L'istituto del 41 bis vive un "sostanziale processo di esaurimento". L'allarme lanciato giusto una settimana fa davanti alla Commissione antimafia dal procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, diventa ancora più attuale alla luce della notizia che sono scaduti termini per cinque boss al 41 bis, tra cui Benigno Salvatore.
«Per chi ha piazzato l'autobomba che, il 27 maggio 1993 a Firenze, uccise cinque innocenti, tra cui una bambina di neanche due mesi, e ne ferì altri 48 non merita di poter scontare l'ergastolo come tutti gli altri detenuti».
Lo ha dichiarato il consigliere di Alleanza Nazionale Giovanni Donzelli, che è anche presidente nazionale di Azione Universitaria, a proposito della nota della Ministero di Grazie e Giustizia secondo la quale sono scaduti i termini per la detenzione, in regime di carcere duro (previsto dall'articolo 41bis del regolamento penitenziario), per cinque appartenenti a Cosa Nostra, condannati per le stragi di via d'Amelio a Palermo e via dei Georgofili a Firenze. «La segnalazione - ha aggiunto Donzelli - riguarda, tra gli altri, Salvatore Benigno e Cosimo Lo Nigro, anche loro con condanna all'ergastolo per le autobombe che nel '93 colpirono anche Roma e Milano.
Mi auguro che le varie procure distrettuali antimafia interessate attivino tutti gli strumenti previsti dalla normativa per non far attenuare le condizioni carcerarie nei confronti per queste belve feroci e sanguinarie». Lo scorso gennaio il consiglio comunale aveva approvato una mozione, presentata da Donzelli e firmato anche dalla consigliera dei DS Susanna Agostini, dopo che il tribunale di sorveglianza di Torino aveva revocato il carcere duro proprio a Cosimo Lo Nigro. Il documento, tra l'altro, impegnava l'assemblea di Palazzo Vecchio «a esprime nuovamente la propria solidarietà ai familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili e di tutte le stragi di Cosa Nostra» e ribadiva «l'importanza dello strumento del 41 bis per combattere Cosa Nostra e le altre organizzazioni di stampo mafioso».
(mr)