di Francesco Luti
Con questo spazio Nove da Firenze propone ai suoi lettori un’inedita ‘finestra letteraria’ che si affaccia su Firenze e sulla Toscana.
È noto quanto saldo sia, sovente, il legame tra uno scrittore e una cittá. La nostra città, soprattutto per le sue dimensioni, a livello letterario non poteva certo costituire un esempio condivisibile da tutti come lo sono state Londra e Parigi nelle pagine degli scrittori dell’Ottocento. Tuttavia, Firenze, e mi riferisco al secolo passato che poi è quello a cui si riferiranno le nostre pagine, ha avuto un ruolo centrale nella cultura letteraria non solo nazionale, ma anche internazionale.
Le riviste, i movimenti, e la penna di certi autori che ricorderemo in questo nostro spazio ebbero un indiscusso primato almeno fino alla fine degli anni Cinquanta. Non necessariamente la cittá che fa da scenario a un’opera letteraria, coincide con quella che ha dato i natali all’autore. Ci sono tanti esempi a livello internazionale: basterà pensare alla Parigi `festa mobile’ di Hemingway, che appariva, in fondo, come un altro modo di ‘leggere’ questa capitale culturale, fotografandone le illusioni di quegli anni.
Abituati a nomi come Victor Hugo, e a tutta una serie di grandi scrittori francesi, da Balzac a Céline, l’occhio nordamericano di Hemingway ce ne offriva un’altra, non meno viva e non meno esaltante. Inoltre ripenso ai narratori che parlano della loro cittá ma lo fanno dall’esilio, volontario o meno. Il caso di James Joyce su tutti: Dublino sará onnipresente nelle sue opere, scritte tutte all’estero: Parigi, Zurigo e Trieste. La topografia minuziosa che scaturisce da ogni pagina dell’Ulisse ricostruisce la ragnatela della Dublino d’inizio Novecento, calcata dal protagonista di quella giornata memorabile, il 16 giugno del 1904, l’anonimo signor Leopold Bloom.
Va ricordato che l’unico traduttore di quel difficile testo si chiamava Giulio De Angelis e viveva alle Cure, a Firenze. Penso alla Praga di Kafka, sospesa tra il reale e il simbolico, o alla Lisbona di Pessoa percorsa passo dopo passo, appartamento per appartamento (Pessoa cambiava spesso indirizzo), fino ai nostri giorni con la New York di Paul Auster e la Barcellona del detective Pepe Carvalho, uscito dalla penna felice di Manuel Vázque Montalban. Infine, i nostri, gli italiani, e allora andrebbero aperte singole pagine: Pasolini e la Roma suburbicaria, Bassani e Ferrara, la Milano di Pontiggia, ma a noi, qui, interesserà focalizzare l’occhio su Firenze, con qualche ‘gita fuoriporta’ ma sempre nel territorio toscano.
Stretto binomio, dunque, tra scrittore e città, o scrittore e dintorni, oggi dove la convivenza all’interno delle nostre zone urbane diventa il nucleo fondamentale di ogni delicata gestione amministrativa.
Mi piace, inoltre, ricordare anche le cittá immaginarie: di Calvino, scrittore che tra i primi si era posto il problema di come una città avrebbe potuto ampliarsi in armonia col crescere dei suoi abitanti, e soprattutto dei grandi latino-americani: la Macondo di Gabriel Garciá Márquez, o la Comala di Juan Rulfo. Di esempi ce ne sarebbero molti altri, tuttavia non mi dilungo poiché ciò che conta anticipare al lettore è che in questa nostra ‘finestra’ punteremo ad approfondire la conoscenza di Firenze e della Toscana attraverso la letteratura italiana del Novecento, per avvicinarsi meglio a questi luoghi anche grazie alla lingua letteraria dei principali scrittori toscani e non.
Per anticipare qualcosa, aggiungo appena che tra gli autori che tratteremo ci saranno, tra gli altri, D’Annunzio, Papini, ma anche Collodi fino ad arrivare a quegli a noi piú vicini come Pratolini e Tabucchi.
Infine, ci dedicheremo anche ad alcuni autori stranieri che hanno scritto e abitato queste strade e questi paesaggi (Stendhal, Dostoiewski, Rilke, Pound, Lawrence, Vargas Llosa). Tutto questo consentirá di tracciare un itinerario topografico nuovo ed interessante.