Firenze - “Adesso occorre riconoscere agli immigrati in regola diritti politici e di cittadinanza”, ha detto questa mattina il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, nel corso del faccia a faccia con don Giovanni Momigli, direttore dell’Ufficio pastorale sociale della Diocesi di Firenze, in occasione del convegno promosso al Teatro Dante di Campi Bisenzio da Italiani-Europei e dalla Fondazione Viviani. E non si è fatta attendere la risposta della Lega. «Mai il diritto di voto agli immigrati».
A dirlo è l'onorevole Claudio Morganti, eurodeputato e segretario nazionale della Lega Nord Toscana. «Siamo da sempre fermamente contrari al diritto di voto agli immigrati. Finché ci sarà la Lega Nord non ci sarà mai una legge che possa concedere il voto ai cittadini extracomunitari. D'altronde capisco il tentativo di Rossi visto e considerato che in un futuro potrà soltanto prendere consenso dagli immigrati».“Sono orgoglioso della nostra legge regionale sull’immigrazione – ha proseguito Rossi -.
E’ in perfetta sintonia con ciò che dice la Costituzione, come ha confermato anche la Consulta respingendo a suo tempi i ricorsi del governo. Mi riferisco in particolare al diritto all’assistenza sanitaria e sociale, che è diritto inviolabile e che appartiene alla persona in quanto tale, al di là del certificato di nascita”.“Gli immigrati – ha ricordato il presidente – contribuiscono alla nostra economia per circa un miliardo del Pil regionale. Con il 9% della popolazione producono con il loro lavoro qualcosa come l’11% del nostro Pil.
Ma non hanno diritti politici e di cittadinanza. E’ una cosa che non può reggere a lungo. Per questo, insieme ad Umbria, Marche ed Emilia-Romagna solleciteremo il Parlamento ad approvare una legge per garantire il diritto di voto per le elezioni amministrative, regionale e poi anche per quelle politiche. Ritardare il riconoscimento di questo diritto significare fare danno alla nostra economia”. “Nelle nostre scuole – ha detto ancora Rossi – quasi l’11% dei bambini e dei ragazzi hanno uno o entrambi i genitori stranieri e ogni anno nei nostri ospedali nascono oltre 30mila bambini figli di stranieri, di cui 8mila figli di immigrati.
E qui – ha concluso il presidente - c’è il problema della cittadinanza, che deve essere riconosciuto a chi nasce in Italia. Una questione che non può più essere rinviata. Se voglia mo preparare un futuro di convivenza e di integrazione non ci possono essere cittadini di serie A e altri di serie B. Quando questi bambini avranno 18 anni non saranno italiani, nonostante siano cresciuti da noi, abbiamo frequentato le nostre scuole, parlino la nostra lingua. Per diventarlo dovranno presentare una domanda e aspettare”. Oggi vivono in Toscana oltre 338mila stranieri, che costituiscono il 9,1 per cento della popolazione, una percentuale superiore a quella italiana (circa il 7).
A Campi Bisenzio i cinesi rappresentano oggi il 50% della popolazione straniera (i più numerosi, seguiti da albanesi e romeni), circa il 15% dei residenti, cioè molto meno del 62,2% del 1990. Non solo: mentre 20 anni fa esisteva a San Donnino una vera e propria Chinatown, oggi i cinesi vivono su tutto il territorio comunale, segno che la decisione di allora di non favorire il concentramento degli immigrati in una sola zona è stata lungimirante. A Santa Croce sull’Arno, ben il 40% degli stranieri residenti (soprattutto albanesi e senegalesi) vivono in centro e lavorano nelle concerie e nell’edilizia.
Il fatto che qui riescono a trovare facilmente casa e lavoro è un potente fattore di integrazione e di pace sociale. A Prato invece le cose sono andate diversamente. 18 anni fa, quando nel distretto tessile di Prato gli immigrati cinesi aprirono i primi laboratori per cucire abiti, pochi se ne curarono. Oggi quest’area-simbolo del manifatturiero europeo si ritrova “in casa” un vero e proprio distretto cinese di abbigliamento “pronto moda”, che lavora e cresce a ritmi inimmaginabili per l’economia italiana.
Oggi a Prato un abitante su 8 è cinese e il distretto degli abiti low cost conta 3.400 aziende (sulle 4.500 imprese orientali attive a Prato), 40.000 addetti, di cui purtroppo quasi 30.000 clandestini, due miliardi di giro d’affari ogni anno.