Firenze, 28 agosto 2020 – Pici all’aglione, cibreo, acquacotta, cacciucco, polente più o meno condite, stufati e bolliti, mille torte dolci e salate: la cosiddetta cucina “povera”, ben radicata nella tradizione regionale, ci ha regalato manicaretti oggi ricercati e celebrati, dai locali come dai turisti. A queste specialità e alla loro origine è dedicato il nuovo saggio di Maria Concetta Salemi intitolato Poveri toscani (pp. 144, euro 12), in uscita il 1° settembre per l’editrice Sarnus nella collana «La Cuccagna».
L’autrice, studiosa di cultura del cibo con moltissime pubblicazioni all’attivo tra cui il recente Mangiare nel Medioevo (2018), si concentra adesso sull’arte di trasformare la scarsità in ricette straordinarie. “I poveri toscani di cui mi occupo”, spiega, “sono in realtà quelli che potevano esercitare la loro abilità gastronomica trasformando il poco che avevano in veri capolavori, frutto di una cucina sana, leggera, a volte persino avara, fondata sulla naturalezza e la semplicità”.
Una cucina che si affidava all’olio “bono”, di colore scuro e sapore intenso, ai profumi dell’orto, alle erbe selvatiche, ai prodotti del bosco e della palude, al pane bigio e compatto da utilizzare fino all’ultima briciola, ai tagli di carne meno costosi se non addirittura al meraviglioso “quinto quarto” (le frattaglie), ai pescetti liscosi rimasti sul fondo delle reti. Il libro è un gustoso viaggio che prende le mosse dalla geografia, mostrandoci il territorio toscano col suo bagaglio di storia e tradizioni, per passare poi alle ricette: una selezione di manicaretti di cui l’autrice ci mostra origine ed etimologia, varianti storiche e declinazioni territoriali.
Senza però dimenticare la preparazione, poiché anche la gola vuole la sua parte.