Amo l’inverno per le verdure. Mai come in questo periodo mi nutrirei esclusivamente di ‘erbe’. Ce ne sono dolci, amare, rosse, verdi. Nascondono dietro il loro aspetto massiccio e costoluto sapori e aromi che si sciolgono in bocca. Tra tutte le magnifiche creature della terra, quella su cui vorrei soffermarmi è il gobbo. A parte lo sdegno che tale parola genera nel tifoso della nostra squadra cittadina, devo dire che vorrei svelare questo dubbio che spesso mi assale al momento dell’acquisto: il gobbo, il cardo, carduccio sono la stessa cosa? Ho naturalmente interpellato l’agronomo in seconda della famiglia, mia madre, la quale mi ha chiarito la situazione: i gobbi sono dei cardi piegati e messi sotto terra per farli ‘sbianchire’; i cardi sono fusti alti, dritti e ‘nerboluti’; i carducci sono le ripuliture delle piante di carciofo.
Fiat lux! Colmare le lacune di cui soffro in campo vegetale, mi dà sempre una certa soddisfazione, cosicchè possa giocare ad armi pari con l’ortolano, che se sospettasse fossi così sciaguratamente disinformata magari mi venderebbe delle cime di rape al posto dei cardi. I gobbi naturalmente sono più morbidi e più dolci ed anche sensibilmente più cari e come gli altri due protagonisti di questa storia, necessitano di una grande manutenzione prima di finire nel piatto. Ricordo quando ero piccola che il lavoro di pulitura dei gobbi era affidata a mio nonno, perché vanno privati dei filamenti come il sedano e tagliati a pezzi. Solo i gobbi si possono mangiare anche crudi, gli altri vanno sottoposti a cottura anche piuttosto prolungata, circa 30-60 minuti. Per evitare che diventino scuri, vanno cotti immediatamente oppure conservati in acqua e limone.
Se si vuole mantenere il colore anche dopo la bollitura, è bene spremere il succo di mezzo limone anche nell'acqua di cottura. Il modo più gustoso di assaporarli è tritarli e saltarli in padella con olio, aglio, sale e pepe. I gobbi, ma anche i cardi e i carducci sono ottimi come contorno ad una bella bistecchina di maiale. Provate. Vanessa Bof