Gli avori barocchi, nella loro importanza artistica internazionale, non sono mai stati oggetto né in Italia né all’estero di una grande esposizione, e la mostra ”Diafane passioni. Avori barocchi dalle corti europee” rappresenta la prima occasione per ovviare a questa lacuna. E non è un caso che questa prima esposizione avvenga a Firenze, al Museo degli Argenti, dove si trova la più estesa e formidabile raccolta storica di avori. La mostra espone quasi centocinquanta pezzi, e unisce i tesori fiorentini a pregevoli esemplari provenienti dai più importanti musei stranieri e ad altri avori mai visti prima, custoditi in collezioni private.
In qualche modo l'esposizione realizza un nuovo capitolo della storia dell’arte: un capitolo mai studiato prima, soprattutto nel suo aspetto “internazionale”, così peculiare del collezionismo mediceo. La mostra si articola in varie sezioni che percorrono l’arte dell’avorio dal Quattrocento, quando catturò l’attenzione di Lorenzo il Magnifico, al maturo Rinascimento, fino all’esplosione del Barocco con opere degli scultori fiamminghi e tedeschi più famosi del periodo. Dalla metà del '500, per circa due secoli, la scultura in avorio fu apprezzata e ricercata dalle corti europee come una delle massime forme di espressione artistica. I più importanti scultori del periodo, in Italia e nei paesi transalpini, ma anche nelle colonie portoghesi e spagnole, si cimentarono in questa tecnica raffinatissima e difficile, che univa alla perizia artistica la preziosità della materia prima.
In quest’ambito, l'Italia giocava un ruolo chiave. E un ruolo particolare lo ebbe Ferdinando I de' Medici che iniziò una delle più spettacolari collezioni di avori in Europa, la quale continuò ad arricchirsi fino al tramonto della dinastia, raggiungendo numerose centinaia di esemplari. Per quantità, per qualità e importanza dal punto di vista storico artistico, la raccolta medicea raggiunse livelli pari solo a quelli della corte imperiale di Vienna e di quella principesca di Dresda. Nella mostra, a cura di Eike Schmidt e Maria Sframeli, sono esposte opere realizzate dalle botteghe più importanti, nate soprattutto in Italia grazie agli scambi mercantili con l'Africa e l'Asia fioriti nella Rinascenza.
Ogni aspetto dell'arte figurativa e astratta è riflesso nei capolavori eburnei fiorentini: coppe e rilievi, composizioni mitologiche e scene di genere, santi e ritratti di principesse, scarabattole e torri tornite. Nel percorso espositivo, articolato in varie sezioni, rivive questa passione collezionistica, da Lorenzo il Magnifico per arrivare al maturo Rinascimento, fino all'esplosione del Barocco con opere degli scultori fiamminghi e tedeschi più famosi del periodo, da Leonhard Kern a Francois du Quesnoy, da Georg Petel a Balthasar Permoser.
L'importante rassegna, visitabile sino al 3 novembre, è stata promossa e realizzata dalla Direzione Regionale del Mibac, dalla Soprintendenza di Firenze, dal Museo degli Argenti, da Firenze Musei e dall'Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Alessandro Lazzeri