Se cerchiamo di dare una visione di insieme alle scelte amministrative toscane degli ultimi anni l'apparenza è curiosa. A leggere le cronache viene spesso il dubbio, per usare un'espressione in voga, che gli enti locali abbiano cambiato la loro mission: che servizi pubblici e sociali siano diventati secondari per le istituzioni territoriali rispetto alla loro nuova vocazione, le costruzioni. Ai tempi del sindaco Giorgio La Pira, negli anni cinquanta, il Comune di Firenze i palazzi li comprava.
Oggi sovrintende la progettazione di nuovi e grandiosi edifici e altri ne mette in vendita, insieme a terreni.
La Lega delle Cooperative, la principale entità imprenditoriale contigua ai partiti del Centrosinistra, investe sempre più nell'edilizia, trovando nei fatti una sostanziale intesa con tutti gli altri operatori del settore. Questa scelta è stata più volte richiamata come se di per sé bastasse a spiegare il fenomeno. Ci spiace invece pensare che si stia verificando anche nella Toscana rossa il fenomeno tipico del declino sociale italiano in generale: la corsa al mattone come opzione alternativa a quelle più rischiose, ma più vitali nel lungo periodo, in altri settori produttivi, o dei servizi.
Questa tendenza trova i suoi fondamenti nel sistema bancario, il cui credito è infatti strettamente condizionato all'offerta di garanzie immobiliari. E oggi è sdoganata, come si direbbe nel Centrodestra, proprio dal sistema politico locale.
Le costruzioni generano consenso e potere. E, a pensar male, sono anche facilmente monetizzabili dai malintenzionati in termini di tangenti rispetto ad altre attività amministrative. Specie se questo attivismo edilizio si integra con l'attenzione al risparmio in ambiti diversi, che incide davvero pesantemente sul core business degli enti locali.
A riprova di quanto sia difficile scrivere di questi argomenti, ricordiamo la situazione bizzarra che si è creata in Mugello.
Da un lato la classe politica afferma l'opportunità di realizzare la nuova infrastruttura ferroviaria ad alta velocità anche per migliorare la mobilità locale, mentre parte della popolazione ne contesta i già pesanti effetti collaterali. A parti inverse invece i pendolari protestano l'assoluta inefficienza della linea ferroviaria Faentina che gli amministratori avevano ripristinato appena pochi anni fa, assicurando effetti positivi per il territorio. Questo tipo di congetture è il pane quotidiano di chi lotta in questi giorni in Val Susa e ovunque si provi a decidere politicamente del proprio destino.
Per nostra fortuna (la natura volontaristica di Nove da Firenze) possiamo affrontare il tema senza imbarazzi in una città dove sembra quasi impossibile prendere posizione senza essere motivati da interessi di schieramento.
La nostra redazione ha relazioni con le istituzioni, ha amici nei diversi schieramenti policiti, ma non è animata da interessi personali, o professionali al sostegno di chicchessia.
In "Ricomincio da Tre", ambientato proprio a Firenze, alla deduzione "Meridionale, dunque emigrante", Massimo Troisi ribatteva "Perchè, un napoletano non può viaggiare?". E' giusto chiedere, analogamente: "Chi ha detto che non si possa discutere la condizione delle istituzioni toscane senza avere interessi di bottega?"
Nicola Novelli