Un documento dei Comitati dei Cittadini
La sentenza della Corte di Appello di Firenze, che condanna il Sindaco Domenici per manomissione di bene culturale vincolato, pone innanzi tutto una questione: può un sindaco che ha ricevuto, anche se non in via definitiva, una simile condanna rimanere alla guida di una città d’arte come Firenze? Abbiamo volutamente aspettato che trascorresse qualche giorno prima di esprimerci su questa sentenza perché siamo stati parte in causa di questa vicenda.
Infatti, quando fu resa nota la richiesta di Firenze Fiera di abbattere 34 alberi del giardino di Porta a Mugnone, ci mobilitammo sia prendendo posizione contro questa assurda richiesta, sia dando vita ad un presidio in difesa delle 4 piante che, ridotto il numero proprio a seguito della nostra mobilitazione e dell’opposizione della Soprintendenza, il Comune comunque chiedeva di abbattere. E’ bene ricordare che le richieste di abbattimento degli alberi erano già state avanzate una prima volta, e senza successo, all’inizio del 2003 in occasione della Mostra dell’Artigianato, e poi ripresentate come indispensabili per lo svolgimento di “Pittti Immagine Uomo” dello stesso anno.
Questa richiesta nasceva in realtà dalle carenze progettuali e dall’incapacità previsionale dell’Amministrazione Comunale che aveva autorizzato e dato il via alla fase esecutiva in contemporanea a grandi cantieri attorno alla Fortezza (quello del sottopasso dal lato del Palazzo dei Congressi e quello dell’ormai tristemente celebre “parcheggio interrato” di piazzale dei Caduti dei Lager). L’Amministrazione comunale non si era minimamente preoccupata delle conseguenze che questi cantieri avrebbero prodotto nello svolgimento dell’attività espositiva che veniva mantenuta alla Fortezza.
Da qui l’ordinanza del Sindaco che imponeva il taglio degli alberi del giardino della Fortezza. Peraltro l’ordinanza non era solo fatta contro il parere dell’autorità di tutela competente, ma anche ignorando completamente le soluzioni alternative che esistevano e che ripetutamente avevamo indicato, anche nell’ultimo incontro con il Vicesindaco Matulli il giorno prima del taglio. E’ importante sottolienare che già nel dibattimento del processo di primo grado, nel quale il Pubblico Ministero aveva chiamato un nostro esponente a testimoniare, era stato appurato un elemento che ancora oggi non è riportato in modo esatto dalla stampa: gli alberi non vennero abbattuti per consentire il passaggio dei TIR che altrimenti sarebbero andati ad ostruire il già congestionato Viale Fratelli Rosselli (sul quale erano state dirottate anche le auto che prima passavano davanti al Palazzo dei Congressi).
In realtà i TIR non si dovevano fermare nel giardino in questione, ma nel controviale fra il giardino e il viale Rosselli. Gli alberi venivano abbattuti solo per ospitare i tendoni dove sarebbero stati alloggiati i materiali scaricati dai TIR, prima di essere portati con muletti meccanici all’interno della Fortezza. Per questo motivo proponemmo, in alternativa all’abbattimento, di realizzare tendoni attorno agli alberi, soluzione questa poi realizzata sistematicamente negli anni successivi dopo che gli alberi abbattuti erano stati ripiantati.
Se ripensiamo la vicenda anche alla luce di quanto poi è successo, trova conferma la nostra denuncia che già allora definiva questo abbattimento una violenza gratuita contro gli alberi e contro un bene culturale sottoposto a vincolo diretto secondo la normativa vigente. Con quell’atto si commetteva a nostro avviso un crimine contro esseri viventi incapaci di difendersi da soli, come gli alberi, e contemporanemente si violavano le norme di tutela delle nostre leggi e il dettato contenuto nell’art.9 della nostra Costituzione.
La linea difensiva del Sindaco in questa grave vicenda è stata incentrata su due argomenti principali: 1) aveva agito contro il parere dell’autorità di tutela in nome di un prevalente interesse generale della città (individuato nel danno economico derivante dalla non effettuazione della fiera di Pitti Immagine Uomo); 2) l’intervento del Soprintendente non era da tenere in considerazione non solo perché il vincolo diretto di tutela non riguardava gli alberi del giardino, ma anche perché dettato da personali motivazioni politiche contrarie alla Giunta Domenici.
Vorremmo dire una volta per tutte che questi due argomenti sono stati in modo inequivocabile respinti già nel testo di motivazione della sentenza del giudizio di primo grado (cfr. testo della sentenza del giudice monocratico dott. Pietro Lamberti del 24.10.2005, “Motivi della decisione”, p. 1.”La sottoposizione a vincolo del giardino”, p. 2.”L’ordinanza del Sindaco e l’antigiuridicità delle condotte”, pp. 7-14). Siamo stupiti che dopo la sentenza di appello questi argomenti vengano ancora una volta usati dal Sindaco e dal coro di politici e amministratori, pubblici e privati, che già allora difesero il suo operato e che continuano a difenderlo.
Da questo coro ha preso significativamente e coraggiosamente le distanze la sezione fiorentina di “Legambiente”. Altre e più grandi preoccupazioni ci suscitano peraltro le continue e reiterate richieste di maggiori poteri dal parte del Sindaco, che di fatto, già con i poteri che ha oggi, sembra sempre più assomigliare ad un podestà che ad un sindaco di un comune democratico. Tuttavia questa sentenza di appello ci suscita un sentimento di profonda soddisfazione perché troviamo resa giustizia ai quattro alberi inutilmente e illegalmente abbattuti, mentre viene riaffermato il principio fondamentale dell’obbligo del rispetto delle leggi anche da parte di chi ci amministra.
Un secondo sentimento è quello, però, della tristezza. La tristezza di cittadini di una delle città d’arte più importanti del mondo che sono amministrati da un Sindaco che è stato condannato in appello per la manomissione di un bene culturale vincolato. Anche se sul piano giuridico il nostro Sindaco ha diritto al terzo e definitivo grado di giudizio (quello della Cassazione), sul piano politico, anche dopo le inquietanti conclusioni della Guardia di finanza sui lavori del parcheggio interrato e del sottopasso della Fortezza rese pubbliche da un autorevole settimanale, ci sembra che l’accaduto e la situazione generale richiedano che Leonardo Domenici si presenti a questo giudizio come un semplice cittadino dimettendosi da Sindaco.