Ha realizzato il sondaggio Freni Ricerche di marketing, tra il 25 Febbraio e il 1 Marzo, tramite interviste telefoniche a 401 soggetti over 18.
La ricerca, volta a valutare la percezione della perdita del potere d’acquisto presso i cittadini toscani, è un’indagine che ha per oggetto il “sentiment” e cioè la percezione dei consumatori e i comportamenti di consumo che da questa percezione scaturiscono. La procedura attraverso la quale la massaia valuta la convenienza di un prezzo non è, evidentemente, di natura algoritmica (ad esempio, i consumatori non fanno certamente una media ponderata dei diversi prezzi).
A scanso di equivoci, premettiamo quindi che le risultanze della ricerca non pretendono di mettere in discussione l'esattezza scientifica del paniere ISTAT, ma, piuttosto, ad evidenziare la profondità dello scarto tra il livello di inflazione ufficiale e quello percepito. L'indice ufficiale del costo della vita non può spiegare la dimensione psicologica che determina le diverse tipologie di consumo in base al reddito, agli stili di vita e alle preferenze/esigenze dei diversi membri familiari ma anche, e soprattutto, in relazione alla visione che l’intervistato ha del proprio futuro economico.
Sembra verosimile che i consumatori mantengano sotto sorveglianza molto stretta i prezzi di alcuni prodotti specifici, la cui evoluzione si ripercuote con particolare intensità nella percezione del potere d'acquisto disponibile; sulla base delle risultanze dell'indagine, ad esempio, i prezzi di frutta e verdura, sottoposti per loro natura ad un'escursione di tipo climatico e stagionale, potrebbero appartenere a questo regime di osservazione iperacuta.
Altro comparto ad alta sensibilità sembra rappresentato dalle tariffe di quelli che erano una volta i servizi pubblici (gas, energia elettrica, telefono, acqua) che rappresentano appunto per i nostri intervistati una delle voci di maggiore sofferenza. Ci sembra interessante notare come, invece, la percezione di un notevole aumento dei prezzi delle abitazioni da parte dei cittadini non si discosti da quanto viene registrato dagli indicatori ufficiali (sia in Italia che negli altri grandi paesi dell'Unione Europea).
Percezione dell’evoluzione del potere d’acquisto
Assistiamo ad una percezione generalizzata di riduzione del tenore di vita; questa almeno è l’opinione di più 2 toscani su 3; il 13% ha definito la propria situazione come molto peggiorata rispetto all’anno precedente.
Difficile far quadrare il bilancio familiare.
Hanno constatato un miglioramento il 2% dei toscani mentre circa 1 su 4 giudica la situazione economica personale invariata.
La percezione critica si accentua con l’età e diventa ancora più pesante dopo i 45 anni. Fra gli over 65 coloro che lamentano un deterioramento del potere economico negli ultimi 12 mesi sono circa 4 su 5.
La percezione di un aggravamento della situazione economica personale si aggrava tra le fasce di popolazione meno scolarizzate (il dato risulta correlato alla condizione socio-economica più esposta e debole).
I pensionati innanzitutto ed in genere gli abitanti dei capoluoghi avvertono un maggiore deterioramento del proprio status economico.
Immagini di disporre di una mensilità in più…
Per testare l’atteggiamento nei confronti dei consumi e la propensione agli acquisti abbiamo sollecitato i nostri intervistati ad ipotizzare di disporre di una mensilità in più rispetto a quelle effettive e ad indicarne l’utilizzo.
Dalle risposte degli intervistati si evince una stretta sorveglianza del bilancio familiare, con un diffuso orientamento a sacrificare, o rimandare, gli acquisti considerati non indispensabili; le famiglie, specie quelle monoreddito, sotto la spinta della perdita di potere d’acquisto, si sentono disincentivate a consumare.
Di fronte alla prospettiva di una mensilità supplementare la maggioranza sembra propendere per il risparmio; la quota del 25% che, invece, destinerebbe la mensilità supplementare ad un ulteriore acquisto, sembrerebbe evidenziare una compressione delle esigenze di spesa per mantenere l’equilibrio del bilancio familiare.
Circa un intervistato su 6 si è espresso, invece, in favore di un acquisto rinviato da tempo, manifestando l’orientamento a rimandare, sotto la percezione della diminuzione del potere di acquisto, ad un momento più favorevole le esigenze di consumo non inderogabili.
Un quota esigua, ma non trascurabile (7%) userebbe la mensilità in più per ridurre i debiti accumulati; si tratta di circa 100mila famiglie toscane.
Gli atteggiamenti degli intervistati sembrano manifestare sia inquietudine nei confronti di quello che il futuro prepara sia una tendenza alla rinuncia al consumo in favore di qualche sicurezza in più.
Solo nel segmento dei giovani fino a 35 anni si registra una certa spinta al consumo (1 su 5).
Provi ad immaginare una spesa imprevista pari ad una mensilità…
Abbiamo prospettato, per valutarne le reazioni, ai nostri intervistati l’arrivo di una spesa inattesa pari ad una mensilità.
Un importo non esorbitante ma non trascurabile, che ogni intervistato relativizzava all’entità del proprio reddito.
In effetti il risparmio rappresenta per l’economia familiare il sistema di sicurezza in caso di situazioni inattese; a fronte di una spesa imprevista corrispondente ad una mensilità quasi 1 famiglia su 2 potrebbe attingere dai risparmi accantonati; il 5% delle famiglie dispone invece di denaro in più per affrontare gli imprevisti mentre una su 4 invece sarebbe costretta a ridurre le spese correnti.
Il 10% delle famiglie toscane sarebbero costrette a chiedere un prestito mentre una quota quasi analoga (9%), non saprebbe come affrontare la situazione imprevista.
Questa quota di popolazione più precaria si concentra nella fascia d’età più avanzata (17% degli over 65, gruppo sociale che pesa oltre il 25% della popolazione toscana). Questa fascia non solo non dispone di risparmi ma risulta costretta alla riduzione dei consumi: “non si arriva adesso a fine mese, figuriamoci con una spesa imprevista!”
L’evoluzione dei prezzi
Contraddicendo le cifre prodotte dall’ISTAT nella percezione di gran parte dei toscani nel corso degli ultimi 12 mesi si è registrato un aumento generalizzato dei prezzi in tutti i comparti; spicca però la particolare intensità dell’aumento per frutta e verdura, tariffe, ristoranti e, soprattutto, quello per le abitazioni.
Significativo anche l’incremento dell’imposizione fiscale, specialmente quella a livello locale. Verosimilmente questa convinzione di un aumento senza controllo dei prezzi di beni e servizi rappresenta una delle principali motivazioni della percezione di un impoverimento; anche il fatto che l’economia italiana continui a stentare mentre “in altri paesi c’è stata una crescita economica impetuosa” contribuisce a deprimere il sentiment economico dei toscani.
Le responsabilità per l’aumento dei prezzi
Nella percezione prevalente dei cittadini toscani le responsabilità sono da addebitare in primo luogo al governo ed in seconda battuta ai commercianti; la principale critica nei confronti del governo è rappresentata dalla mancanza di un controllo sulla stabilità dei prezzi e dal mancato intervento: “il governo non ha controllato i commercianti”, “il governo non controlla i prezzi”, “c’è stata negligenza e approfittamento da parte del governo”, “comunque la colpa è sempre di chi comanda”.
Da una parte degli intervistati viene rimproverata al governo anche una politica economica inefficace o anche dannosa; altri hanno addebitato al governo anche l’introduzione dell’Euro: “colpa del governo che ha voluto mettere l’Euro”, “il governo non doveva entrare nell’Euro”.
Responsabilità per gli aumenti dei prezzi viene attribuita anche ad una parte almeno dei commercianti, percepiti come profittatori del disorientamento dei consumatori conseguente all’introduzione dell’Euro: “con l’entrata in vigore dell’Euro tutto è raddoppiato, i commercianti ne hanno approfittato”, “con l’entrata in vigore dell’Euro tutto è raddoppiato ed i commercianti ci guadagnano sopra”, “non sanno gestire l'Euro, invece di 1.000 Lire mettono 1 Euro”.
Alcuni intervistati hanno espresso comunque un atteggiamento di maggiore comprensione per le difficoltà del commercio, almeno quello al dettaglio: “con l’apertura dei centri commerciali il piccolo negozio ne ha risentito e ha aumentato i prezzi”, “colpa dei centri commerciali che fanno chiudere i piccoli negozi”, “i negozianti devono affrontare le loro spese, non sono loro i colpevoli”.
A livello di responsabilità per l’aumento dei prezzi c’è la tendenza ad identificare l’Unione Europea con la moneta unica, l’Euro, che spesso viene percepita all’origine della perdita del potere d’acquisto; in effetti, ripetutamente, gli intervistati hanno fatto risalire l’aumento dei prezzi all’introduzione dell’Euro: “con l’Euro tutto è raddoppiato; i primi 3 mesi non me ne sono accorto, poi dopo tutto è aumentato”, “prendo lo stipendio in Lire ma spendo in Euro!”, “con l’Euro persino le mie figlie hanno preteso che la loro paghetta venisse raddoppiata!”.
Nella percezione di numerosi intervistati il rapporto temporale tra l’adozione della moneta unica e l’aumento dei prezzi tende a divenire nesso causale: “l’Euro ci ha fregato tutti”, “l’Euro è stato la rovina”, “dopo l’Euro non si vive più”.
Assistiamo ad una interessante divaricazione nelle attribuzioni delle responsabilità dell’aumento dei prezzi; mentre i giovani tendono ad attribuire le responsabilità alla categoria dei commercianti le fasce d’età intermedia fanno riferimento all’operato del governo.
I dipendenti addebitano la perdita del potere d’acquisto alle politiche governative mentre i professionisti e gli autonomi indicano le politiche dell’EU e l’introduzione dell’Euro.
Analizzando il dato disaggregato per province constatiamo un intensificarsi degli addebiti per la situazione economica al governo nelle zone di Massa e Livorno mentre la responsabilità dei commercianti per gli aumenti si accentua sia a Livorno che a Firenze.
Il peso della responsabilità per l’aumento dei prezzi
Abbiamo sollecitato i nostri interlocutori anche ad attribuire una quota di peso percentuale alla responsabilità (posta uguale a 100 la responsabilità complessiva).
Se al governo viene addebitato poco meno del 50% ed ai commercianti quasi un quarto delle responsabilità, risulta cospicuo anche il carico di responsabilità attribuito all’Unione Europea e all’Euro (nella percezione degli intervistati, come già segnalato, risultano, di regola, sovrapposti) con una quota pressoché analoga a quella assegnata ai commercianti. Ridotta al minimo risulta, invece la quota di responsabilità per l’aumento dei prezzi assegnata agli enti locali: solo 5% (nonostante la notevole percezione dell’aumento dell’imposizione locale).