di Nicola Novelli Direttore responsabile di Nove da Firenze FIRENZE- Che strano. Gli unici che sembrano ricordarsi Gianluca Casseri in vita sono gli attivisti di estrema Sinistra e delle associazioni antirazziste. Giurano fosse assiduo tra il pubblico delle udienze del processo contro i devastatori della sede pistoiese di CasaPound, mentre cercano di documentarne la presenza in numerose manifestazioni xenofobe in giro per la Toscana. Gli estremisti di Destra no: non lo ricordano, quasi in dispregio delle più elementari leggi dell'“orgoglio cameratesco”.
E nei giorni successivi alla strage di Firenze sono parsi sopratutto attenti a cancellare le tracce della presenza di Casseri sui loro siti internet, a tutelare l'immagine pubblica delle proprie organizzazioni e a prendere formali distanze dal folle gesto, senza tuttavia avviare un reale percorso di revisione politica, un moto autocritico-emotivo che metta in discussione le basi culturali condivise con l'autore dell'eccidio. La loro è stata sopratutto un'azione di controinformazione attiva, monitorando minuto per minuto siti e agenzie di stampa, pronti a smentire, diffidare e chiedere rettifiche a tutte le ore del giorno e della notte.
Culminando nell'annunciata azione legale nei confronti del Presidente del Consiglio di Quartiere 1, Stefano Marmugi, esponente politico di proverbiale mitezza. L'amministratore fiorentino, iscritto al PD e di estrazione cattolica, è reo di aver affermato in un'intervista radiofonica che Casaggì sarebbe un “centro di formazione di violenza”. Immediatamente se n'è adontato Francesco Torselli, consigliere comunale PdL e attivista della suddetta organizzazione. Eppure è stata proprio Casaggì a tappezzare la città di manifesti che, l'estate scorsa, inneggiavano ai cecchini fascisti, protagonisti a Firenze nell'agosto del 1944 di atti di “tirassegno terroristico” che, ad ostilità militari ampiamente concluse, fecero per settimane della popolazione civile un bersaglio mortale, bambini compresi, come accadde in piazza Tasso.
Ora è legittimo domandarsi se Casseri sia sia ispirato proprio a quei “modelli” per la sua impresa criminale? Oppure Torselli sa spiegarci che differenza c'è tra i cecchini fascisti del '44 e l'assassino di Piteglio? Una differenza e grande la ravvisiamo tra Gianluca Casseri e gli africani che hanno sfilato per le strade della città sabato pomeriggio. La discriminante è il pacifismo e l'invito alla nonviolenza professato dalle migliaia di immigrati, oltre che la loro età anagrafica.
Saltava agli occhi persino nei confronti degli spezzoni italiani del corteo: gli immigrati africani sono l'espressione di un continente giovane e in crescita demografica, che si contrappone a un'Europa in declino di nascite. E se qualcuno ha inneggiato sui siti internet al “sacrificio eroico” del Casseri, c'è da ricordare che nessuna rivoluzione mai, né pacifica, né in armi, è stata attuata da ultracinquantenni. Rassegnatevi all'inevitabile: il cambiamento lo promuovono solo popoli giovani, come dimostra attualmente il Nord Africa. Un'unica cosa accomuna Gianluca Casseri alle persone che ha ucciso.
Si tratta in entrambi i casi di vittime della Globalizzazione, ciascuno a suo modo. Gli immigrati senegalesi, perché in fuga da un paese povero e senza speranza economica, divorato dalla speculazione internazionale. Il Casseri invece simbolo di un territorio in stato di abbandono sociale, la montagna dell'Appennino toscano, come tante aree marginali europee, dove i residenti rimangono tagliati fuori dalle opportunità economiche e di sviluppo e talvolta finiscono per covare livorosa vendetta nei confronti di innocenti. La Toscana è stordita dalla tragedia che l'ha colpita e stenta ad avviare una riflessione profonda su quanto accaduto nel centro di Firenze martedì scorso.
Invece farebbe bene ad affrontare la questione Razzismo senza paura e ipocrisia. Questa vicenda deve essere superata con coraggio: è l'unica speranza che abbiamo per far sì che il sacrificio degli immigrati senegalesi non rimanga vano.