Michael Mann è il padre di uno dei serial più seguiti della storia della televisione, quel Miami Vice da lui anche riproposto al cinema. Ma non tutti forse sono in grado di ricordare che la sua mano è quella che ha diretto anche Alì con Will Smith, Insider con Russel Crowe che gli ha valso un Oscar, L’ultimo dei Mohicani con Daniel Day Lewis. Non tutti sono in grado di accorgersi che con gli anni il regista è passato da una sorta di specialista di film di genere, ad essere un autore che utilizza il genere quasi a contraddirne le regole, per fare emergere i ritratti “privati” dei suoi protagonisti, a tutto tondo, spesso in dicotomia gli uni con gli altri.
Si pensi ai grandi perdenti di Strade Violente, al Tom Cruise di Collateral e avremo dei ritratti psicologici già interessanti ; li si affianchi poi alle “coppie” raccontate prima in ManHunter (Petersen, pre-CSI, nella parte del detective che prima di Jodie Foster si trova ad avere a che fare col “diavolo” Hannibal Lecter) e soprattutto a quella di Heat La Sfida, coi due mostri sacri De Niro e Pacino che si incontrano solo in una scena per tutto il film ,e che si basa essenzialmente sullo scontro dei loro due characters.
Anche qua, Mann usa lo stesso giochetto : Johnny Depp che fa Dillinger e Christian Bale che fa il federale Melvin Purvis hanno una sola scena insieme, separati dalle sbarre di una prigione. Eppure i loro due personaggi sono fusi insieme, condividono lo stesso destino, quasi che l’identità dell’uno sia necessaria all’altro. Non a caso i titoli di coda ci avvertono che l’uno non sopravvivrà di molto all’altro, una volta che il celebre bandito avrà trovato la fine, uscendo da un cinema dove proiettavano un film con William Powell e Clark Gable (dove il primo consegnava alla legge il secondo, che, secondo una leggenda popolare, aveva tratto ispirazione per il proprio personaggio proprio dal celebre gangster).
La vita di John Dillinger è certamente stata metacinematografica, come la sua stessa fine. Ne sono una riprova i ben diciotto titoli che lo vedono protagonista di pellicole, compreso questo di Mann. Il più famoso è forse quello diretto da John Milius ed interpretato da Warren Oates. Come ovviamente una manna cinematografica era il mondo in cui Dillinger si trovava a “lavorare” : la Chicago anni ’30 del proibizionismo, delle rapine in banca e dei gangster in gessato.
L’atmosfera di quegli anni è resa ottimamente dalla fotografia di Dante Spinotti e dall’uso delle nuove tecnologie digitali di alta definizione : il racconto è così solo formalmente freddo, glaciale, come un occhio esterno. Ma solo per bilanciare le forze in campo, che contrappongo il romanticismo, il mito dell’amore e della propria leggenda immortale , portati avanti da Dillinger, al realismo crudo e assai poco sognante dell’uomo del governo Purvis, disposto a veri e propri massacri per catturare la banda del Robin Hood di Chicago. Nemico Pubblico numero 1 è una litania di morte, lenta come non ti aspetteresti da un gangster movie, violenta oltremisura e cinica nelle sequenze degli scontri a fuoco, sognante e struggente quando ci mostra il lato umano e sentimentale di Dillinger .
Il destino dei due protagonisti è segnato sin dall’inizio, in una corsa contro il tempo che li annienterà entrambi. Depp e Bale sono due macchine. Il primo abbandona , finalmente e forzosamente, gli eccessi di Sparrow per calarsi in un ruolo maturo; Bale, al solito, è garanzia di affidabilità e il suo Purvis mostra in ogni inquadratura il suo rovello interiore. Grandioso il cast secondario : Marion Cotillard è Billie Frechette, l’amante di Dillinger, che da ragazza timida e ingenua diviene sua complice e una donna forte e determinata .
Billy Crudrup incarna un solido J. Edgar Hoover ; piccoli ma gustosi ruoli anche per Giovanni Ribisi , David Wenham (il Faramir del Signore degli Anelli ), e le redivive Leelee Sobieski, ex bambina prodigio, e Lili Taylor .Cameo di James Russo come Walter Dietrich, il “padre spirituale” di Dillinger; mentre la mano che fisicamente porterà la fine del gangster è di Stephen Lang, in contemporanea negli schermi italiani anche con “L’uomo che fissa le capre”. Marco Cei