Anche il presidente del Quartiere 2, Gianluca Paolucci, entra nel dibattito scaturito sul futuro dell'ex area San Salvi ed illustra un paio di proposte. "Ho letto con interesse il dibattito sviluppatosi nei giorni scorsi su organi di stampa cittadini circa il futuro dell'area dell'ex ospedale psichiatrico di S. Salvi. Ritengo opportuno, proprio per il mio ruolo di presidente del Quartiere 2, la zona della città che da sempre ha vissuto in prima persona le vicende centenarie di questa struttura, intervenire non tanto per esprimere delle valutazioni ma soprattutto per avanzare qualche proposta su come mantenerne la memoria". "Un passaggio necessario - spiega Paolucci - è certamente il recupero materiale del vecchio insediamento e per questo esiste un progetto di cui ha parlato l'assessore Gianni Biagi, ampiamente discusso e positivamente valutato anche dal Consiglio di quartiere.
Vorrei ricordare che nel nuovo S. Salvi è previsto il trasferimento della Facoltà di Psicologia con la propria biblioteca che potrà essere frequentata da tutti i cittadini. Ma esiste anche un altro tipo di recupero che mi permetto di suggerire: cioè quello dell'archivio storico del vecchio manicomio. Le cartelle cliniche dei ricoverati sono custodite nei sotterranei e per riportarle in superficie e renderle più facilmente fruibili, ritengo basterebbe una sollecitazione ai vertici della Asl.
Più complicato, ma forse non impossibile, rintracciare l'altra sezione, quella relativa all'archivio della clinica psichiatrica che non si trova più a S. Salvi ma in qualche magazzino della stessa Asl. Una volta recuperato, l'archivio potrebbe essere il primo nucleo del futuro museo dell'ex ospedale psichiatrico di S. Salvi". "Da parte mia - conclude il presidente del Quartiere 2 - mi attiverò perché questa ipotesi possa diventare realtà. Anche perché il museo raccoglierebbe elementi di grande rilievo e importanza per la storia di questo quartiere, per quella della medicina e non solo.
Penso particolarmente alle innumerevoli testimonianze sulle risposte al disagio sociale fornite dalla psichiatria dell'epoca dalla fine dell'800 al secondo dopoguerra che si potranno cogliere aprendo quei faldoni pieni di documenti. Lì è scritto e certificato il percorso di recupero psichico e psicologico di migliaia e migliaia di pazienti condotto con le tecniche e le risorse impiegate nell'arco di quasi cento anni, prima che la riforma Basaglia rivoluzionasse il trattamento dei «matti», come sono stati definiti per secoli.
Giungere alla realizzazione di una simile struttura ritengo sarebbe di grande interesse anche per l'Università fiorentina e per le istituzioni cittadine. Legheremmo così la memoria della nostra storia non solo ad aride mura o cupi stanzoni, sia pure rimessi a nuovo e trasformati, ma alle tante vicende umane che si sono succedute in quei luoghi".