A distanza di nove anni dalla loro ultima fatica (From Hell, furba edizione in celluloide del fumetto cult di Alan Moore ) tornano i fratelli Hughes, con un pastiche di generi sulla carta invogliante e desueto : tanto per iniziare, è fra i pochi prodotti statunitensi dell’ultimo periodo a non essere tratto da qualcos’altro, che siano fumetti, libri o videogiochi. Anche se da un videogioco in particolare, quel Fallout 3 che ha spopolato anche sulle italiche consolles di ultima generazione, sembra aver preso in blocco l’ambientazione. Codice Genesi è infatti una sorta di western postatomico, con lande brulle e devastazione a non finire, dove un cavaliere pallido senza alcuna sorta di cavallo si aggira, difendendo dalle grinfie dei cattivi l’antico sapere della carta stampata.
In un mondo dove la gente si uccide per quello che un tempo era considerato superfluo o addirittura spazzatura, dove si fa la fortuna conoscendo sorgenti di acqua, dove uno shampoo è un bene di lusso, il solitario e messianico Eli di Denzel Washington è il paladino silente che reca con sé l’ultima copia stampata della Bibbia . Carnegie (Gary Oldman, all’ennesimo ruolo da villain) vuole per sé quel libro e il potere demagogico che da esso gli deriverebbe.
E questo porta con sé l’inevitabile scontro. In un paesaggio monocromatico e monotematico da ciclo di Mad Max, le vicende di Eli ci portano a conoscere Solara (la bella Mila Kunis) che lo seguirà nella sua personale Odissea alla ricerca di una personale Itaca situtata ad Ovest, dove una città –baluardo accoglierà lui e il suo preziosissimo libro, salvi dalle mire di Carnegie. Infarcito di camei (Jennifer Beals nel ruolo della compagna non vedente del cattivo Oldman, Tom Waits e Malcolm McDowell) , il film ruota attorno alla figura enorme di Washington e al suo personaggio manicheo.
Irrisolto nel finale, la pellicola si porta dietro quel sapore di propaganda religiosa che , se negli Stati Uniti sembra essere all’ordine del giorno , da noi fa ancora un po’ strano. Regia a sprazzi, a volte elegante e originale, altre volte con tonfi e mancanza d’inventiva. Gli Hughes, dopo From Hell, dimostrano di essere dei buoni mestieranti, ma non certo i fratelli Wachowski. Marco Cei