempo di guerra del titolo – precisa il regista – non è quello della guerra globale al terrorismo, è quello della nostra battaglia interiore”. È la guerra dei rapporti che non si realizzano, del proprio senso di estraneità e incompletezza, delle vana ricerca della normalità.
Possiamo leggerlo come un film sul post-dramma, sul disordine post-trauma. Mentre in “Happiness” si raccontavano le tragedie che accadevano ai protagonisti, oggi si racconta di come questi hanno reagito agli eventi: “Questo è un film sul perdono e sulla capacità di dimenticare. Gli stupri, le perversioni, le tragedie sono già avvenute. Saranno capaci i protagonisti del film a riuscire a lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare da capo? E’ possibile perdonare e dimenticare? Non voglio con il film dare delle risposte universali” dice il regista, ma certo è che ai bambini, vittime sacrificali della dilagante follia, fa elaborare quei concetti e quesiti che gli adulti non sono in grado di porsi, fa pronunciare le domande fondamentali da porsi. Timmy ad esempio, il figlio di Trish, è piccolo, ma si pone interrogativi grandi: è possibile rimuovere il dolore? Posso perdonare mio padre? O devo dimenticarlo? Nella sua cameretta tiene la fotografia dell’aereo con cui i terroristi hanno fatto cadere le torri gemelle, perché “se l’han fatto avevano le loro ragioni”.
“Perdoneresti i terroristi dell’11 settembre?” gli chiede la madre, “se avessero torturato e ucciso i tuoi cari, non faresti anche tu qualcosa di orribile?”, risposta. Solondz offre al punto di vista dei carnefici lo stesso spessore delle vittime: “Il ragazzo ama comunque il padre, e in questo c’è dolore e bellezza. La vera sfida è essere in grado di riconoscere che è vero che si tratta di un mostro ma che è anche vero che quel mostro ha un cuore che batte. Anche il pedofilo è una persona, considerarlo un mostro serve solo a sentirsi in salvo, diversi.
Invece si tratta di un essere umano, che conosce solitudine e desiderio, che vive la tragedia dell'alienazione, della sconnessione tra la quotidianità, la normalità, gli affetti e la natura nemica, incontrollabile, che conoscerà la giusta punizione”. L’America di Solondz è una galleria di mostri scolpiti dalla luce irreale e dai colori tecnici da “graphic novel di Ed Lachman, direttore della fotografia di “Lontano dal paradiso” di Todd Haynes. È come se i personaggi fossero avvolti in una plastica lucida, in un giallo artificiale che rimanda a serenità e benessere, ma che in realtà nasconde tragedie immense.
Perché la Florida? Risponde il regista: “Perché ironicamente la Florida con i suoi colori, il mare e il sole è in realtà uno stato dove regna la dittatura del centro commerciale. Gli abitanti sarebbero capaci di rinunciare alla democrazia piuttosto che all’aria condizionata o ad un parcheggio sicuro. Quindi mi è sembrato il luogo perfetto dove inserire i miei amati e deturpati soggetti». La crudeltà di Solondz si manifesta proprio nel contrasto tra queste anime freak e un set dai colori accecanti che li congela e imprigiona in uno spazio immutabile, in una rappresentazione del falso.
Il suo cinema non permette di uscire, non offre nessuno scampo. Nessuno può veramente diventare altro da sé, la redenzione è solo una bugia che continuiamo a raccontarci per riuscire ad andare avanti; imploreremo, per tutta la nostra esistenza, un impossibile perdono o un altrettanto impossibile oblio. Questa impossibilità è la prigione nella quale ci dibattiamo scoprendo che non ci si può salvare da se stessi. Ogni personaggio è segnato da una ferita inguaribile. Nessuno è innocente tanto quanto nessuno è solamente colpevole.
Ognuno porta il peso e le conseguenze di ciò che è. Quando il padre pedofilo afferma che “il mondo là fuori può essere estremamente crudele”, la sempre impeccabile Charlotte Rampling, gli risponde che “il vero nemico è dentro ognuno di noi”. Segnaliamo che in contemporanea con l’uscita del film è in libreria un saggio di Diego Mondella sul cinema di Solondz: “Sgradevole è bello”, edito da Pendragon. Per conoscere i cinema di Firenze dove "Perdona e dimentica" sarà proiettato e, più in generale, la programmazione dei cinema a Firenze, clicca qui. Laura Iannotta