Firenze– F = PC, ovvero la qualità del futuro in funzione della produzione di cultura. Intorno a questa formula di evidente sapore einsteiniano è ruotato il dibattito sulla relatività dei destini di Firenze, che oggi alla Pergola ha mobilitato una parte eccellente dell’intellighenzia teatrale europea, convocata dall’Associazione del Piano Strategico / Assessorato alla Cultura (nel quadro del patto Stato-Regioni) per gettare le basi teoriche di un’università del teatro, un centro di alta formazione con solide radici e ramificazioni nella cultura internazionale.
A progetto ambizioso interlocutori di qualità. Tra gli altri, Cesare Molinari (Storia dello Spettacolo), Ezio Godoli (Storia dell’Architettura), Sergio Givone (Estetica), Marc Fumaroli (Académie Francaise e College de France). E ancora Jacques Lassalle (Comédie Francaise), Jerzy Stuhr (National Drama School di Cracovia), Anatolij Vassiliev (Scuola d'Arte Drammatica di Mosca ed ENSATT di Lione), Massimo Castri. F = PC, ovvero produrre cultura invece di limitarsi a un consumo passivo, dar fiato all’intelligenza creativa e spazio al rischio invece di appoggiarsi alle finte sicurezze delle rendite di posizione, a passati nobili quanto esangui se non rigenerati.
Formule che i protagonisti del convegno hanno declinato in vari modi e linguaggi, partendo dal concetto, più o meno dichiarato, che lo sganciamento della Pergola dall’universo ETI può essere per Firenze un’occasione straordinaria. Straordinaria perché il teatro è elemento identitario di una comunità, la coscienza attiva di una città (Givone). Straordinaria perché il teatro rappresenta la parola incarnata nell’attore e nel pubblico (Fumaroli), il solo strumento rimasto di comunicazione diretta tra chi offre e chi riceve cultura, in un mondo ormai dominato da tv, computer, i-pod e quant’altre diavolerie elettroniche che isolano il disgraziato spettatore senza lasciargli vie di scampo.
Concetti ovviamente validi per ogni latitudine di un mondo ormai omologato, ma che acquistano specifiche connotazioni un una Firenze vittima di un turismo massificato e incolto e, prima ancora, di una coscienza di sé statica, narcisistica, ripiegata malinconicamente sul passato. Basta con la cultura consumistizzata, si torni alla produzione, ha tuonato Franco Camarlinghi, ragionando con Renato Nicolini in un divertente pas de deux tra celebrati assessori alla Cultura degli anni Settanta-Ottanta.
Anni , hanno ricordato, in cui amministrare saperi e creativi era una novità assoluta, una miniera tutta da scoprire e perfino una missione, prima che la miniera diventasse un supermarket cannibalizzato dai partiti, con di tutto e di più, però decerebrato, inutile, smorto. Se non di peggio. Giudizi peraltro condivisi anche dall’assessore alla Cultura in carica Giovanni Gozzini, nonché dall’altro rappresentante di Palazzo Vecchio, Dario Nardella, presidente della commissione Cultura.
Clou della giornata, la cosmopolita tavola rotonda sulla Trasmissione dei saperi teatrali con alcuni fra i maggiori maestri della scena europea: dal francese Vassalle al polacco Stuhr (uomo di marmo nel film di Andrei Wajda), dal russo Vassiliev agli italiani Castri, uno dei nostri più importanti registi, e Marco de Marinis (DAMS Università di Bologna), moderati da Oliviero Ponte di Pino. Conclusione: ben venga alla Pergola l’università del teatro, si torni quanto prima a una misurarsi con l’universo della creatività e si faccia leva sul passato, questo sì, ma non per bearsene e basta, bensì per trarne esempi, coraggio e ispirazione.