Si cade senza troppe conseguenze per molti, banali e imprevedibili motivi: si inciampa, si scivola, si è spinti. Ma quando tocca a un anziano, gli effetti sono spesso rovinosi (braccia spezzate, costole rotte, femori in briciole) e nel 20% dei casi se ne ignorano le cause. Perché tanti inspiegabili episodi? E sono davvero imprevedibili? Coordinata all’Università di Firenze dalla Syncope Unit di Cardiologia e Medicina Geriatrica che opera all’ospedale di Careggi, ecco ora una ricerca a tappeto su questa oscura casistica.
La conduce un’equipe di specialisti della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria. Si tratta del progetto Caspita (Cadute non Spiegate nell’Anziano), i cui primi risultati sono stati presentati in questi giorni dal cardiologo geriatra fiorentino Andrea Ungar, in chiusura del congresso nazionale Siommms (Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro) che ha riunito a Torino oltre mille specialisti. Il postulato da cui l’indagine muove, ha spiegato Ungar, è che dietro il 20% di incidenti apparentemente casuali ci siano in realtà concreti problemi di salute: aritmie, ipovolemia, disidratazione.
Oppure sincopi, spesso legate a sindromi cardiocircolatorie o respiratorie, con amnesie retrograde che evitano fastidiosi ricordi, ma espongono a nuove cadute, a danni più gravi e a rischi crescenti di istituzionalizzazione e disabilità. “Non pochi episodi”, ha aggiunto, “si devono però anche all’uso o abuso di farmaci ad azione vaso e psicoattiva. Lo prova il fatto che, rinunciando soprattutto a quelli che agiscono sul sistema nervoso centrale, si segnalano molti meno incidenti”. Negli ultra65enni le cadute inspiegate hanno peraltro prognosi nettamente peggiori, perché più alta è la probabilità che rendano disabili.
Di fatto, nei reparti di ortopedia questi eventi sono all’origine del 37% di tutti i ricoveri per esiti traumatici di caduta. L’incidenza e la severità delle complicanze aumentano del resto dopo i 60 anni. E circa il 35-40% degli over 65 e metà degli over 80 cadono almeno una volta in un anno. In 3 casi su 10 si radicalizza il timore di non farcela e può svilupparsi così una sindrome ansioso-depressiva: con difficoltà di camminare, sensazione di instabilità posturale, disabilità. Oltre il 50% degli anziani caduti di recente e il 20-46% di tutti i pazienti geriatrici temono di cadere. I costi economici sono elevati quanto i costi umani e sociali.
In proposito Ungar ha ricordato i dati degli studi più recenti: negli Usa le sole cadute di over 65 assorbono il 6% di tutta la spesa sanitaria, mentre nel 2000 il fenomeno ha coinvolto oltre 50 milioni di americani con un costo per il sistema di 406 miliardi di dollari: 80 di trattamenti medici, 326 di perdita di produttività. In Italia gli ultimi dati del Servizio Sanitario Nazionale risalgono al 2002 e sono circoscritti all’ospedalizzazione e alla chirurgia delle fratture del femore. Allora si contarono 86 mila ricoveri (per lo più pazienti di oltre 40 anni, con predominanza di ultra75enni e di donne), mentre i costi, che nel 2001 erano già oltre i 500 milioni di euro (l’80% dei quali per i soli ultra65enni), sono progressivamente cresciuti fino a superare il miliardo. Le strategie di prevenzione prevedono vari tipi di training individuali: per la muscolatura, l’equilibrio, l’udito, la vista, l’uso appropriato di bastoni e deambulatori.
Si tratta poi di intervenire sui rischi ambientali: l’eliminazione delle barriere architettoniche, cura dei pavimenti e dell’illuminazione. “Il progetto Caspita offrirà presto altri risultati”, ha concluso Ungar, “ma è intanto necessario coinvolgere nell’opera di prevenzione anche la classe medica, che da sempre sottovaluta l’importanza di accertare la causa delle cadute degli anziani”.