Al Cinema Vacci Tu - Avatar

Correva il 1997 e il canadese James Cameron , con Titanic, all’epoca il film più costoso mai fatto, vinceva con quel film undici premi Oscar, realizzava l’operazione commerciale più grossa di tutta la storia del cinema mondiale, e si autoproclamava “Re Del Mondo”.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 febbraio 2010 00:29
Al Cinema Vacci Tu - Avatar

Correva il 1997 e il canadese James Cameron , con Titanic, all’epoca il film più costoso mai fatto, vinceva con quel film undici premi Oscar, realizzava l’operazione commerciale più grossa di tutta la storia del cinema mondiale, e si autoproclamava “Re Del Mondo”. Dodici anni dopo, il papà di Alien e Terminator torna a realizzare un’opera titanica, nel tentativo di battere i record succitati da lui stesso detenuti. Avatar , però, per iniziare, non è il film più costo mai fatto : la saga di Jack Sparrow e quella di Spiderman lo superano in questa speciale classifica.

Probabilmente, questo sì, diverrà il campione mondiale assoluto di incassi nel globo, con buona pace di Jack e Rose. La storia narrata nel film è semplice : la Terra è andata alla malora e si è costretti, per salvaguardarla, a cercare un minerale dal nome altisonante di Unobtainium, che si trova in abbondanza nel satellite Pandora del sistema Alpha Centauri . Peccato che sia abitato da un popolo di indigeni alti tre metri e dalla pelle bluastra chiamati Na’Vi che non hanno tutta questa intenzione di essere sloggiati dal loro habitat naturali.

I terrestri allora creano degli Avatar, ovvero degli organismi artificiali in grado di muoversi nel pianeta (dall’atmosfera per noi irrespirabile) mentre sono collegati cerebralmente ad un umano che, di fatto, si “trasferisce” nel corpo dell’ospite in questione. Il protagonista, Jake Sully, è un marines paraplegico coinvolto nel progetto in quanto gemello del defunto “proprietario” di un Avatar : essendo a lui “compatibile” neurologicamente parlando, la società terrestre che intende accaparrarsi il prezioso minerale non dilapiderà il capitale speso per realizzare la “creatura”.

Peccato che questi signori non sappiano che Avatar, in sanscrito, significa anche “Disceso” o “Prescelto” : Sully, nella sua versione finalmente camminante, si introduce fra i nativi, ne viene accolto, si innamora della figlia del capo e addirittura compie le profezie messianiche della loro religione, al punto da essere poi quello che, nella rivolta finale contro il cattivo terrestre, guida le loro “armate” contro la flotta aerea terrestre comandata dal terribile colonnello Quaritch.

Si può dire ciò che si vuole : che i “cattivi” siano troppo piatti, monodimensionali ; (Quaritch sembra Bush, parla come lui, tanto Cameron è canadese…) che Cameron insista troppo nella novella del “buon selvaggio” e che la retorica della lotta finale “frecce contro laser” sia eccessiva ; che non abbia in sostanza raccontato niente di nuovo dal punto di vista narrativo (la stessa storia si è vista in miliardi di altri film, via ) ; che i rimandi critici alla storia degli stermini made in Usa siano troppo facili e banalizzati (i Na’vi sono parenti stretti degli indiani pellerossa, dei neri e degli ebrei ; il loro dio-pianeta Eywa fa tanto assonanza con Jahweh….) e che pure la favola “ecologica” possa essere un tantino troppo all’acqua di rose…ma alla fine non si può dire che la storia, per quanto semplice, non funzioni.

Nessuno ha detto mai che il genio Cameroniano sia quello di creare storie originali. E la semplicità non è quasi mai un difetto. Si può persino obbiettare qualcosa agli attori : Sam Worthington, già in Terminator Salvation, non è che proprio funzioni…meglio se la cava Stephen Lang, nel ruolo del cattivo Quaritch, che pure è una macchietta in sceneggiatura : ma il nome di quest’ultimo segnatevelo, che il cinema Usa ha trovato il volto da duro che mancava da tempo .

E non si può certo voler male a Cameron per l’autocitazione realizzata inserendo nel cast Sigourney Weaver, per tutti Ripley . Insomma, il problema di Avatar, ammesso che l’incasso in fieri che realizzerà consenta di chiamarlo problema, è che è un buon film, non un capolavoro ma un buon film sì. Ma soprattutto, una trovata di marketing geniale e globalizzante. E il motivo per cui tutti ne parlano e lo vanno a vedere è extra-filmico e dovuto al tanto discusso 3d. Chi scrive lo ha visto nelle classiche due dimensioni, perché ama la quarta parete divisoria e la visione distaccata; preferisce che siano i sentimenti e le emozioni scaturite dal narrato, dalla bravura degli attori, dall’atmosfera del film a catapultare lo spettatore nel cuore del racconto.

Pure, il primo tempo di questo film, visto in 2D, è bellissimo visivamente, un caleidoscopio di colori e natura che gli esperti della Weta hanno realizzato dando vita ad un capolavoro. Questo ipotetico primo tempo è quello che fa esclamare dallo stupore gli spettatori in sala , la bellezza cromatica del mondo creato dalla grafica digitale. Vederlo in 3d, sicuramente, darà allo spettatore un che di coinvolgente : si lascia intuire anche dalla classica visione bidimensionale, che alcune sequenze sono state girate apposta.

Ma questo, per chi scrive, non è cinema, è videogame. Che sia bellissimo, possiamo pure non negarlo. Ma che sia l’ultima frontiera del cinema, è tutto da dimostrare. Personalmente, la cosa più sorprendente vista nelle sale negli ultimi anni, a livello di “dimensioni” filmiche, di prospettive inaspettate, è quel minestrone di Matrix dei fratelli Wachowski ; ma da qui a parlare di rivoluzione, aspettiamo. Anche perché una salsa del genere se la potranno permettere Cameron, Lucas (ammesso che sia interessato) e Spielberg, poi la musica, per tutti noi altri mortali, resterà la stessa.

Per fortuna di chi ancora vuole starsene seduto e farsi prendere il cuore, e non gli occhi, da un racconto per immagini e suoni. Marco Cei

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