Aveva fatto il giro del mondo la notizia che a Siena, nei laboratori di Toscana Life Sciences, era stata fatta la ricerca per il nuovo anticorpo monoclonale anticovid e che Menarini, eccellenza mondiale della farmaceutica con sede a Firenze, avrebbe prodotto il farmaco, ma ora la vicenda è finita in tribunale. Menarini reclama il pagamento per le 200 mila dosi richieste e ritirate e anche per quelle, altre 200 mila, che sarebbero state custodite dall’azienda fiorentina.
Menarini, che fa capo alla famiglia Aleotti, ha intimato alla Fondazione Tls e alla Tls sviluppo srl di pagare 23 milioni di euro. L’atto di citazione davanti al tribunale di Roma è già stato notificato alle “due” Tls e qui la situazione si ingarbuglia. La Fondazione Tls attraverso il direttore generale Andrea Paolini ha scaricato la responsabilità su Tls sviluppo, una srl con capitale sociale di 14.500 euro, di cui 9.787 in capo a Fondazione Tls, 4.350 all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa e 362,50 a Satus, una società strumentale della Fondazione Monte dei Paschi.
Una vicenda che ancora non è terminata, eppure l’inizio era avvenuto sotto i migliori auspici: nel 2020 arrivò a Siena il ministro della salute Roberto Speranza che annunciò uno stanziamento di 50 milioni per lo sviluppo della cura. L’allora presidente della Regione Toscana Enrico Rossi in un post su Facebook scrisse che “sarà un laboratorio di ricerca dentro la Fondazione Toscana Life Sciences, a Siena, a sviluppare il farmaco e sarà poi l’industria farmaceutiche Menarini, anch’essa toscana, a produrre i primi lotti. Per questa iniziativa il centro regionale di ricerca si colloca nel mondo tra i primi dieci centri impegnati nella definizione di cure per Covid 19”. C’era anche un sano campanilismo toscano in queste dichiarazioni, ma nel Granducato ora volano gli stracci, anzi le carte bollate.