Dopo l’allarme per le scuole materne, adesso anche molte scuole superiori pubbliche rischiano di essere chiuse: la rigida applicazione degli indirizzi della riforma scolastica ne sta infatti minacciando sempre di più la sopravvivenza, colpendo in particolare le scuole dislocate nei territori montani e nelle aree rurali della regione. In Lunigiana nei giorni scorsi, a fronte della preannunciata chiusura del Liceo Classico Leopardi ad Aulla, il Consiglio Comunale aveva redatto un documento di sostegno per il Liceo, unica scuola di grado superiore del più popoloso centro economico e principale nodo viario della Lunigiana.
Infatti, dopo la soppressione dell’Istituto Tecnico Industriale, il liceo classico aullese rappresenta oggi la più importante ed irrinunciabile agenzia culturale e formativa, di cui usufruiscono non solo gli abitanti delle vallate delle Lunigiana, ma anche quelli dell’Alta Garfagnana. E’ quindi un dato di fatto che l’istituto Leopardi è il punto di riferimento di un ampio bacino d’utenza di alunni che terminano il percorso della scuola primaria. Purtroppo la situazione scuola è critica in molte altre zone della Toscana: adesso a rischio chiusura è anche il Liceo Classico della provincia di Massa Marittima. Il Presidente di UNCEM Toscana Oreste Giurlani, appresa la notizia, ha mostrato ancora più preoccupazione: “E’ inaccettabile che da parte del governo non vi sia stata ancora nessuna risposta alle nostre richieste mosse per salvaguardare le scuole in montagna.
Non è giusto che i cittadini dei piccoli comuni siano lasciati soli e che paghino un caro prezzo sul fronte scuola, ci tengo a ricordare che vivere nei territori non metropolitani non è sinonimo di essere cittadini di serie b. In questo modo si sta letteralmente sgretolando l’intero percorso formativo per i giovani che abitano nelle aree montane, dalle scuole materne arrivando fino alle superiori”. “Le scuole –ha aggiunto Giurlani - sono una risorsa molto importante per le famiglie e soprattutto per i bambini: tagliare e offrire meno servizi significa squalificare il territorio e spingere i giovani ad abbandonarlo in favore delle grandi città, proprio ciò che come UNCEM stiamo contrastando, impegnandoci da anni nel promuovere il popolamento e la qualità della vita delle aree montane.
Non dobbiamo dimenticarci che la chiusura di una scuola comporta tutta una serie di conseguenze negative per gli abitanti del luogo, a causa delle difficoltà esistenti nei collegamenti stradali e ferroviari tra le aree montane e le sedi scolastiche nei più vicini centri urbani”. “In montagna – ha concluso - le scuole sono una risorsa culturale ed economica, per il contributo che offrono allo sviluppo del territorio e per le opportunità di incontro e confronto tra i giovani, che non beneficiano di tutte le opportunità che hanno invece i loro coetanei che vivono in città.
Chiediamo quindi che tutti i singoli casi vengano riesaminati con attenzione, prevedendo deroghe particolari per i territori montani che salvaguardino la sopravvivenza di quegli istituti scolastici fondamentali per assicurare il diritto allo studio per i giovani che vivono nei comuni piccoli e montani”.