“Amarti ora e sempre” sono le parole con le quali Gabriele D’Annunzio dedicò l’opera teatrale “Francesca da Rimini” alla sua amata, Eleonora Duse, che avrebbe portato quel dramma sulle scene di tutto il mondo. Un amore struggente e appassionato che legò per una decina d’anni due protagonisti della vita culturale italiana a cavallo tra Otto e Novecento la cui fama è rimasta immutata fino a i nostri giorni. Vallecchi ha voluto celebrare questo personaggio femminile apprezzato e molto amato a livello internazionale e che ha fatto conoscere il teatro italiano nel mondo, con la stilografica “Eleonora Duse”, un raffinato gioiello per la scrittura dedicato al pubblico femminile. Una personalità molto complessa è quella della “Divina” Eleonora, per l’autonomia creativa e lo spirito con il quale inaugurò un nuovo modo di fare teatro, ma anche per la capacità imprenditoriale e organizzativa non comune per quel periodo.
Numerosissime le tournée in Sud America, Egitto, Stati Uniti, Inghilterra, Russia e in tutta Europa che fecero di lei una delle figure più importanti per la promozione all’estero della cultura dell’Italia post-unitaria. Una figura la cui fama è destinata a superare il vincolo della scena, grazie ai rapporti di stima e di amicizia con numerosi personaggi della cultura internazionale del tempo, da Luigi Pirandello a George Bernard Shaw, da Auguste Rodin a Laurence Alma Tadema, Mariano Fortuny e tantissimi altri. Firenze fa da cornice a questo tempestoso legame amoroso e artistico.
Gabriele D’Annunzio nel 1898 affitterà a villa trecentesca della Capponcina nei pressi di Settignano per essere più vicino alla sua Eleonora che si era stabilita alla Porziuncola. Di questo periodo abbiamo la testimonianza di Benigno Palmerio in un libro, edito da Vallecchi nel 1938, “ Con D’Annunzio alla Capponcina” che in merito alla composizione della “Francesca da Rimini”, siamo nel 1901, così scrive: “L’estate di quell’anno Gabriele la passò alla Versiliana, tra Viareggio e Pietrasanta, dove con accanto la Duse, scrisse la “Francesca da Rimini”.
Riempita l’ultima cartella, aveva telegrafato a un organizzatore operaio di Viareggio: “ Ha terminato oggi la sua grande fatica l’operaio della parola Gabriele D’Annunzio”. Dopo la metà di settembre andò sulle Apuane per assistere allo scoppio di una grande mina, suo vecchio desiderio; e tornò a Firenze. Il primo d’ottobre, in un ristrettissimo cerchio di amici lesse la “Francesca” agli attori prescelti per la rappresentazione. Eleonora Duse, alla quale il lavoro era dedicato, fu fatta segno a manifestazioni di particolare cordialità.
E la rivedo ancora tutta soddisfatta e raggiante , adorna, in onore dell’avvenimento, di tutte le sue gioie più preziose. La “Francesca” fu data al Costanzi la sera del 9 dicembre 1901, con intermezzi musicali del maestro Antonio Scontrino. Purtroppo non ebbe l’esito che tutti credevano e speravano. Parve troppo lunga. Eseguiti i necessari tagli, con molta sofferenza di D’Annunzio, l’opera potè riprendere il suo corso trionfale di teatro in teatro, prima attraverso tutta l’Italia e poi per il vasto mondo.” Per la prima della Francesca da Rimini al teatro Costanzi di Roma infatti vengono coinvolte le migliori professionalità dell’epoca: Antonio Rovescialli scenografo e pittore, Adolfo De Carolis per la parte decorativa dell’allestimento di tipo neobizantino, Luigi Sapelli in arte “Caramba” per i ricchi costumi tra cui l’abito di Francesca che si ispira alle pitture pregiottesche.
Particolarmente esigente sarà Eleonora nel suggerire il colore del mantello blu che nei desiderata della Divina avrebbe dovuto essere “come il blu del lago di Pallanza alle quattro del pomeriggio”. Un amore molto tormentato e purtroppo destinato a concludersi, quello tra il Vate e la Divina Eleonora. Nonostante la separazione Eleonora Duse avrà sempre un posto di primo piano nei ricordi del poeta, per il quale, sarà la più eletta tra tutte le donne e alla sua morte, avvenuta a Pittsburgh nel 1924 in occasione di una tournée, in un telegramma, esprimerà tutto il suo dolore con queste parole : “Il tragico destino di Eleonora non poteva compiersi più tragicamente.
Lontano dall’Italia, si è spento il più italiano dei cuori”. Vallecchi oggi, con questa stilografica per signora, intende rendere omaggio a un personaggio immortale e alla sua grande opera di promozione della cultura italiana svolta in giro per il mondo e fino all’ultimo istante della sua vita.