Firenze, 29.12.'07- “Fantasmi, istituzionali e non, evanescenti quanto ad assunzione di responsabilità, e apparentemente sfuggenti anche al cospetto delle leggi e della giustizia, ma ben presenti, concreti e attivi quando siano in gioco importanti interessi particulari”. È un muro di gomma quello che il cittadino trova davanti a sé quando gli tocca confrontarsi con vicende come la TAV (l’esperienza del Mugello insegna), o con le tante altre in cui si disegna il presente e il futuro del suo habitat senza possibilità per lui di conoscere, di intervenire, di controllare.
“Un umiliante rapporto tra istituzioni e cittadini” è quello che descrivono, con esempi concreti, la copertina e il contenuto del notiziario in cui Idra riassume le principali iniziative del 2007.
Prendendo le mosse dalla recente “visita guidata” agli scempi ambientali, erariali e sociali del Mugello offerta a un comitato alto-atesino che si batte contro il prospettato nuovo tunnel ferroviario AV sulla direttrice Verona-Monaco, Idra rileva come i cittadini e gli operatori economici intervistati abbiano lamentato ad esempio che nel protocollo dei lavori AV in Mugello non fu a suo tempo preventivato di monitorare in modo adeguato lo stato del territorio ante operam.
Scrive Idra: “Questo ha comportato – tienilo bene a mente, Firenze! – che il riconoscimento dei danni provocati dai lavori di scavo da parte degli esecutori si è rivelato tutt’altro che scontato. Ad esempio, a livello di risorse idriche, ci sono cittadini rimasti a secco che – abbiamo appreso – vengono riforniti di acqua da CAVET, ma senza alcun impegno formale. Il servizio potrebbe cessare in qualunque momento, e gli interessati potrebbero ritrovarsi a doversi approvvigionare a loro spese.
E’ quanto sta già accadendo, ad esempio, ai numerosi aderenti al consorzio idrico di Monte Morello. Vi sono aziende operanti in campo agricolo, frutticolo, florovivaistico o zootecnico nei confronti delle quali il CAVET non ha riconosciuto alcuna responsabilità per i danni causati dai lavori. Sono state costrette a intentare cause civili assai lunghe e onerose. Il tempo passa e le persone si accorgono di essere trattate come sudditi invece che come cittadini. Molti, consapevoli della difficoltà di vedersi riconosciuto un indennizzo in tempi non biblici, hanno accettato accordi al ribasso con la controparte.
Chi, per sua sventura, si è trovato coinvolto nella vicenda, si trova di fronte un vero e proprio muro fantasmatico. La genesi e l’evoluzione politica e finanziaria del progetto sono infatti tali da permettere un rimpallo sistematico di responsabilità all’interno del puzzle di livelli coinvolti: quello politico, che ha deciso e autorizzato (a spese del contribuente) la ghiotta avventura imprenditoriale; quello della TAV Spa (il cui unico azionista è appunto il Tesoro); quello del general contractor FIAT, beneficiario di tutte le utilità assicurate dal meccanismo contrattuale; quello del CAVET, nel ruolo di consorzio realizzatore dell’impresa.
Si è arrivati al paradosso per cui la Regione Toscana, convinta sostenitrice dell’opera nonostante tutte le evidenze di segno fortemente negativo sul piano economico, sociale, trasportistico e ambientale, si è costituita parte civile nel processo penale che vede il CAVET imputato di svariati e gravi reati correlati all’esecuzione dei lavori, ma al tempo stesso ha espresso pubblicamente al CAVET medesimo un apprezzamento convinto per il buon lavoro svolto. In merito alla demolizione e al rifacimento delle gallerie appenniniche ammalorate, poi, la TAV spa ha comunicato ufficialmente che il costo della demolizione e del rifacimento sarebbe stato a carico del CAVET.
Ma nessuno ha risposto a Idra quando abbiamo chiesto di provare, conti alla mano, che il costruttore si stia effettivamente addossando l’ingentissima cifra aggiuntiva necessaria a questo “imprevisto progettuale”, e non cerchi piuttosto di scaricarla a piè di lista, “impacchettata” assieme al resto degli incrementi esponenziali di spesa che hanno fatto quintuplicare, a oggi, il prezzo contrattualizzato nel 1991”.
Secondo Idra, “la vicenda TAV si connota come effetto emblematico della crisi della democrazia rappresentativa.
La delega elettorale ai rappresentanti politici non è cioè sufficiente a che la vita sociale possa svolgersi con ordine e in modo ben amministrato, dal momento che permette fisiologicamente alle oligarchie, ai poteri forti, di invadere – quando non addirittura di esprimere direttamente – i luoghi istituzionali ad ogni livello. L’occupazione del potere non è dunque una prerogativa esclusiva dei regimi apertamente autoritari, ma anche di quelli di democrazia rappresentativa. TAV e vicende consimili non potranno essere superate se non con l’innesto della democrazia partecipativa”.
Ma, conclude Idra, non è certo il modello di “partecipazione” proposto dalla Regione Toscana o dal Comune di Firenze a convincere. Al contrario, come è evidente nel caso Firenze, “l’impossibilità di dialogo autentico fra cittadini e Amministrazione, la pretesa istituzionale di escludere dalle scelte ‘partecipabili’ proprio quelle strategiche (fra queste, il faraonico sottoattraversamento AV), per cui non è possibile di fatto ai cittadini avere voce in capitolo su ciò che davvero conta”, non fanno che evidenziare la distanza fra le parole e i fatti, e semmai il tentativo di fabbricarsi un alibi politico.
“La democrazia partecipata è tutt’altra cosa. La partecipazione vera, in democrazia, non può prescindere dalla libertà e dall’esercizio effettivo del diritto dei cittadini e dei corpi sociali intermedi a formulare e a gestire le scelte a tutti i livelli istituzionali”. Un argomento, conclude Idra, purtroppo “ancora sostanzialmente assente nel dibattito politico”.