Moda: Bally studio chiude e licenzia 55 dipendenti a Lastra a Signa

Il sindaco Caporaso: "Solidarietà ai dipendenti, ho già contattato la Regione per attivare un tavolo di crisi"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 dicembre 2024 16:18
Moda: Bally studio chiude e licenzia 55 dipendenti a Lastra a Signa

Giovedì sera il rappresentante legale della Bally Studio srl di proprietà Regent LP, fondo di investimento Californiano subentrato da qualche mese come proprietario, ha comunicato la chiusura dello stabilimento di Lastra a Signa. Chiusura che avviene, nei piani dell’azienda, senza aver utilizzato nessun tipo di ammortizzatori sociali.

"Riteniamo questo percorso, che arriva alla fine di scelte aziendali non adeguate, inaccettabile, sbagliato e non praticabile -dichiarano Mauro Faticanti, Cgil e Yuri Vigiani, Filcams Cgil Firenze- La Bally Studio srl non è una azienda contoterzista, ma un vero e proprio Brand che produce a nome proprio abbigliamento, borse e piccola pelletteria. Siamo dunque di fronte al primo Brand che a fronte della crisi della pelletteria sceglie di scomparire lasciando 55 persone senza alcuna soluzione.

Come CGIL e Filcams chiediamo l’apertura di un tavolo alla unità di crisi della regione Toscana in cui porremo il ritiro dei licenziamenti e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Siamo assolutamente contrari a questo tipo di scelte, chiediamo alla Regione Toscana di essere al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici dichiarando inaccettabili i licenziamenti come strumento per la gestione della crisi nel settore della pelletteria.

Il Governo nazionale con la sua non azione si sta assumendo la responsabilità di un massacro sociale, ribadiamo le nostre richieste, già avanzate ai vari tavoli da Roma in giù, di dotarsi di una politica industriale degna di questo nome e finanziare nuovi e concreti ammortizzatori sociali, per tutti i settori coinvolti, adeguati alla gravità della crisi.

La salvaguardia della filiera produttiva della pelletteria del territorio deve essere protetta proprio a partire dalle sue capacità produttive e impiantistiche. Chiudere significa impoverire un territorio in maniera irreversibile.

Alle Associazioni datoriali, a partire da Confindustria chiediamo di agire un ruolo di responsabilità e l’apertura di un tavolo per la gestione complessiva delle crisi.Ai Principali brand del lusso presenti sul nostro territorio chiediamo esplicitamente di non seguire questa strada, di assumersi le proprie responsabilità e di confrontarsi con noi su soluzioni socialmente sostenibili.

Martedì prossimo ci sarà l’assemblea nella quale proporremo iniziative di lotta alle quali si affiancheranno i lavoratori delegati di tutto il distretto della pelletteria a difesa dei lavoratori della Bally studio srl. Difenderemo il distretto fiorentino da chi pensa che la crisi la debbano pagare le lavoratrici ed i lavoratori. Chiediamo a tutti i soggetti, istituzionali, politici di dimostrare concretamente da che parte stare".

"Voglio esprimere prima di tutto la mia solidarietà e vicinanza ai 55 dipendenti tra lavoratrici e lavoratori che si sono visti togliere il lavoro senza che sia stata attivata, in questa prima fase, la Cig o altre tipologie di ammortizzatori sociali. Ho già contattato la Regione affinché si possa arrivare, nel più breve tempo possibile, all'apertura di un tavolo di crisi, come richiesto anche dai sindacati".E' quanto ha dichiarato il sindaco di Lastra a Signa Emanuele Caporaso dopo aver appreso la notizia della chiusura dello stabilimento lastrigiano di Bally Studio in via dei Ceramisti, con il conseguente licenziamento dei 55 dipendenti."Nel tardo pomeriggio di mercoledì -spiega il sindaco- Mauro Faticanti di Cgil Firenze mi ha avvertito che vi erano grosse problematiche legate al proseguimento dell'attività di Bally Studio Srl sul territorio lastrigiano.

Tali problematiche si sono poi rivelate nella loro gravità con la comunicazione da parte della proprietà di procedere alla chiusura del sito produttivo".

"Sarà fondamentale in questa prima fase dare un sostegno ai lavoratori e scongiurare da una parte il licenziamento diretto e dall'altra lavorare per preservare l'impianto di produzione. È evidente - conclude Caporaso- che questa vicenda si innesta in una situazione di crisi drammatica che il settore moda sta attraversando ed è fondamentale evitare che la metodica utilizzata dalla proprietà in questa circostanza possa essere applicata ad altre aziende del settore".

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