Tutti promossi meno uno. Questo il bilancio della prima prova sulla conoscenza dell'italiano per immigrati, che si e' svolta questa mattina a Firenze, tracciato da Daniela Lucchi, dirigente dell'area immigrazione della Prefettura. L'esame si e' svolto questa mattina alla scuola media 'Beato Angelico-Arnolfo Di Cambio', presenti 17 candidati sui 20 iscritti. Sedici di loro hanno superato la prova. ''E' andata benissimo - spiega la dirigente - erano tutti piuttosto preparati, salvo una donna che era abbastanza indietro rispetto agli altri.
Si trattava, del resto, di persone che hanno gia' esperienze di un certo peso e di una certa lunghezza di tempo. Mi sembra anche che siano stati molto contenti dell'accoglienza e anche di mettersi alla prova, consapevoli che la conoscenza della lingua e' un requisito di tutta importanza. Ho sentito alcuni - riferisce - che dicevano che erano contenti di potersi mettere alla prova e far vedere che sono contenti di sapersi esprimere in italiano''. «Come Lega Nord Toscana siamo pienamente d’accordo sul test di lingua italiana per gli immigrati che vogliono conseguire il permesso di soggiorno di lunga durata».
Ad ammetterlo è Antonio Gambetta Vianna, presidente del gruppo consiliare Lega Nord Toscana in Regione, nel giorno del primo test alla scuola statale secondaria di primo grado “Arnolfo Di Cambio – Beato Angelico” di Firenze. «È imprescindibile – prosegue il leader del Carroccio in Regione – che una persona che viene nel nostro Paese per lavorare conosca bene la nostra lingua. Conoscere la lingua permette di comprendere le nostre leggi e di integrarsi alla perfezione nella nostra cultura e società.
Sarebbe, però, opportuno conoscere la nostra lingua già al momento del conseguimento del primo permesso di soggiorno. Naturalmente non si può pretendere che l’immigrato la sappia alla perfezione, ma un test iniziale per vedere se c’è per lo meno la comprensione delle nostre leggi e la dinamicità nell’interazione colloquiale permetterebbe agli immigrati di non fidarsi ciecamente dei loro connazionali o degli italiani disonesti. Il test, quindi – conclude Gambetta Vianna –, è un bene per gli stranieri e per non farli sentire disorientati, ma anche per gli italiani che possiamo constatare direttamente chi voglia o meno integrarsi».