Emergenza meteo: l’orgoglio toscano

La macchina pubblica si è mossa bene stavolta, a partire dall’allerta rossa diramata alla popolazione

Nicola
Nicola Novelli
16 Marzo 2025 19:05
Emergenza meteo: l’orgoglio toscano

FIRENZE- 48 ore straordinarie, con precipitazioni doppie rispetto a quelle medie del mese di marzo. Eppure la Toscana ha fronteggiato l’emergenza con tempismo e la macchina pubblica sembra essersi mossa bene stavolta, a partire dall’allerta rossa diramata alla popolazione.

Il Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale, fiore all’occhiello della meteorologia italiana, ha previsto tempestivamente la situazione di pericolo che si stava profilando. Dando il tempo agli enti territoriali di valutare il da farsi.

L’allerta è stato recepito dai Comuni che giovedì sera si sono precipitati a dare disposizioni speciali ai residenti, disponendo la chiusura delle scuole e di tutte le attività pubbliche differibili. Immaginate cosa sarebbe stato il venerdì pomeriggio sul territorio se tanta gente non avesse potuto restare a casa grazie alle ordinanze dei sindaci? Avremmo avuto le strade intasate di automobili in fuga dalle aree di emergenza, proprio mentre le squadre di protezione civile dovevano avvicinarsi.

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In quelle stesse ore le autorità regionali hanno potuto manovrare le opere strategiche di cui dispone la Toscana, per dosare almeno parzialmente i flussi di piena verso i corsi d’acqua maggiori. Lo Scolmatore d'Arno, le casse di espansione di Roffia, hanno abbattuto l’ondata di piena dell’Arno, evitando danni enormi e proteggendo le città. Così come il sistema di Ponte alle Vanne sull’Ombrone pistoiese e tutti gli impianti idrovori e casse minori.

Nonostante la dimensione interprovinciale delle aree bombardate dalle precipitazioni le conseguenze sono state limitate, anche se la conta dei danni è ancora in corso.

Dunque un’esperienza soddisfacente, che pone la regione all’avanguardia del paese per capacità di previsione, intervento e protezione. Il pensiero che devono avere avuto in tanti nei giorni scorsi è probabilmente di sollievo per vivere in una regione, che vanta un'invidiabile Protezione Civile e le centinaia di associazioni di volontariato che ne fanno parte.

Tutto positivo? Non è possibile dirlo. A mancare sembra essere sopratutto la consapevolezza del cambiamento climatico a livello di opinione pubblica. Due aspetti.

Il primo di cultura scientifica. Si è sentito anche stavolta invocare la mancata pulizia degli argini. Ma da tempo gli esperti spiegano che davanti alla quantità di acqua che cade in certe occasioni, i corsi d’acqua non sono in grado di smaltire tutto il flusso. Tra l’altro gli alvei dei fiumi non sono mai stati così profondi e sgombri di residui come negli ultimi decenni. Nei secoli passati il disboscamento intensivo per le attività economiche e il riscaldamento riempiva il letto dei corsi d’acqua di materiale di scarto della lavorazione del legname. E proprio la presenza di ostacoli materiali rallentava la velocità e la potenza delle pieni, riducendo la violenza dei danni che invece oggi si verificano.

La questione più complessa è però la presa d’atto che qualcosa è cambiato e che lo sviluppo antropico specie nelle pianure è incompatibile con la sicurezza e l’incolumità delle persone. Troppi edifici, troppi sbarramenti in cemento armato, troppi capannoni, piani terra, scantinati, garage e cortili sotto il livello dei corsi d’acqua vicini. Con il rischio ricorrente di essere inondati e sommersi. E’ sorprendente sentire ancora parlare di attività di impresa non tutelate contro gli imprevisti, quando tra 15 giorni entra in vigore l’obbligo assicurativo contro gli eventi catastrofali. Quante aziende toscane danneggiate nelle scorse ore non erano ancora dotate di una polizza?

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