Quanto accaduto a Firenze ha colpito la cittadinanza del capoluogo toscano, ma ha fatto soprattutto nascere un dibattito esteso all'interno di una intera Nazione, pronta a scendere in piazza con Firenze contro ogni forma di razzismo. L'Italia che forse credeva di essere, oramai, totalmente estranea a fenomeni di questo tipo. Si è parlato del gesto sconsiderato di un individuo, la cui mente sarebbe stata disturbata e turbata. Gianluca Casseri, la cui mano al momento del suicidio era armata non di un solo proiettile, quello destinato a se stesso, ma con sei colpi pronti per continuare la sua "caccia" urbana probabilmente verso altri mercati della città, lascia alle sue spalle alcuni elementi ancora da valutare, come i due mazzi di chiavi, uno della casa accuratamente ripulita in piazza del Terzolle a Firenze e l'altro che aprirebbe una porta ancora sconosciuta agli inquirenti. All'indomani dell'accaduto, il killer è stato caratterizzato come un uomo taciturno, dalle cui azioni quotidiane non si sarebbe potuto prevedere un epilogo così drammatico.
Cosa è passato nella mente del killer? E' questo ciò che oggi dobbiamo capire, oppure dobbiamo concentrarci altrove? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Sandra Vannoni, presidente dell'Ordine degli Psicologi della Toscana. "Ritengo che il caso singolo mobiliti sicuramente la popolazione e fa emergere il problema, ma non si può agire e pensare sul singolo. Servono degli interventi di integrazione e di trasformazione culturale diffusi in modo da prevenire simili comportamenti.
Il caso in specie che ha alle spalle un forte disturbo, forse di tipo psicopatologico.. anche se non mi piace fare diagnosi per interposta persona, però lo possiamo ipotizzare, non può essere risolto singolarmente per prevenire un problema di sempre più aggressività e criticità nel rapporto con l'immigrazione" Il gesto ha visto delle reazioni da parte ad esempio degli utenti del web, c'è addirittura chi ha difeso il killer, definendolo un "Eroe", forse questo è altrettanto preoccupante. "Sì, certo..
però mi chiede allora un parere politico oltre che psicosociologico. Diciamo che si assiste ad una risposta, al fenomeno dell'immigrazione, legata a meccanismi di difesa e di rifiuto e di aggressività verso i nuovi ingressi". Si è detto che un simile evento poteva essere evitato monitorando meglio la situazione, valutando ad esempio attentamente la storia del soggetto. "Dietro questo ci sono fattori di tipo psicologico, è indubbio, ma la risposta non può essere il trattamento individuale di ogni singolo caso, sarebbe improponibile.
Serve agire per prevenire, magari con una presa in carico del problema dal punto di vista sociale e politico verso alcune frange della popolazione che hanno comportamenti ed atteggiamenti, sicuramente stigmatizzabili, diciamo pure inaccettabili". Sandra Vannoni, 49 anni, Psicologa Psicoterapeuta. Specializzata in Psicologia presso l'Università di Siena è Libera Professionista dal 1981 come psicoterapeuta. Ha svolto attività in ambito psicogiuridico quale CTU-CTP. Didatta-supervisore ordinario FISIG (Federazione Italiana Scuole Istituti Gestalt).
Dal 1999 è stata Consigliere dell’Ordine degli Psicologi della Toscana con l’incarico di responsabile della Commissione Comunicazione, e dal Gennaio 2006 ne è diventata Presidente. AntLen