Libri: 300 foto della Firenze scomparsa tra il 1892 e 1895

Redazione Nove da Firenze
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04 settembre 2007 13:28
Libri: 300 foto della Firenze scomparsa tra il 1892 e 1895

Firenze, 4 settembre 2007 - Maria Sframeli, direttore del Settore documentazione della Soprintendenza al Polo museale fiorentino, restituisce oggi alla memoria quella che fu la città di Cavalcanti, di Cimabue, di Giotto e di Dante Alighieri con il volume Firenze 1892-1895: immagini dell'antico centro scomparso (ed. Polistampa, pp. 320, euro 42), quasi un reportage fotografico per l'assoluta dominanza delle immagini, e la semplicità e l'efficacia del commento scritto. Sono oltre 300 le lastre fotografiche eseguite fra l'agosto del 1892 e il dicembre del '95 per documentare i palazzi e le case del centro storico prima e durante le demolizioni.

Queste furono fissate dal piano di risanamento approvato l'8 marzo 1888 per ragioni di decoro urbano e di igiene sociale e comportarono la perdita in assoluto più grave subita in età moderna dal patrimonio culturale italiano. Lastre che si credevano perdute e sono state invece ritrovate negli archivi del Gabinetto Fotografico della Soprintendenza. Le immagini riprodotte in grande formato nel libro, quasi tutte inedite, colpiscono per il loro silenzio impassibile e per il nitore elegante delle fotografie in bianco e nero, oltre che per le superbe inquadrature.

Stemmi, lapidi, capitelli e quant'altro posano per l'obiettivo un'ultima volta prima di finire in mani rapaci o pietose e prender la via ora del mercato antiquario, ora del lapidario pubblico installato infine nel Museo di San Marco. Grazie all'accuratissimo lavoro della Sframeli, per ogni scatto è rintracciato il punto di presa all'interno del fitto dedalo di strade, piazzette, loggiati, ripercorribili attraverso l'occhio del fotografo e segnalati sulla pianta particolareggiata - ovviamente allegata al volume - del centro di Firenze (da piazza Strozzi a a via Calzaiuoli e da Porta Rossa via Cerretani) nello stato precedente l'inizio delle demolizioni.

Tanto fu il clamore, così duri i giudizi degli intellettuali e della stampa di tutta Europa, che il 23 marzo 1888 la Giunta Comunale fu costretta a nominare una Commissione Storico Archeologica, con l'incarico di eseguire studi e ricerche per documentare tutte "le cose di qualche importanza". Tramandandoci almeno la memoria fotografica del patrimonio perduto.
"Fotografie ottocentesche riemergono da un lungo oblio e raccontano di un bombardamento senza bombe, in una guerra non dichiarata e fratricida, l'ultima forse di una serie interminabile: Guelfi e Ghibellini, Bianchi e Neri, magnati e popolani, palleschi e repubblicani...

e qui, demolitori contro conservatori, fautori del Nuovo contro cultori del Vecchio (e dell'Antico). Persero questi ultimi, e noi con loro, ereditando dai successivi giorni della ricostruzione il cuore freddo della città". La soprintendente al Polo museale fiorentino Cristina Acidini condanna così, nella presentazione al volume, l'operazione urbanistica che alla fine dell'Ottocento decretò la distruzione del nucleo medioevale di Firenze, sorto sulle rovine del Foro romano. E Antonio Paolucci, sopraffatto dall'incredulità verso così scellerate operazioni di 'risanamento', scrive nella sua presentazione: "come si potevano far sparire le piazze e le strade percorse da Brunetto Latini e da Paolo Uccello, le botteghe frequentate dal Brunelleschi, le case abitate dalle famiglie che avevano fatto grande Firenze (i Medici, gli Strozzi, i Sassetti, i Della Luna), i tabernacoli citati dal Vasari, le venerabili chiese antiche come la città romana (Santa Maria in Campidoglio), le residenze delle Arti: i Medici e Speziali, gli Albergatori, i Rigattieri, gli Oliandoli e i Pizzicagnoli, i Linaioli e Sarti e in quest'ultima, ancora visibile nella foto, l'alloggiamento che ospitava la grande pala dell'Angelico oggi nel Museo di San Marco? Come è potuto accadere tutto ciò in una città che era stata capitale politica della Nazione fino a pochi anni prima e che capitale delle arti e delle lettere voleva essere e da tutti (intellettuali, storici, letterati, stranieri in primis) era riconosciuta essere?".

(Irene Gherardotti)

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