Firenze – “Una preghiera tanto ispirata che, suonando e cantando, si arriva davvero al cospetto di Dio”: così DANIEL OREN definisce lo Stabat Mater di Antonín Dvořák con cui, sabato 13 marzo alle ore 20.30 e domenica 14 alle 16.30, torna a dirigere i complessi del Maggio Musicale Fiorentino. “Sono felice e al contempo commosso di affrontare questa partitura sublime: è una preghiera in musica che trascende le confessioni religiose, nemmeno in sinagoga o in chiesa ci si avvicina così al divino” aggiunge il Maestro israeliano che, fin dal suo esordio nel 1978 a Firenze, ha siglato tanti memorabili appuntamenti concertistici e soprattutto operistici – solo nell’ultimo decennio due edizioni di Bohème, due di Madama Butterfly, e poi Manon Lescaut e Sonnambula -, fra i quali Dvořák trova comunque una collocazione privilegiata, così come le incursioni nella musica sacra. Il compositore ceco scrisse questo suo dolente capolavoro religioso fra il 1876 e il ’77, quando era organista nella Chiesa di San Afalberto a Praga, e dunque a contatto quotidianamente con la musica sacra, sull’onda di tragedie familiari che portarono a morte a poca distanza tre dei suoi piccolissimi figli.
Il musicista dunque si rifugia nella possibile trasfigurazione dei lutti attraverso l’identificazione nello strazio della Madonna, cui nei secoli poeti ed artisti si sono rivolti, da Jacopone da Todi a Pergolesi, dagli oratori di Händel a quelli di Mendelssohn, per trovare sublimazione al dolore degli affetti. Ne scaturisce un capolavoro assoluto, nei quale il coro ha un ruolo fondamentale e affianca le quattro voci soliste che si alternano nella declamazione dei dieci pannelli in cui si articola lo Stabat Mater, durante circa un’ora e mezza di esecuzione. Vi prendono parte, accanto al Coro e all’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, il soprano Marina Poplavskaya, il mezzosoprano Monica Bacelli – che torna al Maggio dopo l’indimenticabile e pluripremiata interpretazione di Antigone di Ivan Fedele e Mario Martone -, il tenore Massimiliano Pisapia e il basso Paata Burchuladze.