Firenze- Esattamente 65 anni fa, nell'estate del 1944, i Vigili Urbani offrivano alla città uno dei momenti più alti della storia del Corpo. Mentre, all'inizio di agosto Firenze diventava campo di battaglia tra i due schieramenti, non più di 40 agenti di Polizia municipale, di concerto con il Comitato di Liberazione Nazionale, garantivano la tutela dell'ultimo baluardo di libertà, il Palazzo della Signoria. Alla guida di quei servitori della città c'era mio nonno Carlo Novelli, un uomo mite, che, come molti a Firenze, aveva deciso di rimboccarsi le maniche per costruire un futuro migliore.
Per settimane quei Vigili Urbani furono gli unici rappresentanti del Comune, collaborando con i Partigiani in una delle pagine di famose della Resistenza italiana, l'uso della Galleria Vasariana all'insaputa dei militari tedeschi, poi raccontata magistralmente nel capolavoro cinematografico di Roberto Rossellini. Una mattina dei primi anni '70, appena bambino, mi recai al Comando del Corpo, a trovare mio nonno, ormai a fine carriera. Ricordo distintamente di aver salito gli scaloni di palazzo Guadagni e giunto al primo pianerottolo di averlo riconosciuto in uniforme di Vicecomandante, una rampa più sopra.
Mi salutò domandandomi: “Ghigo, ti piace la divisa dei Mucini?”. Era così che, dopo tanti anni di servizio, chiamava familiarmente i suoi uomini. Pochi anni dopo, appena congedato, il mio nonno morì, ma io continuai a guardare con simpatia quella divisa. A metà degli anni '90, tornato da Roma dove avevo vissuto per iniziare l'attività giornalistica, trovai la città piuttosto cambiata. L'istituzione della Zona a traffico limitato, la motorizzazione massiccia, gli interminabili cantieri in area pubblica, avevano trasformato il rapporto tra cittadini e polizia municipale in un antipatico gioco di “guardie e ladri”, con i fiorentini continuamente a perforare i controlli e i vigili a tappare le falle con un secchiello da spiaggia. Recentemente sono stato possessore di un'autovettura elettrica.
Qualche anno fa ho anche partecipato ad una manifestazione promozionale dei veicoli ecocompatibili, patrocinata da Comune di Firenze e Regione Toscana. L'evento pubblico fu coronato da una parata di mezzi elettrici attraverso il centro storico. A causa di un malinteso il corteo attraversò, formalmente non autorizzato, un varco di Ztl. Alcuni mesi dopo tutti i conducenti, nessuno escluso (compresi gli amministratori pubblici partecipanti) furono raggiunti da una contravvenzione. Poiché multare i partecipanti a una manifestazione di interesse sociale patrocinata dal Comune mi era parsa una contraddizione inspiegabile, provai a rendere pubblico l'accaduto.
Sulla vicenda fu anche presentata un'interrogazione consiliare, ma nell'imbarazzo generale nessuno riuscì a fermare il procedimento amministrativo. Ebbi l'impressione che il Corpo dei Vigili Urbani fosse diventato un treno in corsa su un binario morto, sul quale nessuno era in grado di azionare il freno di emergenza. Ho raccontato questo mio episodio personale solo per fare un esempio, ma immagino che tanti fiorentini potrebbero fare altrettanto. I fatti di cronaca più recenti sono noti a tutti, compresa la denuncia di un cittadino che, mesi fa, ha dichiarato di essere stato aggredito fisicamente all'interno del Comando di Porta a Prato, e la tragedia di via Amendola in cui nei giorni scorsi ha perso la vita la giovane Carlotta Fondelli.
Ben inteso un incidente stradale è un fatto della vita che può capitare, altro però è l'inspiegabile imbarazzata reticenza che ha sovrastato per troppe ore la dinamica del sinistro. E' accettabile che in una città che vorrebbe essere modello di democrazia e legalità molti cittadini guardino con diffidenza la propria polizia? Questo è un tema che, auspichiamo, la nuova amministrazione comunale voglia prendere in seria considerazione, adoperandosi in maniera concreta per far sì che tra Vigili Urbani e fiorentini torni a regnare un clima di fiducia. Nei giorni scorsi, dopo tanti anni, sono tornato a Palazzo Guadagni per chiedere accesso ad un procedimento che mi riguarda.
Sono entrato all'ufficio informazioni e, a causa della strana disposizione dell'arredo, sono rimasto un attimo titubante sulla soglia. Dal fondo della sala un'agente mi si è rivolta bruscamente: “Venga avanti! Lei cosa vuole?”. Spiazzato dall'inattesa maleducazione non sono riuscito che a borbottare: “Scusi, perché mi tratta così? Non ho ancora aperto bocca”. Rimasto solo, in attesa della consegna del modulo da compilare, ho alzato gli occhi alle pareti per osservare le storiche foto della squadra motociclistica scattate dal Locchi negli anni '30.
Appena sono stato sicuro di non riconoscervi la sagoma di mio nonno ho tirato un sospiro di sollievo: sinceramente, mi sarei sentito a disagio ad essere trattato in quel modo davanti a lui. Conoscete l'espressione “rivoltarsi nella tomba"? Di Nicola Novelli