Il saluto del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che per un lapsus ha chiamato Napolitano "Presidente del Consiglio" salvo poi ripetere due volte "Presidente della Repubblica" ha accolto Giorgio Napolitano nel Salone dei Cinquecento dove il Capo dello Stato ha risposto alle domande di alcuni studenti universitari sul senso dell'Unità nazionale, sulla figura della donna, sulla necessaria Sussidiarietà nei poteri e sul ruolo Europeo dell'Italia anche in merito alla situazione mediterranea. L'Assessore Carla Fracci si è detta emozionata ed ha portato i saluti dell'assente Andrea Barducci. La folla ha nuovamenta abbracciato Napolitano rivolgendo richieste di intercessione in ambito politico "Può aiutarci solo lui" ha urlato una signora, mentre un coro dietro di lei "E' il migliore dopo Pertini, deve resistere per il bene di tutti". Il Presidente si è poi diretto all'Accademia dei Georgofili (in foto) dove ha portato omaggio alla lapide in memoria della strage mafiosa che ha colpito la città di Firenze ed il luogo in particolare, sfregiato nella forma e nel cuore dove ora sorge una pianta di ulivo "Simbolo di resistenza, che ho fortemente voluto" ha detto il Direttore Scaramuzzi. Unità nazionale, federalismo solidale, uso nobile della politica, rispetto per la magistratura e accoglienza fraterna dei migranti e dei profughi: intorno a questi concetti si è sviluppato il discorso pronunciato oggi dal presidente Enrico Rossi a Palazzo Vecchio, in occasione della cerimonia per la celebrazione del 150° dell'Unità d'Italia, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Caro Presidente, oggi la Toscana intera celebra con Lei in modo solenne il 150° della nascita dello Stato Italiano e della sua unità - ha detto il Presidente Enrico Rossi - L'unità ha il suo sigillo nella Costituzione che all'articolo 5 recita: “La Repubblica è una e indivisibile”. La Toscana, come abbiamo potuto ascoltare anche ieri, si sente artefice dell'unità nazionale. Noi di questa Italia siamo i figli e per questo siamo fieri di chiamarci e di essere chiamati italiani. In questa terra abbiamo un forte sentimento di appartenenza: l'appartenenza alla nostra contrada, alla nostra città, alla nostra Regione, ma queste identità non sono in contraddizione con il nostro sentimento di amore per l'Italia e di appartenenza alla comunità nazionale. Oggi chi alimenta la divisione e il rancore non solo mette a rischio l'unità del Paese ma anche il suo futuro. Come Lei stesso ha detto non c'è alternativa al crescere insieme.
Nord e Sud insieme. E in questa prospettiva la Toscana è pronta ad impegnarsi con tutte le sue forze, svolgendo il ruolo che le assegnano la sua storia, le sue condizioni politiche, sociali ed economiche e un suo carattere peculiare. Oggi noi stiamo costruendo una Repubblica Federalista. Noi vogliamo lavorare ad un federalismo che unisce e non divide, solidale e non egoista, ad un federalismo cooperativo, del coraggio e non nominalista. Solo un paese unito può infatti costruire il suo futuro in termini di lavoro, di giustizia, di diritti.
In primo luogo per i giovani c he hanno il dovere di studiare, ma anche il diritto ad una scuola efficiente ed efficacie e ad una prospettiva di vita e di lavoro. Il nostro Paese può superare questa crisi, che è economica ma anche culturale e morale, solo se la politica abbassa i toni, se ascolta i problemi reali delle persone, solo se non si ferma alle apparenze ma si impegna nell'intelligenza degli eventi, nel confronto serio, nella ricerca di soluzioni condivise. Abbiamo il dovere, come Lei ci sollecita sempre a fare, di pensare e di praticare un uso nobile della politica come il luogo delle scelte collettive. Tre giorni fa, nel giorno della memoria delle vittime del terrorismo, Lei, Signor Presidente, ha voluto ricordare i magistrati che hanno dato la vita per difendere la democrazia e l'autonomia dei giudici. Trent'anni fa il terrorismo è stato sconfitto perchè il Paese è rimasto unito e non è stata violata la maestà della legge e della Costituzione. E' una memoria decisiva per noi oggi affinchè nel dibattito sulle riforme si evitino critiche violente alla magistratura e non si dimentichi mai di valutare l'impegno e il rischio dei magistrati nelle inchieste che riguardano la criminalità organizzata, il terrorismo e la corruzione politica. Quando si abbattono i muri della paura e del populismo egoista, quando si combatte e si vince il “particolare” sempre presente nella societa' italiana e si costruiscono i ponti del dialogo e della pace, della legge e del diritto, l'Italia non solo ritrova la sua unità ma diventa protagonista in Europa, nel Mediterraneo e nel mondo. Caro Presidente, sia esigente con noi che vogliamo apprendere dalla Sua lezione e dalla Costituzione.
Lei rappresenta il volto giovane e sereno della politica; per questo tutti le vogliono bene a partire dai ragazzi che oggi sono venuti a incontrarla". L’Accademia dei Georgofili ha accolto nella propria Sede il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per una visita alla mostra “I Georgofili per l’Unità d’Italia”, nella quale sono esposti originali documenti tratti dal proprio archivio. L’Accademia è nata a Firenze nel 1753, più di cento anni prima della proclamazione dell’Unità nazionale, ed ha quindi vissuto direttamente il Risorgimento e tutte le fasi successive dei primi governi italiani, così come quelli della costruzione del nuovo Stato.
Illustri personaggi, dallo stesso Granduca di Toscana a Camillo Benso di Cavour, Bettino Ricasoli, Vincenzo Gioberti, Cosimo Ridolfi, etc. erano accademici dei Georgofili. Il materiale di archivio esposto, fra cui manoscritti inediti e registri di verbali che riguardano importanti eventi storici, è stato esaminato con interesse dal Presidente Napolitano, che ha anche provato l’emozione di sfogliarne alcune pagine. Il Prof. Scaramuzzi, Presidente dell’Accademia, insieme agli autorevoli membri del Consiglio, ha consegnato al Capo dello Stato una medaglia d’oro appositamente coniata dai Georgofili per ricordare questa visita.
E’ stata donata al Presidente Napolitano anche un’ originale pubblicazione: il “Libretto sull’accoglienza in Accademia di Vincenzo Gioberti, il 29 giugno 1848, realizzato per la vendita a intero benefizio delle famiglie più bisognose di quei militi volontari che sono corsi in Lombardia alla cacciata dello straniero”. Il Presidente Napolitano ha desiderato rendere omaggio alle vittime del vile attentato dinamitardo del 27 maggio 1993 ed è uscito in strada, con un “fuori programma”, sostando davanti alla targa e all’olivo di via dei Georgofili, posti a ricordo di quella strage.