Convegno sulla condizione delle famiglie toscane al Convitto della Calza: i rischi di impoverimento e di fragilità in una ricerca dell'IRPET sull'esclusione sociale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 novembre 2006 15:41
Convegno sulla condizione delle famiglie toscane al Convitto della Calza: i rischi di impoverimento e di fragilità in una ricerca dell'IRPET sull'esclusione sociale

Firenze, 20 novembre 2006- Costruire un reale sistema di welfare familiare con un occhio di riguardo ai minori, ristabilire i legami intergenerazionali, creare effettive possibilità di inserimento per gli immigrati, sostenere le reti di protezione per la famiglia, fondo per la non autosuffcienza. Queste le proposte principali scaturite stamattina dal convegno sulla condizione della famiglia in Toscana che si è tenuto al Convitto della Calza. All’incontro, organizzato dalla Regione in collaborazione con l’Irpet ed il Centro per le ricerche interdipartimentale sulla distribuzione del reddito, è stato presentata una ricerca dell’Irpet su ‘Povertà e disuguaglianza in Toscana’.

Hanno partecipato, tra gli altri, il ministro alle politiche per la famiglia, Rosy Bindi, l’assessore regionale alle politiche sociali Gianni Salvadori, il senatore Massimo Livi Bacci ed il presidente della Comunità Capo d’Arco Vinicio Albanesi.

L’analisi presentata dall’IRPET, svolta in collaborazione con il Cridire dell’Università di Siena, evidenzia che la Toscana, nel confronto nazionale, si qualifica come realtà ad elevato benessere e a contenuti livelli di povertà, qualunque sia la connotazione che si voglia dare a questo termine: relativa (5%), assoluta (1%), multidimensionale (al 5° posto, se si osserva la quota di famiglie toscane povere, ossia prive di adeguati livelli di salute, istruzione, lavoro, possesso beni durevoli, relazioni sociali, abitazione).

Tuttavia anche qui sopravvivono sacche di marginalità o comunque categorie di soggetti o famiglie che vivono peggio di altre o territori che scontano più alti livelli di povertà e che necessitano di opportune politiche di intervento.
Chi sono, dunque, oggi i poveri toscani? Stime IRPET evidenziano che la probabilità di appartenere ad una famiglia povera aumenta per le famiglie con minori (+20%), giovani (+3%) piuttosto che anziani (-3%), con un solo reddito o addirittura senza reddito (+66%), ed in affitto (+48%).

Nella nostra regione, inoltre, il rischio di permanere nella povertà è sufficientemente elevato (49 famiglie su 100 povere nel 2000 lo erano ancora nel 2002), anche se inferiore all’Italia ma maggiore rispetto al Nord, e non si limita ad un breve orizzonte temporale, ma si estende da padre a figlio con poche eccezioni. Chi proviene da una famiglia relativamente povera ha una probabilità di ritrovarsi nella stessa condizione del padre che è 3 volte superiore a quella degli altri individui; all’opposto chi nasce da una famiglia ricca ha una probabilità di esserlo a sua volta che è 2,3 volte a quella altrui; la chance di conseguire la laurea per i figli di laureati è 38 volte superiore a quella dei figli di non laureati, e la probabilità di avere la licenza elementare è 32 volte più alta per i figli di padre con licenza elementare rispetto ai figli con padre con grado di scolarizzazione maggiore.
A questo quadro è necessario aggiungere che la propensione delle famiglie toscane al risparmio è in forte calo negli ultimi dieci anni -passata dal 27% al 13%; oggi circa un 10% di famiglie hanno un risparmio negativo- e, fatto 100 il totale dei lavoratori, quelli precari hanno il 245% di possibilità di essere più poveri di quelli assunti stabilmente.
Il nostro territorio, inoltre, presenta una distribuzione infraregionale dei tenori di vita piuttosto differenziata; ci sono aree urbane e distretti che presentano un adeguato grado di sviluppo, insieme a territori che soffrono ritardi occupazionali e produttivi; valori quindi come quelli delle province di Massa Carrara (0,223) e Livorno (0,225) evidenziano una povertà più diffusa, intensa e grave, rispetto alle province di Firenze (0,134) e Siena (0,149) dove gli indici assumono valori più bassi.
Se si sposta l’attenzione su un più lungo arco temporale (dal 1997 al 2004) si osserva che le famiglie povere oggi sono più povere di ieri ( la distanza dalla soglia della povertà è salita dal 16% al 23%); è cambiata la composizione della povertà (oggi sono più giovani, più operai, più impiegati e meno pensionati e meno lavoratori autonomi).
Per il futuro, che cosa si prevede? Sicuramente una riduzione del ruolo distributivo svolto dalla famiglia (il reddito di cui ogni individuo dispone per il solo fatto di stare in famiglia diminuisce di 10punti percentuali) ed una popolazione più vecchia e quindi un livello medio del reddito più basso a parità di altre condizioni (-2%).

Inoltre sarà evidente una maggiore presenza degli immigrati -che già oggi costituiscono l’11% della fascia privilegiata nell’assegnazione e/o nella tariffazione per i servizi sociali e nel 2025 ne costituiranno almeno il 25%- che provocherà uno spiazzamento della popolazione autoctona nell’accesso alle prestazioni del welfare.

“Nella nostra regione secondo il rapporto dell’Irpet – ha sottolineato Salvadori – si vive meglio che nella maggioranza del paese ma questo non ci autorizza a dormire sonni tranquilli.

Le condizioni di povertà si stanno allargando, interessando categorie sociali che prima non erano coinvolte. Poi esistono forme di povertà nascoste, come le oltre 50 mila persone che ogni mese vivono grazie agli aiuti del Banco Alimentare. Questo non si desume dal rapporto ma costituisce la sostanza del problema. Occorre intervenire per far fronte all’invecchiamento della società e per questo abbiamo istituito un fondo per la non autosufficienza che partirà dal 1° gennaio 2008. La famiglia per noi è al centro dell’attenzione ma non in senso ideologico ma in quanto ad interventi concreti”.
Il cambiamento demografico, il sostegno alle famiglie con anziani e bambini, una maggiore equità.

Questi i temi toccati dal ministro Rosy Bindi durante la conclusione del convegno. “La Toscana ha più volte dimostrato di essere avanti rispetto al resto del paese per le politiche di welfare, spesso anticipando e stimolando scelte nazionali. Un esempio, il fondo per la non autosufficienza. Forse perché proprio in Toscana i dati relativi al cambiamento della famiglia (nuclei monofamiliari, separazioni, convivenze, tasso di natalità negativo) sono sopra alla media nazionale ed europea. A livello nazionale – ha aggiunto il ministro - stiamo assistendo alla rottura del legame tra generazioni, a persone anziane sempre più sole, all’impoverimento del cosiddetto ceto medio.

Chi pensa di sovvertire tutto questo con politiche sociali di lotta alla povertà ha sbagliato strada. Occorre fare grandi scelte sui pilastri fondanti del nostro sistema: lavoro, retribuzioni, fisco, mobilità sociale. Senza poi dimenticare le politche per i giovani, per il lavoro femminile, per l’università per la ricerca. E intervenire per valorizzare la risorsa immigrazione, perché non è aspettando la nascita di figli italiani che risolveremo i problemi dell’invecchiamento della nostra società nel breve periodo”.
Secondo il professore Livi Bacci “va cambiata la logica di sostegno alla famiglia.

Occorre riformare il welfare familiare in senso universalistico, come accade in altri paesi europei. Per questo però ci vorrebbe un governo con le spalle forti, per superare le opposizioni di determinate categorie”. Vinicio Albanesi infine ha criticato, anche con toni aspri, la rete assistenziale esistente. “Stiamo costruendo a nostra misura una rete che finisce soltanto per tutelare colore che tutelano. Ma le risorse messe a disposizione vanno effettivamente a chi ha bisogno? Quante intermediazioni ci sono prima che arrivino a queste persone? Le reti producono effetti soltanto se sostenute e valorizzate.

Purtroppo i costi per aiutare chi ha bisogno, soprattutto in termini di specializzazione, stanno aumentando. Adesso assistiamo circa il 10 per cento dei disagiati ma se non cambiamo le regole questa percentuale diminuirà”.

“Il ministro Bindi e l’assessore Salvadori vendono illusioni e demagogia”. E’ il primo commento della consigliera regionale di Forza Italia, Anna Maria Celesti, vicepresidente della commissione “Sanità”, alle dichiarazioni rilasciate dal ministro Bindi e dall’assessore della Regione Toscana Salvadori, nell’ambito di un convegno sulla condizione delle famiglie toscane svoltosi a Firenze.
“Ricordo all’On.

Bindi – prosegue Celesti – che la Finanziaria del suo Governo approvata ieri alla Camera, ha stanziato per il Fondo nazionale per non autosufficienti solo 100 milioni di euro per il 2007, a fronte di un fabbisogno stimato di oltre 4/5 miliardi di euro. Diventa difficile credere alle sue dichiarazioni che appaiono solo come facili intenzioni a cui non corrispondono i fatti, non avendo il Governo investito le risorse necessarie! Ciò è tanto più grave per la nostra regione dove il numero degli anziani non autosufficienti è superiore a 85.000, dei quali circa 65.000 non hanno l’assistenza socio-sanitaria adeguata e quindi gravano interamente e solamente sulle famiglie.
Non meraviglia comunque il comportamento dell’On.

Bindi – incalza Celesti – essendo anch’essa toscana e quindi abituata alla politica degli annunci, come anche l’assessore Salvadori. La Regione infatti nel Bilancio pluriennale 2007-2009 ha programmato per gli anziani non autosufficienti 100 milioni di euro nel 2007, 300 milioni di euro nel 2008 e 300 milioni nel 2009. La Toscana investe in proporzione più del Governo nazionale, ma ahimè, a parte le cifre annunciate sulla carta, non ci è dato sapere dove e come verranno reperiti i fondi! Sarebbe stato più corretto e opportuno affrontare senza demagogia il problema degli anziani non autosufficienti nella sua complessità – conclude Celesti - investendo fondi certi per garantire equità, solidarietà e soddisfacimento dei bisogni primari di assistenza sanitaria e di sostegno sociale e riconoscere un ruolo centrale alla famiglia come soggetto attivo, non solo nell’analisi del bisogno, ma anche nella partecipazione alla gestione dei servizi e delle iniziative ad essa rivolta”.

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