Firenze, 14 novembre 2006- Una fotografia delle 208 carceri italiane individuandone i punti critici, le note dolenti, le iniziative più importanti. E' il quarto rapporto Antigone, "Dentro ogni carcere. Antigone nei 208 istituti di pena italiani", realizzato in collaborazione con la fondazione Michelucci e presentato ieri mattina in Palazzo Vecchio dal garante dei diritti dei detenuti Franco Corleone, da Alessio Scandurra dell'associazione Antigone e dal presidente della fondazione Michelucci, Alessandro Margara.
«Dalla ricerca di Antigone si registra un'attenta analisi della situazione carceraria italiana - ha commentato il presidente del consiglio comunale Eros Cruccolini - che resterà drammatica se non correremo subito ai ripari. Oltre ad una giusta regolamentazione ci aspettiamo che il nuovo Governo si adoperi per fare delle leggi ad hoc che migliorino le condizione degli istituti penitenziari e che soprattutto favoriscano un pieno reinserimento nella società: chi esce dal carcere deve avere quegli strumenti necessari per iniziare una nuova vita».
Nel rapporto è inoltre analizzata la situazione relativa alle capienze degli istituti prima e dopo l'indulto con alcune riflessioni che riguardano l'organizzazione interna delle carceri italiane e un documento sugli episodi di violenze e maltrattamenti avvenuti negli ultimi anni. «Nella storia italiana l'indulto è stato uno strumento da sempre usato nella gestione delle carceri - ha sottolineato Franco Corleone - ma la situazione che si è venuta a creare oggi dimostra che questo provvedimento da solo non basta per risolvere il problema: l'alto numero dei detenuti nelle carceri italiane è dovuto alla normativa vigente che a mio parer dovrebbe essere rivista, a partire da nuove leggi per rendere dignitose le condizioni di vita nel carcere e dall'introduzione di norme per limitare il ricorso alla detenzione che dovrebbe essere assunta come estrema ratio.
Un altro aspetto - ha aggiunto Corleone - che l'indulto ha evidenziato è il malfunzionamento delle misure alternative al carcere a partire dall'accoglienza al momento dell'uscita dall'istituto fino alle attività che si potrebbero realizzare all'interno del carcere affinché chi, una volta fuori, non commetta gli stessi errori e possa riuscire a reintegrarsi nella società».
«Per il carcere di Sollicciano c’è il rischio di un nuovo collasso se alla legge sull’indulto non seguirà nel breve termine una nuova normativa adeguata al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti».
Questo il grido di allarme lanciato da Emilio Santoro, direttore e fondatore del centro di documentazione “L’altro diritto” presso l’Università di Firenze, alla luce anche dei dati emersi dal rapporto sulle carceri italiane stilato dall’associazione Antigone. «Se non si bloccano – prosegue Santoro – i meccanismi creati dalla combinazione tra le leggi Bossi-Fini, Fini-Giovanardi ed ex Cirielli, entro pochi mesi scopriremo che l’indulto, oltre a peggiorare la condizione di sovraffollamento, contribuirà ad una nuova ondata di criminalizzazione delle fasce sociali marginali, immigrati e tossicodipendenti su tutti.
Un problema che va poi ben oltre alla prima accoglienza dal momento che l’indulto rappresenta oggi un boomerang sia per i detenuti, che spesso ritornano dietro le sbarre con un’aggravante di pena, sia per le carceri stesse che in soli tre mesi hanno visto rientrare gran parte dei detenuti (nel caso di Sollicciano circa un terzo di coloro che hanno usufruito dell’indulto sono rientrati in carcere)». Problematiche, queste, che avevano già catturato l’attenzione dei maggiori esperti anche in occasione del convegno “Sbarriamo gli occhi” organizzato a Siena da Euroforum Firenze il 4 novembre scorso.
«L’unica soluzione – conclude Santoro –, senza scorciatoie o rimedi provvisori, è l’abolizione delle norme criminalizzatrici sopra citate».
Dal 4 al 6 dicembre 2006 le porte della Casa Circondariale di Arezzo si apriranno ancora alla città per lo spettacolo teatrale della Compagnia Il Gabbiano, dedicato alla libera rilettura di un'affascinante storia ottocentesca, quella di Kaspar Hauser.
Nato dal laboratorio condotto da Gianfranco Pedullà e Donatella Volpi per Teatro Popolare d'Arte, la performance è dedicata ad un fatto realmente accaduto. Nel 1828 viene trovato abbandonato in stato confusionale un giovane, Kaspar Hauser, che sapeva appena camminare e parlare.
La vita 'normale' lo prende in affidamento, ma lui fatica ad accettare di diventare un uomo. La sua storia, la sua amara vicenda sospesa fra educazione e natura ha ispirato poeti e registi (dagli splendidi film di Werner Herzog e François Truffaut a Kaspar, famoso testo teatrale di Peter Handke).
Ed ora saranno i detenuti attori della Compagnia Il Gabbiano che ne interpreteranno i sentimenti, le domande, gli enigmi, il modo nuovo con cui guardare il mondo. E anche quello con cui rifiutarlo.