Firenze, 27 aprile 2007- E' stato individuato un lipide capace di far proliferare cellule staminali e di stimolarne la sopravvivenza. La scoperta è stata pubblicata on line sull¡¯ultimo numero della rivista statunitense Stem Cells in uno studio coordinato da Paola Bruni, ordinario di Biochimica nella facolt¨¤ di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell¡¯Universit¨¤ di Firenze, insieme a Chiara Donati (ricercatrice di Biologia applicata alla facolt¨¤ fiorentina di Medicina e chirurgia) e ad altri giovani ricercatori dell¡¯ateneo, ed effettuato in collaborazione con ricercatori dell¡¯Universit¨¤ Vita-Salute San Raffaele di Milano e dell¡¯Universit¨¤ di Milano-Bicocca.
Il gruppo di ricerca fiorentino da qualche anno sta caratterizzando il ruolo biologico di questo particolare lipide (chiamato ¡°sfingosina 1-fosfato¡±) fisiologicamente prodotto da molti tipi di cellule.
In precedenza nel laboratorio fiorentino era stato dimostrato che questa molecola esercita importanti effetti biologici su cellule muscolari.
¡°I risultati pubblicati adesso in Stem Cells - ha spiegato Paola Bruni - dimostrano che il trattamento con sfingosina 1-fosfato di cellule staminali chiamate ¡°mesoangioblasti¡±, che rigenerano efficacemente il tessuto muscolare in animali affetti da distrofia muscolare, ne stimola la capacit¨¤ proliferativa e le protegge dai danni causati dalla loro immissione nel circolo sanguigno dell¡¯organismo ricevente¡±.
Lo studio apre nuove prospettive per il miglioramento della terapia con cellule staminali relativamente alle tecniche che consentono la loro espansione ¡°in vitro¡±, ma anche la sopravvivenza ¡°in vivo¡± e alla loro capacit¨¤ di riparare il tessuto danneggiato.
La ricerca ¨¨ stata effettuata in cellule staminali non totipotenti, ossia non in grado di trasformarsi in qualsiasi tipo di tessuto; sar¨¤ importante, quindi, capire se questa molecola esercita questi stessi effetti in tutti i tipi di cellule staminali.
E' stato pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Annals of Neurology uno studio italiano dal titolo ¡°New natural history of interferon¦Â-treated relapsing multiple sclerosis¡±, che ha dimostrato l¡¯effetto positivo del trattamento con Interferone beta (IFNb) sulla progressione della disabilit¨¤ in pazienti affetti da Sclerosi Multipla recidivante-remittente.
Lo studio ¨¨ stato condotto da Maria Trojano, docente ordinario presso il dipartimento di Scienze neurologiche e psichiatriche dell'Universit¨¤ di Bari e da Maria Pia Amato, del dipartimento di Scienze neurologiche dell' Universit¨¤ di Firenze. L¡¯analisi ¨¨ stata effettuata da esperti del dipartimento di Farmacoepidemiologia del Consorzio Mario Negri-Sud di Chieti.
In una patologia cronico-invalidante come la Sclerosi Multipla, il fattore pi¨´ importante per determinare l'impatto a lungo termine delle terapie ¨¨ rappresentato dalla loro capacit¨¤ di rallentare o bloccare la progressione della disabilit¨¤ clinica e la ricerca appena pubblicata ha dimostrato che il trattamento con IFNb ¨¨ in grado di ridurre significativamente la velocit¨¤ di progressione della malattia in tali pazienti.
Nello studio prospettico, durato oltre sette anni, sono stati coinvolti pi¨´ di 1500 pazienti con Sclerosi Multipla recidivante-remittente che sono stati seguiti a partire dalla loro prima visita di ai rispettivi Centri.
Oltre i due terzi di essi sono stati trattati cronicamente con i diversi tipi di IFNb attualmente disponibili in commercio per il trattamento della Sclerosi Multipla. Gli altri pazienti inclusi nello studio - corrispondenti ad un terzo dell¡¯intero gruppo - non sono stati trattati o per scelta del paziente stesso o per eventi concomitanti (come ad esempio una gravidanza ) che impedivano l'uso del farmaco.
Per valutare l'impatto del trattamento, sono stati presi in considerazione tre differenti parametri clinici: il tempo per il raggiungimento di un livello di disabilit¨¤ chiamato EDSS 4 (Expanded Disability Status Scale di punteggio 4), in base al quale il paziente, pur autonomo nella deambulazione, ¨¨ in grado di percorrere non pi¨´ di 500 metri; il tempo per il raggiungimento di un livello di disabilit¨¤ EDSS 6, in base al quale il paziente ha necessit¨¤ di assistenza per deambulare e non percorre pi¨´ di 100 metri e, come terzo parametro, il tempo intercorso dalla prima visita al momento di transizione da una forma recidivante di malattia ad un forma secondariamente progressiva (SMSP).
I risultati dello studio dimostrano che i pazienti in terapia con IFNb presentano un decorso di malattia decisamente pi¨´ favorevole rispetto a quelli non trattati; la somministrazione del farmaco ¨¨ associata a una riduzione significativa dell'incidenza di tutti i tre parametri clinici considerati (SMSP, EDSS 4 e EDSS 6) e al rallentamento dei tempi di raggiungimento degli stessi.
¡°Per i malati di Sclerosi Multipla, la prevenzione di una disabilit¨¤ a lungo termine ¨¨ senza dubbio l'obiettivo pi¨´ importante del trattamento - ha dichiarato Maria Pia Amato, docente associato di Neurologia - ed ¨¨ proprio in questa ottica che abbiamo portato avanti il nostro studio.
Nonostante che i soggetti trattati all¡¯inizio della terapia avessero indicatori di prognosi pi¨´ sfavorevoli rispetto ai non trattati - ad esempio una durata di malattia maggiore, un numero di ricadute pi¨´ elevato e una disabilit¨¤ pi¨´ severa- questi pazienti, grazie al trattamento, presentavano, nel tempo, un minore accumulo di disabilit¨¤.
Fino a ora le sperimentazioni sull¡¯IFNb avevano documentato un impatto della terapia soprattutto sulla frequenza delle ricadute, con risultati limitati a un periodo di osservazione relativamente breve (2-3 anni) ¨C ha aggiunto la prof.ssa Amato - I risultati di questo studio hanno evidenziato che la terapia con interferone IFNb ¨¨ anche in grado di migliorare significativamente la prognosi a lungo termine della malattia¡±.