Firenze – “Con questa iniziativa la Toscana vuole porre all’attenzione di tutto il Paese la necessità di un intervento che riconosca ai cittadini stranieri residenti in Italia alcuni diritti fondamentali”. Lo ha detto l’assessore alle Riforme istituzionali Agostino Fragai illustrando la proposta di legge al Parlamento con la quale si riconosce il diritto di voto (attivo e passivo) alle elezioni amministrative ai cittadini stranieri che, in regola con le prescrizioni di legge, siano residenti in Italia da almeno cinque anni.
“La nostra iniziativa – ha aggiunto Fragai – vuole sollecitare il Parlamento a recepire appieno la Convenzione di Strasburgo, rimettendo allo stesso Parlamento la soluzione di una questione che va affrontata con urgenza”. Secondo Fragai, infatti, la massiccia presenza di cittadini immigrati (in Toscana, secondo il Dossier 2005 della Caritas, sono oltre 240 mila) rende necessario accelerare tutte le iniziative che rimuovano “condizioni di esclusione sociale che ostacolano e rallentano l’accesso al mondo del lavoro, della scuola, all’alloggio, alle strutture socio-sanitarie, alla partecipazione alla vita pubblica”.
Il Portavoce dell’opposizione, Alessandro Antichi, ha affermato che “la sentenza 372/2004 della Corte costituzionale ha ritenuto legittime le enunciazioni dello Statuto regionale in merito al diritto di voto agli immigrati solo perché non sono enunciazioni precettive ma orientamenti culturali”.
Secondo Antichi, sulla base dei principi costituzionali, “il diritto di voto è strettamente connesso con il diritto di cittadinanza è l’ultimo, non il primo, dei passaggi del percorso di integrazione”. Il Portavoce ha infine aggiunto: “Perché tanta decisione ad intervenire su questa materia? Ho una risposta, che forse è fantapolitica, ma che è l’unica possibile: di fronte ad una Toscana che invecchia velocemente la sinistra tenta in ogni modo di riconsolidare la sua base elettore”.
Anche Angelo Pollina (FI), nel corso del suo intervento, ha affermato che l'iniziativa della maggioranza "è un disegno utile al centrosinistra per crearsi un serbatoio di voti".
Per Pollina "la volontà della maggioranza di procedere su questa iniziativa è una pericolosa forzatura istituzionale" e riaffermando che "il diritto di voto è inscindibile dal diritto di cittadinanza" si è detto contrario all'ipotesi che tale diritto possa scattare dopo soli cinque anni di residenza. Il consigliere azzurro ha affermato che anziché percorrere la strada di una proposta di legge "forse basterebbe far funzionare gli istituti di rappresentanza degli stranieri esistenti in molti Comuni e in molte Province".
Maurizio Bianconi (An) ha invitato l'assessore Fragai "a restare nell'ambito delle questioni istituzionali che il Consiglio è chiamato a risolvere".
Il presidente del gruppo di opposizione ha riaffermato la posizione favorevole a riconoscere il voto agli immigrati per le elezioni amministrative locali ma la contrarietà al riconoscimento per le regionali "perché le Regioni sono assemblee legislative ed in questo caso, secondo il dettato costituzionale, il diritto di voto è legato a quello di cittadinanza". Secondo Bianconi, quindi, se la Regione proseguisse sulla proposta avanzata dall'assessore "andrebbe contro la Costituzione e anche contro le enunciazioni dello Statuto regionale".
In questo senso, ha avanzato la disponibilità a discutere di una eventuale iniziativa di modifica della Costituzione.
Condivisione piena alla proposta avanzata dall'assessore Fragai è arrivata da Fabrizio Mattei (Ds). "E' una scelta che ci viene imposta dalla dimensione delle presenza di stranieri in Toscana - ha spiegato - ma anche dalla necessità di rispondere in maniera concreta al riconoscimento di diritti. In questo senso è un nodo politico vero, che affrontato senza disquisizioni da azzeccagarbugli".
Poi, rivolgendosi al Portavoce dell'opposizione Antichi, ha aggiunto: "Riguardo all'invecchiamento della Toscana, esso c'è anche per il centrodestra. Il problema del serbatoio elettorale, dunque, non riguarderebbe solo la sinistra". Infine, ricordando che il centrodestra si era detto contrario ad una proposta di legge regionale ma di essere disponibile al confronto su un'iniziativa nei confronti del Parlamento, ha detto: "Oggi non vedo coerenza con i dibattiti delle settimane passate. Mi sembra che si voglia soltanto nascondere il fatto che non si vogliano concedere diritti agli immigrati".
"Al di là delle questioni formali e dei rilievi sulla costituzionalità, permane fra centro-destra e centro-sinistra una differenza dal punto di vista politico. Non siamo d'accordo sulla proposta di abbassare da 10 a 5 anni il tempo di permanenza necessario per acquisire il diritto di voto". Questa la posizione di Giuseppe Del Carlo (Udc). "Forse 10 anni sono troppi, ma senz'altro 5 sono pochi - ha spiegato - Un'effettiva integrazione sociale, come ci insegnano anche numerosi tristi episodi di cronaca, richiede più tempo.
Inoltre, secondo noi è essenziale tenere unite le questioni del diritto di voto e della cittadinanza: un progetto che prescindesse da questo aspetto comporterebbe senz'altro la nostra contrarietà".
Lucia Franchini (Margherita) ha sottolineato che "l'Italia è rimasto fra gli ultimi Paesi europei che ancora fanno discendere la cittadinanza dalla nascita da genitori italiani". "E' assurdo e contraddittorio - ha detto - che tra gli eletti in Parlamento ci possano essere figli di emigrati italiani che, vivendo all'estero, non hanno più niente a che fare con la nostra cultura, mentre non ci può essere che ormai vive e lavora nel nostro Paese da anni".
Per la consigliera, bisogna capire "che cosa vuol dire essere italiani", perché in un mondo ormai globalizzato non si può parlare di identità in modo retorico. "L'importante - ha affermato - è che con la cittadinanza ci sia un'assunzione di responsabilità, cioè che questo comporti il rispetto della nostra Costituzione". "Un atto politico molto importante e significativo, che condividiamo". Così la capogruppo di Rifondazione comunista, Monica Sgherri, ha definito l'informativa dell'assessore sulla proposta di legge al Parlamento.
Per Sgherri, attraverso questa proposta "diamo anche un giudizio sulla società e la sua evoluzione, affermando che gli immigrati in Italia contribuiscono in modo essenziale alla vita e alla crescita del Paese". "Il riconoscimento del diritto di voto - ha detto la consigliera - dovrebbe essere condivisa anche e soprattutto da quella parte politica che ha scelto la bandiera dei diritti/doveri, ma che poi in realtà per gli immigrati mette l'accento solo sui doveri. Bisogna capire invece che più diritti si riconoscono, più si può pretendere anche sul piano dei doveri".
Ha messo l'accento sugli aspetti culturali e sulla costituzionalità la consigliera Ds Bruna Giovannini.
"Qualcuno dice che è impossibile ratificare il capitolo C della convenzione di Strasburgo, perché cozzerebbe con l'articolo 48 della Costituzione, che riconosce il diritto di voto solo ai cittadini. Ma delle norme costituzionali si può dare un'interpretazione evolutiva. E' già stato fatto, ad esempio col riconoscimento del diritto di voto ai cittadini stranieri europei. Quindi è possibile farlo. Quello che non dobbiamo fare, invece, è anteporre questioni di natura giuridica e formale ad una domanda sostanziale, che è la domanda di partecipazione da parte degli stranieri che vivono in Italia".
"Il problema affrontato dall'assessore è reale, ma la sensazione è che lo strumento scelto per affrontarlo, la proposta di legge al Parlamento, non sortirà alcun effetto".
Queste le parole di Piero Pizzi (FI), che ha descritto la proposta di legge come "non idonea", perché non compatibile con la Costituzione, e "non opportuna", perché suscita speranze che difficilmente troveranno risposte. Per Pizzi inoltre la proposta è anche in contrasto con lo Statuto toscano, che si richiama proprio alla Costituzione quando cita fra i principi l'estensione del diritto di voto. Sbagliano, quindi, anche gli enti locali quando, chiamando in causa lo Statuto regionale, intervengono sui propri Statuti per riconoscere il voto agli immigrati nelle elezioni amministrative.
Secondo Alberto Magnolfi (FI), "è' vero quanto dice Monica Sgherri: quello di oggi è un atto dal significato politico.
E' un impugnare una bandiera, nel nome della sindrome da primi della classe di cui spesso è affetta la Giunta toscana, quando si tratta di rivolgersi all'universo mondo. Ma addentrarsi in materie così complesse con motivazioni di carattere politico comporta rischi di approssimazione". Per Magnolfi, "le questioni di legittimità costituzionale non sono ammennicoli di cui ci si può disfare con una scrollata di spalle". Inoltre "è un errore ritenere che l'integrazione possa fare passi avanti puntando su strumenti legislativi, invece che su reali cambiamenti di natura sociale".
Il rischio, secondo il consigliere, è quello di "fare fughe in avanti dimenticandosi di coniugare la buona volontà col rispetto dei diritti fondamentali".
"Piena condivisione" sull'informativa dell'assessore è stato espresso invece da Eduardo Bruno (Comunisti italiani), perché si tratta di un'impostazione che "sa cogliere i cambiamenti che vengono dal mondo globalizzato, in particolare la necessità di andare sempre più verso un governo mondiale il più integrato possibile". "Non vedo molta differenza fra il riconoscimento del voto agli italiani all'estero, ed il diritto di voto agli immigrati che vivono stabilmente in Italia - ha affermato - Va dato atto alla Giunta regionale che con questa proposta di legge la Toscana si propone come pioniere dell'estensione del diritto di voto, sollecitando il Parlamento ad andare in questa direzione".
L'assessore Fragai, nella sua replica conclusiva, ha ripercorso le tappe che hanno portato a questa proposta di legge al Parlamento. "Registriamo oggi una certa titubanza, se non una vera e propria contrarietà da parte di alcuni gruppi del centro-destra. Ma non si possono invocare ragioni di carattere costituzionale per nascondere una contrarietà politica di fondo. Riporteremo questa proposta, una volta definitiva, in Consiglio regionale, e vedremo chiaramente quali sono le posizioni in campo".