L’efficienza energetica è uno dei temi principali da affrontare, oggi in Italia, se il nostro Paese vuole acquisire competitività rispetto alle economie europee e internazionali. Il grido d’allarme è stato lanciato ieri a Firenze da Confindustria, nell’ambito del seminario sul tema l’efficienza energetica, la tutela dell’ambiente e le opportunità di crescita economica. Obiettivo principale dell’incontro, promosso da Confindustria, è stato quello di coinvolgere e sensibilizzare sulla problematica le istituzioni locali e gli operatori economici, promuovendo una cultura dell’efficienza energetica intesa come modo di fare economia permettendo, a parità di servizi e benefici offerti, di consumare meno energia.
“Lo sviluppo economico del nostro Paese - ha spiegato il Presidente di Confindustria, Giovanni Gentile - deve passare inevitabilmente attraverso una politica industriale che individui processi produttivi efficienti dal punto di vista delle energie e compatibili con l’ambiente. L’economia italiana dopo la crisi stenta a riprendersi, il ritardo che abbiamo rispetto all’Europa sta diventando molto preoccupante, senza paragonarci poi ad altre realtà economiche come la Cina.
Inoltre da noi - ha sottolineato Gentile - il debito pubblico rende difficile incentivare la crescita economica. Quanto possiamo durare così? Perché l’Italia colmi la distanza di sviluppo con gli altri Paesi europei e acquisisca competitività nei confronti del mercato internazionale le questioni energetiche devono essere poste, dalle istituzioni e dai soggetti economici, al centro delle politiche industriali, perché oggi non si può più parlare di competitività escludendo l’efficienza energetica.
Approfondendo la conoscenza sulle questioni legate alle politiche energetiche ci rivolgiamo all’assessore regionale per la tutela dell’ambiente e l’energia, Annarita Bramerini. Quali sono stati, ad oggi, i comportamenti dei cittadini e delle imprese in toscana nei confronti delle politiche energetiche? Rispetto agli obiettivi fissati dall’Unione Europea, entro il 2020 dovremmo andare ad abitare e costruire edifici che hanno un rendimento, in termini di consumi energetici, altissimo rispetto a quelli attuali, ma noi facciamo i conti con un patrimonio edilizio che è storico, che si trova nei centri storici, su cui è anche difficile intervenire, in termini di riduzione dei consumi energetici.
Tuttavia possiamo fare ancora molto rispetto alle nuove edificazioni e al settore industriale. Perché l’efficienza energetica è la prima fonte rinnovabile per eccellenza che ci consente di risparmiare sui consumi e sul portafoglio ed è quindi un fattore che interessa le famiglie, ma anche le imprese. Per questo la Regione Toscana ha sostenuto e sostiene questo tema anche grazie agli incentivi delle normative per l’emergenza energetica abitativa. Tuttavia sappiamo che c’è ancora molto da fare, sia in termini culturali che in termini di innovazione tecnologica e di innovazione processi produttivi, affinché l’energia per le nostre imprese, oltre che un problema, diventi un’opportunità. Come incide il dissenso dell’opinione pubblica sulle politiche energetiche Questo è un tema molto importante, all’opinione pubblica devono essere offerte le corrette informazioni e le necessarie garanzie sui controlli ambientali.
Spesso ad alimentare il dissenso convergono cause diverse, in primo luogo la paura che si possano verificare situazioni di pericolo ambientale, ma influisce anche una buona dose di non completa conoscenza della materia che fa leva su informazioni legittime, da parte di chi scolta, ma basate su un background che non aiuta l’effettiva comprensione. Per questo è importante investire su attività di comunicazione e informazione a partire dalle scuole. Le nuove generazione sono molto più preparate di quanto lo siamo noi, il nostro è un Paese vecchio che fatica a misurarsi con l’innovazione, se confrontiamo le performance ambientali del nostro Paese, in termini di energia e dei rifiuti, con le performance di altri Paesi europei come per esempio la Germania, appare chiaro il nostro ritardo.
Questo è un problema culturale, non imputabile al cittadino, ma di questo ritardo siamo responsabili tutti a partire dal sistema politico, a quello imprenditoriale e all’associazionismo”. Sulle tematiche della Ricerca e delle politiche governative ne parliamo con il direttore Energia di Confindustria, Massimo Beccarello. Quanto è importante la ricerca per lo sviluppo del nostro Paese e per le politiche energetiche? La ricerca, in una economia di mercato, è la conseguenza di una politica energetica chiara.
Perché se dell’efficienza energetica faccio una priorità, con un approccio non puramente di indirizzo come stato invece fatto in questi ultimi anni da noi, ma con un approccio in cui si pianificano gli obiettivi da raggiungere entro il 2020, è inevitabile che su queste tematiche si attivi un indotto di coinvolgimento e di collaborazioni fatto di università, industrie, centri di ricerca pubblici, con tematiche importanti. Per questo è necessario mantenere una stabilità regolatoria, senza la quale si crea incertezza e molte iniziative importanti rischiano di essere collocate anziché in Italia all’estero. Quale è il bilancio sulle politiche energetiche portate avanti dal Governo? In un periodo in cui si parla di crescita economica, sulle politiche energetiche manca un approccio collegiale da parte del Governo.
Sono state avanzate proposte importanti in sede governativa, ma si assiste al rischio che queste non vengano completate. E’ necessario un approccio collettivo ed ampio in sede governativa, l’energia è un problema importante deve quindi essere fatto un ragionamento collegiale condiviso, è in gioco un obiettivo nazionale che richiede una riflessione ampia in sede di Governo. Il problema più grosso, che talvolta vedo, è che assistiamo ad una discussione a compartimenti stagni, troviamo una sensibilità e delle proposte da parte del Miur- il ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca - ma non troviamo sempre un raccordo con il ministero dell’ambiente, invece è necessario che ci sia una coerenza tra i soggetti di Governo. Come riusciremo a colmare il gap economico creatosi tra l’Italia e gli altri Paesi d’Europa? Il divario sarà colmabile guardando all’energia in maniera complessiva.
Lavorando solo con le fonti rinnovabili non centreremo gli obiettivi e rischiamo di pagare un costo troppo alto. Pertanto è importante utilizzare anche lo strumento dell’efficienza energetica in modo stabile e rispetto a questa politica non possiamo interventi “una tantum”. Ritengo che il 2020 sia molto vicino, quindi è indubbiamente necessario un approccio strutturale come risultato di una valutazione collegiale. Il Miur lo scorso anno ha presentato un piano nazionale della ricerca molto importante, collocando l’energia tra le aree prioritarie per lo sviluppo della ricerca pubblica.
Ma questo attualmente è rimasto sulla carta. Quando ne vedremo la realizzazione? Queste sono cose presenti sulla carta, ma nella sostanza devono essere messe in moto. Quando parlo di decisioni collegiali intendo la necessità di una collaborazione tra i vari soggetti di Governo, chi tiene la cassa che deve comprendere l’importanza di sostenere un tipo di costo oggi, per non sostenerne uno ben più elevato nel 2020. Perché se noi, a quella data, non avremo raggiunto determinati risultati avremo un’economia meno efficiente, che non ha saputo cogliere delle opportunità di crescita e dovremo pagare il costo di obiettivi non raggiunti, anche in termini di sostenibilità.
di Lucia Nappi