Trattative libere per i produttori di pomodoro, e premi alla qualità del prodotto. Sono attesi anche in Toscana, ed in particolare nelle zone del grossetano, aretino, senese e livornese-pisano dove è concentrata la produzione regionale di pomodoro (circa 4000 ettari e 200 mila le tonnellate di pomodoro prodotte), gli effetti dell’accordo tra le organizzazioni dei produttori del nord Italia e le industrie di trasformazione dell’Aiipa, l’Associazione italiana industrie prodotti alimentari che ha fissato a 88 euro a tonnellata il prezzo indicativo di riferimento per il prodotto ritirato nell’azienda agricola.
Un prezzo di partenza “giusto” – come sottolinea Coldiretti Toscana (info su www.toscana.coldiretti.it) che fissa un prezzo “interessante” anche alla luce della possibilità di premiare ulteriormente il prodotto di qualità. Il disaccoppiamento totale che svincola l’azienda agricola dalla logica del premio e l’etichettatura obbligatoria dopo l’approvazione della legge per la tutela del “Made in Italy”. “Due novità – sottolinea la principale organizzazione agricola regionale - destinate a cambiare i rapporti tra chi produce e chi trasforma il pomodoro in passata.
E’ un piccolo passo in avanti per costruire una filiera matura e consapevole anche in Toscana dove i rapporti, negli ultimi anni, sono stati molto tesi. Il pomodoro prodotto in Toscana non ha bisogno di essere trasportato da un capo all’altro del mondo per passare dalla raccolta alla trasformazione, a tutto vantaggio della qualità e quindi della soddisfazione dei consumatori. L’accordo siglato potrà essere da traino anche per nella nostra regione dove i produttori si sono già attivati per sottoscrivere nuovi accordi”.
Il pomodoro riparte quindi dall’etichetta e dalla legge per la tutela del vero Made in Italy attesa da tutto il mondo agricolo. “Nel 2010 – sottolinea Coldiretti – si è verificato un aumento del 59% delle importazioni di pomodori conservati dalla Cina per un totale stimato in 120 milioni di chili; una dato impressionante. L’etichettatura, con l’obbligo di indicare l’origine del prodotto, rappresenta una garanzia anche per chi vende facendo di qualità e italianità un valore aggiunto sul mercato.
Con l’etichetta di origine non solo garantiremo la qualità, la sicurezza e la territorialità del prodotto, ma eviteremo vergognosi e pericolosi riproporsi di falsi agroalimentari, sempre più frequentemente nocivi per la salute”.