Firenze - La mappa dell’imprenditoria straniera in Toscana, la normativa regionale per i cittadini extracomunitari, la qualità dell’occupazione, le condizioni e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Sono alcuni dei temi affrontati nell’ “Atlante dell’imprenditoria straniera in Toscana”, curato da Margherita Azzari, docente di Studi storici e geografici all’Ateneo fiorentino. Le imprese in Toscana sono sempre più multietniche, è questo il risultato principale che scaturisce dall’indagine delle imprese gestite da stranieri in Toscana, realizzata dall’Università degli Studi di Firenze per Regione Toscana con la collaborazione di Arpat, Camera di Commercio di Firenze, Caritas Firenze, Confesercenti Firenze, Confindustria Toscana, Prefettura UTG di Firenze, Questura di Firenze.
L’“Atlante dell'Imprenditoria straniera in Toscana” (Pisa, Pacini, 2010, pp.250), indaga il fenomeno non soltanto attraverso cartografie e dati statistici, ma anche storie ed immagini. L’imprenditorialità rappresenta un indicatore importante per comprendere i processi di territorializzazione della popolazione immigrata che, scegliendo di fare impresa, dimostra, nella maggior parte dei casi, di volersi radicare nel nostro territorio. Ciò che accade in Toscana non è dissimile da ciò che accade in Italia e in Europa, pur declinandosi in modo diverso, in relazione alle caratteristiche del sistema economico toscano e all’azione di reti etniche fortemente localizzate. Il dato che emerge conferma il grande vigore della capacità imprenditoriale dei cittadini provenienti da altri Paesi in Toscana.
Non a caso il numero delle imprese individuali è passato dalle circa 7.600 del 1999 a oltre 32 mila nel 2008, in media in ogni comune toscano ci sarebbero 111 aziende gestite da stranieri. L'altro elemento interessante, oltre a quello che certifica la crescita, rivela la profonda mutazione genetica, quanto all'origine del fenomeno. Mentre infatti nel 1999 più di un terzo delle aziende 'straniere' era gestito da cittadini delle regioni del mondo avanzato, dieci anni più tardi il quadro è completamente mutato.
Nel 1999 l'imprenditoria prevalente riguardava soprattutto il settore turistico (fattorie, agriturismi, agenzie immobiliari) o il terziario. Alla fine del 2008 il contributo dalle economie avanzate subisce un brusco rallentamento mentre cresce a dismisura quello dei cittadini provenienti dall’ex secondo e terzo mondo. I paesi con la crescita maggiore, 18 volte rispetto al 1999 e 11.306 aziende in totale, sono quelli europei ex socialisti, anzitutto albanesi e romeni, che superano quelli est-asiatici che comunque triplicano il loro contributo (quasi 8 mila aziende).
Quelli nordafricani, specie marocchini e tunisini, aumentano di 7 volte toccando quota 4.673 e superando di quasi mille unità le economie avanzate. Di 7 volte crescono anche le imprese di altri paesi africani, soprattutto senegalesi, passando da 387 a 2.745. In pratica quasi l'83% (in termini assoluti circa 27 mila) delle imprese hanno un titolare proveniente da queste aree geografiche. Al primo posto restano i cinesi, 7.029 imprese, seguono albanesi (5.114), romeni (4.259) e marocchini (3.489).
Queste quattro nazionalità coprono il 73% del totale. In relazione ai settori di attività, circa l’85% delle imprese opera nelle costruzioni, nel commercio e nella manifattura. Quelle attive in un unico comparto sono prevalentemente di nazionalità senegalese (commercio), albanese e romena (entrambe edilizia). La doppia specializzazione prevale nelle cinesi (manifattura e commercio) e nelle marocchine (commercio e costruzioni). La plurispecializzazione è una caratteristica soprattutto di pakistane, argentine, brasiliane, macedoni e egiziane.