di Barbara Cremoncini Firenze- Decine di restauratori che hanno lavorato per anni per strappare al degrado opere d'arte, edifici storici e libri rischiano, per effetto di un decreto del governo del giugno scorso, di non avere più in mano, dal 2010, un titolo spendibile sul mercato del lavoro e di vedersi declassati da tecnici a collaboratori. Per scongiurare questo scenario la Regione Toscana, con l'assessore all'istruzione, formazione e lavoro Gianfranco Simoncini, ha proposto oggi alla riunione della IX commissione del Coordinamento delle Regioni una iniziativa nei confronti del ministro dei beni culturali Sandro Bondi.
La proposta ha visto l'adesione immediata della Regione Lombardia e della Regione Lazio che hanno evidenziato problemi analoghi a quelli della Toscana. E' seguito poi l'assenso di tutte le altre Regioni per una iniziativa comune. Al governo si chiede una soluzione ai problemi creati dal decreto del giugno scorso che attribuisce unicamente a tre enti la facoltà di rilasciare un titolo ufficiale (Opificio delle pietre dure di Firenze, Scuola centrale di restauro e Scuola di restauro dei beni librari di Roma).
Il decreto prevede possibilità di riconoscimento del lavoro svolto sul campo, ma sono giudicate troppo limitate e farraginose dalla categoria. Così la Toscana, dove queste figure si formano e lavorano da decenni sia attraverso i corsi di formazione professionale organizzati dalla Regione sia in altri enti, pubblici e privati, si è fatta portavoce di un disagio diffuso. «Una regione come la Toscana – spiega l'assessore Simoncini – non può non intervenire su una questione delicata come quella della salvaguardia dei beni culturali.
Al governo verrà chiesto, prima di tutto, il riconoscimento delle qualifiche professionali rilasciate d alle Regioni e il superamento del decreto contestato con un nuovo testo, condiviso dalle Regioni. Da parte loro le Regioni lavoreranno alla definizione di un nuovo profilo professionale di tecnico del restauro dei beni culturali.