Si avvicina il Natale e i Vanzina giocano d’anticipo, cercando di vincerla sul tempo sul rivale Parenti. Ecco dunque che esce a Novembre il filmone vanziniano di Natale, con Massimo Boldi nelle vesti di mattatore. Si fa per dire, temo. L’unica cosa che lo snobbissimo autore di questa rubrica si sente di scrivere a riguardo è che l’uscita anticipata sembra più un segnale di paura e di debolezza che di marketing : come a dire, se usciamo in contemporanea, ne veniamo fuori con le ossa rotte al botteghino.
A Natale mi sposo, il titolo, ma se a Novembre incasso, meglio. Lasciamo le guerre panettoniche per restare sempre sull’ Italia : esce anche la commedia La Donna della Mia Vita, con Argentero e Gassmann e con la Valentina Lodovini che viene sacrificata dallo script all’altare dei due attori maschi, per altro sempre lodevoli. Che i due siano bravi, lo si sa, ma lo è anche l’attrice di Umbertide. Continua così dunque la lotta delle attrici italiane per ruoli di rilievo nella nostra cinematografia.
Che nel settore “maturo” sono orami appannaggio di una Sandrelli in formissima , qui spalleggiata dal “regolarista” Colangeli, un volto, una garanzia. La Donna della Mia Vita è uno script teatrale passato al cinema, dove il regista Lucini saggiamente si mette al servizio del talento recitativo a disposizione. Chi è la donna della vita ? La bella Sara che sconvolge il nucleo familiare e fraterno , oppure la chioccia madre Sandrelliana ? In sala anche Winterbottom con il suo The Killer Inside Me, tratto da un romanzo di Jim Thompson ambientato negli anni ’50.
Pulp personalissimo diretto dal regista inglese con un cinismo che da un po’ di tempo sembrava appannato, racconta la storia del rapporto perverso e sadomaso fra uno sceriffo e una prostituta, a suon di sesso e violenza. Che ad un certo punto ordiscono un piano criminale per farci due soldi. Pare sia molto conturbante, che la violenza sia ai limiti della messa in scena . Per chi scrive, la scelta degli attori, tutti piuttosto antipatici, non può che essere in linea con il deserto morale di cui si va a raccontare nei 109 minuti del film.
165 ne dura Il Mio Nome è Khan, di Karan Johar. Si parla di una sorta di Forrest Gump Bollywoodiano, un uomo nato con la sindrome di Asperger – una forma di autismo – che ad un certo punto della vita si innamora ricambiato di una Hindu conosciuta in suolo Statunitense e che dovrà scontrarsi con la caccia al Musulmano quivi scatenatasi dopo l’11 Settembre. Dilagante come durata, melodrammatico, bollywoodiano, ma condotto con grazia e acume da Johar. Ed infine il toccante Precious di Lee Daniels.
Una ragazza minorenne e obesa, incinta e quasi analfabeta , deve subire le violenze domestiche del padre e le follie della madre gelosa. Ma insiste per ottenere riscatto dalla sua condizione di ignoranza e miseria morale fino ad iscriversi ad una scuola speciale dove capirà chi è e cosa vuole e deve fare. Ottima la regia di Daniels, premiato al Sundace, ottima la protagonista, Mo’Nique (che si è accaparrata Oscar e Golden Globe ). Marco Cei Per conoscere la programmazione delle sale cinematografiche di Firenze, clicca qui.