La Toscana, come l’Italia, ha subito negli ultimi 20 anni un radicale cambiamento passando dall’essere una regione storicamente di emigrazione ad una di immigrazione. Il monitoraggio costante e accurato dei bisogni di salute della popolazione immigrata, finalizzato all’attuazione di interventi di sanità pubblica, è una questione di particolare rilevanza per il Sistema Sanitario Nazionale. Quanto più la presenza degli stranieri diviene consistente, tanto più forte si avverte l’esigenza di studiare a fondo il fenomeno, non solo nei suoi risvolti sociali, culturali ed economici ma anche nelle implicazioni sanitarie, al fine di compiere delle scelte politico-programmatiche centrate sui reali bisogni degli immigrati.
“Abbiamo cercato di utilizzare tutte le fonti dati a disposizione – commenta Fabio Voller responsabile Settore Epidemiologia dei Servizi Sociali Integrati di Ars - per conoscere quali sono i maggiori problemi di salute della popolazione immigrata residente e non della nostra regione e quale possono essere gli interventi più efficaci dal punto di vista della sanità pubblica per far si che il quadro sanitario di queste popolazioni migliori”. Ma quali sono le evidenze maggiori che emergono dalle analisi congiunte di flussi e ricerche? In un quadro di continuo aumento della popolazione residente immigrata dal 3,6% del totale dei residenti al 31/12/2002 al 9,1% al 31/12/2009) è invece in diminuzione La proporzione di cittadini non italiani (STP compresi) che vengono dimessi dalle strutture ospedaliere della Toscana sono invece aumento: nel 2000 era il 3,3%, nel 2005 il 4,6% e nel 2010 il 6,8% e la maggior parte di essi proviene dai Paesi a Forte Pressione Migratoria (PFPM). Indipendentemente dall’età gli stranieri si ricoverano per traumatismi e avvelenamenti, malattie dell’apparato digerente e malattie dell’apparato respiratorio, tutte cause che hanno forte attinenza alle condizioni di lavoro e di vita che sono normalmente più disagiate degli italiani (gli italiani si ospedalizzano per malattie del sistema circolatorio, tumori e apparato digerente).
I primi tre paesi di provenienza sono nella quasi totalità dei casi Romania, Marocco e Albania ad eccezione delle Aziende sanitarie di Prato, Firenze e Careggi. La salute riproduttiva rappresenta un indicatore di salute e di sviluppo della popolazione. Le donne immigrate, per ragioni fisiologiche legate soprattutto alla gravidanza e al parto, accedono molto di più ai servizi sanitari di quanto facciano gli uomini che vi si rivolgono prevalentemente per traumatismi, malattie dell’apparato digerente e respiratorio.
Negli ultimi 10 anni, in Toscana, il numero di parti da donne straniere è più che raddoppiato: nel 2010 il 25,5% dei parti (era il 17,7% nel 2005) è da attribuire a donne di nazionalità straniera con una diversa distribuzione per azienda sanitaria. È l’azienda sanitaria di Prato a detenere il primato della frequenza di parti da donne straniere, soprattutto cinesi, raggiungendo nel 2010 il 53,6%. L’attenzione è rivolta maggiormente alle donne straniere provenienti dai paesi a forte pressione migratoria (PFPM): più giovani rispetto alle donne italiane, con un diverso comportamento riproduttivo anticipato di circa un quinquennio.
Per quanto riguarda la gravidanza le donne PFPM si rivolgono prevalentemente al consultorio per eseguire visite e controlli. La presenza, nei consultori, di mediatori culturali rappresenta la carta vincente per attrarre questa popolazione in quanto facilita la comunicazione delle buone pratiche relative all’assistenza.. Relativamente alle malattie infettive, in Toscana, dall’inizio dell’epidemia al 31 dicembre 2010 sono 389 (l’8,7% del totale) i soggetti di cittadinanza non italiana (di cui 46 provenienti dai Paesi a Sviluppo Avanzato) ai quali è stata notificata la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) La maggior parte dei cittadini non italiani proviene dal Brasile (26,2%) e dalla Nigeria (13,1%), il cui rischio di trasmissione del virus HIV è legato prevalentemente a rapporti sessuali connessi alla prostituzione.
Particolarmente allarmanti i dati relativi alla tubercolosi che rimandano a determinanti economici e di integrazione: dal 1994 al 2009 i casi di TBC notificati in Toscana in cittadini non italiani hanno rappresentano nel complesso il 33,7% del totale dei casi. La proporzione di casi di TBC in soggetti stranieri è in costante aumento: era il 17,6% nel 1994, il 30,5% nel 2001 sino ad arrivare al 59,4% nel 2009. La quasi totalità dei casi TBC nato all’estero proviene dai PFPM. In Toscana i tassi di mortalità degli immigrati sono più bassi di quelli degli italiani.
Si tratta di un fenomeno ben noto dovuto in parte al cosiddetto “effetto migrante sano” (la popolazione che migra gode in genere di un buono stato di salute e non a caso gli immigrati sono prevalentemente giovani) e in parte al ritorno nel Paese di provenienza degli immigrati più vecchi e più gravemente malati. Nella nostra regione, dal 1997 al 2008 sono stati registrati 1782 decessi di immigrati PFPM, la maggior parte dei quali nelle 3 province con il maggior numero di immigrati: 915 a Firenze, 114 a Pisa e 109 a Prato. Esaminando la mortalità infantile, cioè quella nel primo anno di vita, indicatore altamente sensibile di rischi socio-ambientali, notiamo che in Toscana, come nel resto del Paese, negli immigrati PFPM è più elevata di quella registrata nei bambini nati da italiani, e sembra aumentare negli ultimi anni (la differenza percentuale passa dal 4,6% nel 2002-04 al 29,7% nel 2006-08).
Al primo posto tra le cause di decesso negli immigrati di sesso maschile vi sono le cause violente: rappresentano ben il 26,2% dei decessi totali osservati, 5 volte più frequenti di quelli negli italiani (4,9%). Nelle donne i decessi per cause violente sono più contenuti ma sono comunque il triplo di quanto osservato nelle donne italiane. Si notano in particolare percentuali più elevate di infortuni sul lavoro, di omicidi e incidenti stradali. Relativamente allo stato di salute dei detenuti immigrati all’interno delle carceri toscane confrontato quello proveniente della popolazione libera, si è portati a trarre un giudizio confortante dal momento che non si ritrovano patologie dell’apparato respiratorio, cardiocircolatorio o oncologiche che, come è noto, rappresentano malattie fortemente invalidanti con ampia diffusione nella popolazione generale.
Nella popolazione detenuta le affezioni principali risultano essere quelle legate alla salute mentale, all’apparato digerente e agli stati infettivi che, pur rappresentando importanti stati patologici, normalmente non hanno la stessa diffusione. Alla luce di questi primi dati, appare, quindi, fin troppo evidente la necessità di attuare interventi di carattere preventivo al fine di ridurre non soltanto la diffusione di patologie già esistenti ma, soprattutto, di limitare tutti quei fattori in grado di favorire la stabilizzazione di patologie croniche. “Le nostre analisi confermano – aggiunge Francesco Cipriani Coordinatore Osservatorio Epidemiologia ARS, quindi, quello che già si sapeva a livello epidemiologico e scientifico in generale sulla salute della popolazione immigrata: la migrazione di per sé rappresenta un fattore di rischio per la salute, e lo svantaggio degli immigrati è particolarmente evidente quando si considerino le malattie infettive, l’area a dei traumatismi e quella del materno-infantile.
Tutte queste condizioni rimandano direttamente alle condizioni di vita e di lavoro che sperimentano le popolazioni immigrate e che sono, quasi sistematicamente, peggiori di quelle degli italiani e tali da comportare maggiori rischi per la salute”