Ragazzi, che ne dite di darci una regolata? Abbiamo discusso e criticato la tendenza - a quanto pare innata negli amministratori - a fare infrastrutture senza pianificazione, scambiando i mezzi (le opere) per i fini (la riqualificazione del sistema della mobilità); abbiamo deplorato la mancanza di consultazione, i processi di decisione gestiti al di fuori di qualunque controllo pubblico e che mettono interessi finanziari non sempre trasparenti al di sopra di quelli dei cittadini; infine, abbiamo votato per abrogare delibere arbitrarie e dirigistiche che trattavano la cosa pubblica come un affare privato.
Ma, ora, dire che il tram non va bene come tale mi sembra veramente troppo: è vero che i pali del tram sono brutti, ma se è per questo lo sono anche quelli della luce - di cui però nessuno si sognerebbe di mettere in questione l'utilità. Questa chiusura a oltranza è il frutto di un atteggiamento che, verso il contesto urbano e territoriale, è puramente e astrattamente conservazionistico, e non tiene conto che gran parte di quanto si vorrebbe salvaguardare deriva da imprese di trasformazione del tutto analoghe a quelle che ora si ostacolano - e la cui presente legittimazione viene soltanto dal fatto che abbiamo avuto più tempo per farci l'abitudine.
Ma attenzione, questo - e tanto più a Firenze - è davvero pericoloso: primo perché convalida l'idea di una futile città vetrina, chiusa in una cupoletta di vetro con la neve finta che cade a ogni scossone, e i cui abitanti sono semplici comparse in un paesaggio oleografico a uso dei turisti; secondo, perché concentrare le critiche sul versante dell'impatto visivo significa implicitamente, e contrario, autorizzare tutte le opere che non ne hanno - incluso quel rovinoso sottoattraversamento TAV che tutti, giustamente e concordemente, abbiamo vituperato.
Ma la prospettiva non sembra spaventarvi.
Vedete, a mio giudizio c'è una cosa che differenzia la partecipazione dalla caciara, ed è il fatto che la prima, anche quando parte da una lotta di resistenza, mette capo ad un progetto comune che allude ad un'idea e ad una pratica di futuro alternative e autoprodotte; mentre la seconda non ci arriva mai, e tende così ad adagiarsi su scenari preconfezionati che esprimono di norma interessi esterni. Ora, non voglio avanzare sospetti su chi abbia finanziato il viaggio a Siviglia, o i pregiati volantini patinati della campagna per il "sì", ma - mi perdonerete se lo chiedo - cosa pensate di prendere invece del tram?
Angelo M.
Cirasino - Università di Firenze - Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio
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Evidentemente treni e tramvie muovono qualcosa di profondo nel nostro inconscio. Forse dipenderà dalla guida vincolata, dal binario, chissà. Fatto sta che può capitare, come il 7 aprile scorso all’Hotel Mediterraneo, in occasione di un dibattito sulla proposta di legge speciale per Firenze, di sentir dire, dal deputato leghista Francesco Pellati, che il tram è un veicolo di tipo “sovietico”.
Oppure può succedere, come è il caso suo, di vedere lussuose trasferte politiche laddove c’è solo semplice turismo pasquale che, da cittadini impegnati e curiosi, cerchiamo di utilizzare anche per documentarci sulle cose che ci interessano.
Ma venendo alla questione vera: noi non abbiamo mai detto che il tram non va bene come tale.
Si deve tuttavia ricordare che, oltre al tradizionale tram su ferro (qual è il Sirio), ed escludendo qui solo per economia di ragionamento le metropolitane, sono in produzione e in funzione quattro o cinque altre tipologie (sistemi a fune, light rail transport, monorotaia, tram su gomma, tram-treno, ecc.), su cui si potrebbe anche riflettere una buona volta.
La nostra critica, comunque, è piuttosto di tipo urbanistico e riguarda la compatibilità di un mezzo a guida vincolata e su sede protetta (i cui vantaggi e svantaggi sono a tutti noti) con il tessuto urbano in cui si inserisce: quello del centro storico e della prima periferia consolidata, la cui riqualificazione, grazie al solo inserimento del tram, non è affatto scontata.
Il giudizio negativo riguarda anche il disegno generale del sistema tranviario fiorentino, imperniato sul nodo Fortezza-SMN, e si basa su motivazioni più volte ripetute e contenute nell’appello promosso insieme a Italia Nostra e alla Rete dei Comitati Toscani in occasione del Referendum del 17 febbraio scorso.
Una linea tranviaria che, ad esempio, partendo dalla Linea 1, collegasse Scandicci con le nuove centralità di Novoli-Castello-Sesto, contribuendo a realizzare un sistema di trasporto pubblico a rete e non radiale (poco adatto secondo noi per Firenze) non ci vedrebbe contrari.
Ma ipotesi e realizzazioni di questo genere dovrebbero prima di tutto basarsi sulla risorsa delle linee ferroviarie per adattarle concretamente, e non solo a parole, a Servizio Ferroviario Metropolitano, alleviando lo storico problema del collegamento est-ovest in questa città. Il progetto dovrebbe inserirsi in un sistema connesso che veda mezzi pubblici e privati, mobilità elementare e meccanizzata, parcheggi, infrastrutture e nuovi insediamenti collaborare insieme coerentemente. Sicuramente ci sarebbe bisogno anche di qualche nuova infrastruttura stradale.
Insomma, ci vorrebbe un progetto urbanistico della mobilità, cosa che oggi a Firenze non è nemmeno all’orizzonte.
Se i nostri dubbi valgono per la prima periferia storicizzata, figuriamoci per il centro storico il cui tessuto è ancora più fragile e delicato.
E lasciamo da parte la polemica, piuttosto inutile, sulle pulsioni antimoderniste che lei ci attribuisce (“atteggiamento [...] puramente e astrattamente conservazionistico”).
E lasciamo da parte anche la “caciara”. Da anni siamo forse l’unica realtà associativa che si confronta su Piani strategici, Piani strutturali, regolamenti urbanistici in una prospettiva generale, come documentano le nostre iniziative pubbliche e i tre “quaderni” da noi autoprodotti.
In una valutazione di impatto ambientale pali e catenarie della rete tranviaria, così come di qualsiasi ferrovia, costituiscono un elemento detrattore che va messo nel conto dei costi di un’operazione del genere, soprattutto in un centro storico fortemente connotato e “mitopoietico” come quello di Firenze.
Ad esempio, abbiamo il forte sospetto che il bilancio costi-benefici di un’operazione come quella di Siviglia sia in rosso, tenendo conto della brevità e dell’incerta frequentazione di quella linea. Certo tra i benefici ci sono l’abbattimento dell’inquinamento, la conquista ai pedoni di una parte rilevante della città. Ma la domanda finale è appunto: era veramente necessario ricorrere a una tranvia per ottenere tutto questo? I dubbi per Firenze aumentano, trasformandosi in irritazione, se si tiene conto dell’insensatezza di un progetto come il tratto centrale della Linea 2, letteralmente “ficcata” in sezioni stradali anguste, senza peraltro conseguire nemmeno l’attraversamento completo da est a ovest di quel centro storico che si dice di voler rivitalizzare.
Insomma, le tramvie sono armi a doppio taglio: per il loro ingombro e per la loro rigidità devono essere ben calcolate, pena il sorgere di effetti controproducenti. Una cosa è mettere il tram sui boulevards des Maréchaux a Parigi e una cosa è farlo in via Martelli. Ecco perché noi diciamo che occorre un piano urbanistico della mobilità, un piano di pedonalizzazione di tutto il centro, una riforma del Trasporto Pubblico Locale, un ripensamento delle linee 2 e 3 della tramvia con una ricognizione a 360° delle soluzioni e dei sistemi.
Per concludere, ci fa piacere ricordare che il Coordinamento dei Comitati dell’area fiorentina e il Comitato contro il sottoattraversamento TAV di Firenze lavorano assieme e fanno parte della Rete dei Comitati toscani per la difesa del territorio. Con questi cittadini, insieme a tecnici e docenti, il suo Dipartimento, come lei stesso ricorda, collabora da anni, fino ad aver prodotto, tra le altre iniziative, una Valutazione di questo progetto, che ne ha dimostrato l’impraticabilità se non a costo di gravi rischi tecnici e finanziari.
Il Coordinamento dei Comitati dei Cittadini dell’area fiorentina