Andreino (Muzzi) e Andrew (Savelli) sono quasi omonimi ma le loro vite sono sostanzialmente agli antipodi; il primo è un mite operaio di una ditta di latticini toscana, che passa il suo tempo confidandosi con l'anziano collega Fermento (Monni) e con amici arraffazzonati come il Morfina (Barbato) e il Mazzafranca (Galligani); l'altro è un figlio di papà, padrone dell'azienda dove lavora il primo, che passa le sue giornate a “girare la paletta del caffè” e a innamorarsi di Chiara, un'avvenente barista di un locale (la Fabiani).
Quando Andreino scopre la moglie Benedetta (Morozzi) col proprio insegnante di TaiChi, la sua vita precipita in un gorgo di disavventure che culminano col rapimento involontario proprio di Andrew. Insieme alla sua sgangherata cricca di precari sopracitata, Andreino porta avanti un sequestro sui generis che coinvolgerà anche Chiara e che vedrà sequestratori e ostaggi alle prese con una sorta di Sindrome di Stoccolma, dove differenze di classe e carattere si spianeranno nel nome di una ritrovata solidarietà umana.
Opera prima dei due registi, anche protagonisti, il film, girato con pochissimi fondi, è una commedia garbata e mai volgare che riprende i temi cari ai film dei maestri della comicità all'italiana, più che rifarsi al filone “toscano” ormai in esaurimento. Delicatezza e introspezione sono infatti i punti forti dello script, anch'esso realizzato dal duo Muzzi-Savelli, che si focalizza con sguardo benevolo sulle disgrazie personali di tre uomini qualunque alle prese con una questione più grande di loro.
Ricco cast di caratteristi e attori cult della comicità fiorentina, da Monni a Forconi, fino al cameo gustosissimo del “padre di tutti” Giovanni Nannini; il trio comico dei sequestratori funziona e se Muzzi lo conoscevamo, si rivela invece la verve di Barbato e Galligani (il primo, qualcuno se lo ricorderà, era il Mirko di Ovosodo, l'amico ottuso del protagonista Gabbriellini) come funziona anche la controparte dei “sequestrati” , Bruno Savelli e una simpatica e dolce Fabiani. Menzione d'onore per Daniela Morozzi, che riesce a commuovere nel finale del film e si conferma come una delle attrici più versatili del panorama italiano. Prodotto dalla neonata società fiorentina Diogene, il film ha anche il merito di dimostrare come con pochi mezzi si possa raccontare una storia gradevole e che merita il proscenio nazionale, anche per gli argomenti di cui tratta, che, volenti o nolenti, interessano la gran parte di tutti noi. Marco Cei