di Nicola Novelli Direttore responsabile di Nove da Firenze FIRENZE- “Un operatore di polizia libero dal servizio, percorrendo Via del Pesciolino, notava due soggetti di probabile etnia rom a bordo di un ciclomotore di colore scuro” si leggeva nei giorni scorsi in un comunicato stampa della Questura di Firenze. Nonostante i ritmi frenetici delle redazioni giornalistiche la frase non è passata inosservata: che significa infatti “probabile etnia rom”? L'identità etnica degli individui è un evidente indizio di colpevolezza? Oppure una aggravante che corrobora i sospetti degli inquirenti? Spesso i comunicati stampa delle forze dell'ordine descrivono denunciati e arrestati con attribuzioni etniche, o identità nazionali, come si trattasse di segni particolari, o connotazioni somatiche.
Ma stavolta l'espressione ha sfiorato il ridicolo. Seguitando di questo passo, ai prossimi arresti c'è da attendersi espressioni del tipo “presunto nordafricano”, o “sospettato di origini balcaniche”. Non è l'unico caso di comunicazione istituzionale su cui riflettere. E' di una decina di giorni fa la notizia diramata dal Compartimento Polizia Stradale Toscana che due agenti della Polstrada di Firenze avevano salvato la vita di una bambina con in gola una pinzetta, salvandola dal soffocamento, grazie a provvidenziali manipolazioni.
Ma successivamente la madre della bambina aveva smentito la notizia, riattribuendosi la manovra medica che aveva imparato in occasione di un corso della CNA. Tanto che la Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia si è sentita in obbligo di stigmatizzare l'accaduto. Ben inteso, non stiamo parlando di fatti che possano incrinare il prestigio delle istituzioni di pubblica sicurezza, o la fiducia dei cittadini. Ma in qualche ufficio delle polizie, che diffonde notizie di interesse pubblico, non farebbe male una scorsa ai principi elementari della professione giornalistica e a qualche norma deontologica scritta da esperti redattori.
Secoli di errori saranno serviti a qualcosa?