L’indagine sulle imprese manifatturiere toscane, condotta da Unioncamere Toscana e Confindustria Toscana nei primi tre mesi dell’anno, mostra il permanere di condizioni critiche per il sistema manifatturiero regionale. Solo le medie imprese (50-249 addetti) hanno dato maggiore prova di resistenza, con un calo della produzione contenuto (-1,6%) rispetto a un quadro complessivo che vede le piccole e le grandi imprese accusare rispettivamente un calo del 6,3% e del 5,3%. La fase recessiva innescatasi a fine 2011 - pur non eguagliando la prima ondata della crisi per ampiezza della caduta - rischia di raggiungerla per durata: si tratta, infatti, della sesta contrazione consecutiva (erano state otto nel biennio 2008-2009); e non s’intravedono in Toscana, come nel resto d’Italia, segnali che preannuncino l’avvio della ripresa.
La crisi sta imperversando su un sistema produttivo fiaccato dalla precedente recessione e dalle persistenti difficoltà sul fronte dell’accesso al credito; e molte imprese, che finora avevano mantenuto i livelli occupazionali, stanno iniziando a intervenire sugli organici. Deboli gli indicatori di domanda. Si riducono a livello aggregato i livelli occupazionali La maggior parte degli indicatori mostra un sistema manifatturiero in affanno, nel quale gli unici spunti positivi vengono ancora una volta dalla domanda estera, pure in rallentamento.
L’anno 2013 è iniziato con un calo del fatturato del 5,6% (nel corso del 2012, si era registrata una variazione media del -4,9%). Le vendite all’estero si sono mantenute in terreno positivo, ma la debole crescita registrata sui mercati esteri, che scende al +1,0% dal +1,4% del precedente trimestre, non riesce ad arginare il crollo della domanda interna. La debolezza della domanda si riflette sulla dinamica dei prezzi alla produzione, particolarmente contenuta (+0,4%) nel tentativo di difendere le quote di mercato acquisite. Gli indicatori anticipatori del ciclo non preannunciano alcuna svolta di tendenza: il portafoglio ordini delle imprese subisce una nuova contrazione (-4,5%), con una crescita della componente estera sempre più esigua (+0,6%), assicurando nel complesso 70,9 giorni di produzione a fronte dei 74,0 del primo trimestre 2012.
In tale ottica, occorre sottolineare il dato dei settori che più operano su commesse di medio-lungo periodo: nel caso dei comparti dell’ingegneria meccanica ed elettronica il calo degli ordinativi (-6,1%) è infatti più accentuato rispetto alla media del manifatturiero. Segnali preoccupanti giungono dalla dinamica degli occupati: per la prima volta da fine 2010 l’indagine ha, infatti, rilevato una riduzione degli addetti, pari allo 0,7% nei primi tre mesi dell’anno rispetto al medesimo periodo del 2012.
A questo calo si aggiunge un aumento del 36% delle ore di Cassa Integrazione autorizzate nel trimestre. Si conferma la maggiore capacità di tenuta delle imprese di medie dimensioni Sul peggioramento del mercato del lavoro hanno pesato le grandi imprese (oltre 250 addetti). Per la prima volta in questa seconda fase recessiva, il calo produttivo si è ripercosso con vigore sugli organici delle imprese più strutturate (-2,1%). Più grave della contrazione della produzione (-5,3%), è stato il crollo degli indicatori di domanda (-12,3% il fatturato; -8,6% gli ordinativi).
Il primo trimestre 2013 ha visto inoltre un minore dinamismo delle grandi imprese sui mercati internazionali, con cali sia nel fatturato (-3,8%), sia negli ordinativi (-4,2%). Anche le piccole imprese (10-49 addetti) hanno aperto il 2013 in ‘continuità’ con l’anno precedente, realizzando perdite consistenti sia nella produzione (-6,3%) che nel fatturato (-6,1%). Recuperano terreno solo gli ordinativi esteri, cresciuti dell’1,6% rispetto al primo trimestre del 2012, mentre sono ancora in calo gli ordini totali (-5,3%).
L’occupazione, scivolata in terreno negativo già dal terzo trimestre dell’anno passato, vede un calo dello 0,9%. Soltanto le medie imprese (50-249 addetti) hanno dato prova di una maggiore capacità di resistenza nei confronti della fase congiunturale, con contrazioni della produzione (-1,6%) e del fatturato (-0,9%) relativamente contenute, mantenendo sostanzialmente stabili i livelli occupazionali (+0,5%). Nel portafoglio ordini (che si riduce nel complesso dell’1,2%) viene, però, meno il traino della domanda estera, con una riduzione dello 0,4% che segue il consistente incremento rilevato negli ultimi tre mesi del 2012 (+5,2%). Perdite diffuse per la quasi totalità dei settori monitorati La contrazione della produzione ha coinvolto la maggior parte dei settori analizzati, con la sola eccezione della farmaceutica che, grazie all’ampliamento produttivo di un’importante impresa del comparto, ha messo a segno un nuovo incremento (+13,2%).
Tra i restanti settori, solo il comparto alimentare (-3,2%) e le calzature (-1,2%) hanno contenuto la flessione della produzione, molto ampia per tutte le restanti componenti del manifatturiero regionale. Le perdite più gravi sono accusate dai comparti del tessile (-9,6%), dell’abbigliamento (-8,3%), del legno e mobilio (-9,3%), dei metalli (-7,4%), dei mezzi di trasporto (-7,3%), dell’elettronica (-7,2%) e dei minerali non metalliferi (-6,9%). Peggiora anche la pelletteria, con la produzione in calo del 5,5% dopo il lieve incremento rilevato a fine del 2012 (+0,4%).
Le unità locali della chimica e quelle della meccanica, infine, perdono entrambi il 4,4%. Aspettative sul II trimestre 2013 ancora di segno negativo, sebbene in leggera attenuazione Le indicazioni degli imprenditori in merito al secondo trimestre 2013 segnalano il permanere di un clima di fiducia prevalentemente negativo, anche se con segnali di “rasserenamento” rispetto a fine 2012. Il saldo perequato tra “ottimisti” e “pessimisti” in merito alla dinamica di produzione, domanda (interna ed estera) e occupazione è ancora negativo di otto punti percentuali, con una risalita rispetto al -10 registrato nel corso delle due precedenti rilevazioni. Tutti gli indicatori “di base” contribuiscono al miglioramento del sentiment degli operatori; ma sono soprattutto le aspettative sulla dinamica della domanda estera a segnare un deciso recupero, passando da -4 a -2 punti percentuali.
Resta invece diffuso il pessimismo sul fronte dell’evoluzione del mercato interno, con un saldo negativo (-16 punti percentuali). Le indicazioni degli imprenditori confermano come la situazione resti recessiva: l’attenuazione dei segni negativi sulle variabili che esprimono la dinamica delle aspettative imprenditoriali può, tuttavia, preludere ad una fase di assestamento del ciclo economico, necessaria premessa all’avvio di una ripresa, destinata a concretizzarsi non prima del 2014. "I numeri dell'economia confermano che la Toscana è ancora in piena emergenza -è il commento presidente Pacini- Ci sono timidi segnali di fine caduta: ma si tratta dell’avvio della risalita, più che dei germogli di una vera ripresa.
Nuova crescita industriale e lavoro sono le priorità su cui concentrare tutti gli sforzi, anche in Toscana; e devono andare di pari passo, perché sei trimestri consecutivi di "segni meno" cominciano ad avere effetti rilevanti sull’occupazione, mettendo a dura prova la tenuta del nostro tessuto sociale. Il nuovo downgrading dell’Italia rischia di aprire un'estate di turbolenze finanziarie come quella di due anni fa, che il sistema economico non può assolutamente permettersi. Ma gli spread che davvero preoccupano sono quelli di competitività, produttività e attrattività che continuano a zavorrare anche lo sviluppo della Toscana e il lavoro degli imprenditori.
La svolta richiederà un cambio di marcia sul piano delle decisioni e delle realizzazioni. E’ indispensabile una terapia d’urto per rimettere in moto sia l’impresa, sia l’occupazione, anche a livello regionale, con le politiche industriali che devono tornare saldamente al centro dell’agenda pubblica, a tutti i livelli. Sottolineando che un’economia manifatturiera come la nostra – che resta fra le più importanti del Paese – ha bisogno sia di una maggiore efficienza ed efficacia del sistema promozionale, con Toscana Promozione; sia del rilancio operativo di Fiditoscana: sono entrambi strumenti indispensabili e strategici per la ripresa".